Corriere della Sera, 30 dicembre 2018
A casa di Steve Bannon
«La chiamiamo la scuola dei gladiatori, la chiave è formare agenti di cambiamento. La sinistra lo fa molto bene, Soros e gli altri formano persone orientate all’azione. Uso Soros come modello anche per The Movement. Sono al 100% contrario alla sua ideologia, ma ammiro sempre chi ottiene risultati. Una delle cose in cui dobbiamo applicarci per contrastarli è: fare, non solo parlare».
Incontriamo Steve Bannon a casa sua, alle spalle della Corte Suprema, nella cosiddetta Breitbart Embassy che ospitava il sito di destra quando lo dirigeva lui. Ora nella stanza ricoperta da patriottici tappeti blu a stelle bianche, l’ex stratega di Trump tiene cene e incontri: con cattolici conservatori che potrebbero finanziare i suoi nuovi progetti; con Eduardo Bolsonaro, il figlio del nuovo presidente brasiliano, e altri. In autunno anche Armando Siri, braccio destro di Salvini, ha incontrato il team di Bannon. A febbraio, partirà a Bruxelles «Il Movimento», fondazione che vuole connettere i populisti europei (e non solo). Una scuola aprirà invece in primavera a Roma: un «prototipo» (4 settimane, 20-25 studenti) seguito in autunno da un corso completo, che si sposterà nel monastero di Trisulti dopo il restauro.
Bannon siede al tavolo da pranzo, davanti a un libro su Deng Xiaoping e una pila di Financial Times, in un’atmosfera di quiete prima della battaglia accentuata da cimeli della Guerra Civile alle pareti. Sul caminetto una foto della figlia Maureen in mimetica, seduta sul trono di Saddam Hussein in Iraq. «Il 2019 sarà un anno straordinario per i populisti». A maggio le elezioni a Bruxelles «determineranno la direzione del progetto europeo». E sarà «l’anno più cattivo nella politica americana dal 1858: sarà guerra di trincea qui a Washington».
Per chi è la scuola?
«Studenti maturi, gente che vuol cambiare carriera, passare dal no-profit ai media, alla politica, all’insegnamento. Ho due modelli: la scuola post-laurea di Marion Maréchal e quella di Armando Siri».
Davanti al monastero ieri protestavano...
«Fantastico! Questo è coinvolgimento! Come alle elezioni di midterm: siamo stati battuti di brutto, Trump ha perso la Camera perché i democratici sono stati bravissimi a bussare porta a porta. Credo nella democrazia, odio essere sconfitto ma preferisco perdere quando la gente è coinvolta in un dibattito acceso. Una protesta? Fantastico. Anche se non penso che capiscano che porteremo lavoro, gente negli hotel e nei ristoranti, rendendo omaggio alle origini del monastero».
Un sondaggio rivela che i consensi per la Lega crescono tra i cattolici.
«Me l’aspettavo. Il bombardamento di critiche del Papa contro i “populisti” e i “nazionalisti” è mirato a gente come Salvini. Il Papa è un radicale sulla questione dei migranti, ha scarso appoggio pubblico e così rafforza il movimento populista».
Lei è stato tra i primi a suggerire l’alleanza Salvini-Di Maio. Ma se Salvini vince alle Europee dovrebbe puntare alle urne in Italia per diventare premier?
«C’è pressione su Salvini, gli dicono: perché non vai alle elezioni anticipate? Io vedo la sua maturità di statista, è stato pronto anche a perdere un po’ di appoggio al Nord, come indicano i sondaggi, pur di mantenere il governo di unità. Quando giro per il mondo, dico a tutti: guardate Salvini e Di Maio. Non si vedono spesso politici moderni pronti a mettere da parte le differenze per lavorare insieme, come hanno fatto loro sul bilancio».
È probabile un’alleanza Popolari-Populisti dopo le europee?
«C’è una buona probabilità, ma dipenderà dai numeri. Un anno fa Merkel e Macron avevano grande appoggio, poi le elezioni italiane hanno rivelato che un’alternativa è possibile. Merkel ora è finita, incredibile…».
Merkel le piace?
«Sì, mi piace. Non mi piace la sua ideologia ma è una dura, apprezzo gli honey badgers (tassi del miele, tenaci, sopravvivono a tutto, ndr). Ma la forza di questo movimento è tale che Merkel ha dovuto pagare per il peccato originale della crisi dei migranti. La caduta più sorprendente però è quella di Macron: in un discorso nel settembre 2017 descrisse il punto d’arrivo del progetto europeo, gli Stati Uniti d’Europa. Vogliono che l’Italia sia come la South Carolina, la Francia come la North Carolina: unità amministrative, non nazioni sovrane. Io ho visto i Cinque Stelle e Salvini discuterne con la gente, su Facebook e ai comizi. Invece Macron è in una spirale mortale perché non ha ascoltato il suo popolo».
L’affitto del monastero costa centomila euro l’anno, lo paga lei?
«Ci ho messo i miei soldi, non voglio dire quanto, e anche nel Movimento. Abbiamo bisogno comunque di sponsor per restaurarlo, i capitali verranno dall’Europa e forse dall’America, ci sono un paio di cattolici conservatori…».
Cosa si aspetta dal Congresso che si insedia il 3 gennaio?
«Alcuni nell’Amministrazione Trump non si rendono conto di quanto sia potente la Camera dei Rappresentanti. Ha il potere di fare indagini, il potere del denaro. I Padri Fondatori, nella loro saggezza, hanno voluto che fosse rinnovata ogni due anni, una continua campagna elettorale, mentre il Senato è più freddo, come quello romano. Il dilemma del Muro di Trump è legato al fatto che Nancy Pelosi ha tutto il potere adesso. Il presidente e i repubblicani hanno avuto due anni per fare il Muro, io glielo dicevo: “Se non lo facciamo, sarà molto difficile vincere un secondo mandato”. Ora è troppo tardi. Ma bisogna costruirlo! La base lo esige».
Chi si candiderà nel 2020 contro Trump?
«Tenete d’occhio Michael Bloomberg. I democratici tollereranno solo un candidato progressista tipo Bernie Sanders, Beto O’Rourke, Kamala Harris; il generale Mattis – che è un progressista ma anche un guerriero – sarà un possibile candidato vicepresidente. Ora Bloomberg sta preparando una corsa da indipendente, ma essendo molto intelligente capisce che non può vincere, così sceglierà qualcuno come Mitt Romney, Joe Biden, un centrista, un democratico e un repubblicano, che offriranno un partito di unità per tirare fuori il Paese dalle divisioni. Bloomberg vuol essere il burattinaio, vuole il potere. Ma se Trump segue il programma, vincerà lui».
Il giornalista Michael Wolff dice che lei usa The Movement per arrivare alla Casa Bianca.
«È ridicolo, non ho aspirazioni politiche, sono uno che opera dietro le quinte».
Perché sorride allora?
«Perché Wolff parla così per vendere libri. È una fake news. Io non mi candiderò mai. Come mi posso candidare se mi vesto così?».