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 2018  dicembre 29 Sabato calendario

Gli affari d’oro di JP Morgan e Banca di Francia

Il ruolo dei consulenti di BlackRock negli stress test della Bce non è l’unico azzardo (non solo morale) in cui è incappato l’Eurosistema. Anzi, sembra quasi il minore: quella dei contratti in conflitto di interesse tra banche centrali e grandi gruppi finanziari americani, sembra essere infatti una pratica più diffusa di quanto già sembrasse non solo a Francoforte, ma anche tra i grandi soci del club dell’Eurozona. Basti pensare alla Banca Centrale di Francia, che in questa giostra di incongruenze si sta rivelando come uno dei migliori esempi negativi: non solo usa BlackRock come consulente tecnico per gli esercizi di tenuta patrimoniale del sistema bancario nazionale, ma lascia che le stesse banche esaminate si affidino alla consulenza di BlackRock proprio per superare quegli esami. E come se non bastasse, è ora venuta a galla una storia persino più grottesca: una società mista costituita riservatamente dalla banca centrale francese con JP Morgan, la più importante conglomerata bancaria e finanziaria americana presente in Francia. I due partner entreranno insieme non solo nel business della custodia e gestione attiva delle riserve auree sovrane estere, ma persino in quello dei depositi d’oro delle «Bullion Banks» per le loro operazioni di trading e di «Gold Lease» (affitto dei lingotti) per fini speculativi. In altre parole, tra settembre e ottobre scorsi, cioè nel momento più critico delle trattive tra Ue e Inghilterra sulla Brexit e pochi mesi dopo che Parigi era stata scelta per sostituire Londra come nuova sede dell’Autorità Bancaria Europea, governo e autorità monetaria francesi si sono accordati con JP Morgan per soffiare alla City la leadership sul mercato europeo dell’oro nel dopo-Brexit. In questo caso, il conflitto di interessi è addirittura doppio: oltre a fare affari con un soggetto vigilato dall’authority nazionale, la Francia è riuscita a inserire il proprio interesse in un negoziato in cui rappresenta interessi generali: se Londra perderà il mercato dei derivati e la custodia dell’oro sovrano, Parigi è già in prima fila per spartirselo con gli americani di JP Morgan. 
In questo mondo strano dell’Eurosistema, sembra quasi che l’eccezione stia diventando regola. Il caso degli stress test è quasi uno scherzo rispetto a quanto si è appreso negli ultimi giorni: oltre ai delicati test bancari, la Bce ha affidato infatti a BlackRock persino la consulenza tecnica nella stesura del primo piano di acquisto dei derivati “tossici” ABS dai bilanci delle banche europee (periodo post-Lehman) e poco dopo lo stesso Quantitative Easing, l’allentamento quantitativo che si presumeva fosse costruito e firmato dalla sola Bce. 
Ma in questo contesto, nessuno sembra battere la banca centrale francese, la prima authority del mondo ad essere entrata in società con il più grande gestore di hedge fund a livello globale. Prima che venissero fuori le indiscrezioni sull’asse con JP Morgan, il mercato dell’oro aveva messo sotto sorveglianza le manovre della banca sui mercati delle commodities: da inizio estate, il gruppo di Wall Street ha cominciato silenziosamente ad accumulare futures con consegna fisica dell’oro sia per conto di un misterioso cliente che per il proprio «conto proprietario». Più o meno, JP Morgan ha rastrellato derivati per quasi la metà delle 361.200 once troy di lingotti d’oro passati di mano dal primo dicembre a oggi. L’altra metà l’ha comprata Goldman Sachs. JP Morgan ha ammesso solo di aver «aperto un conto presso la Banca di Francia, ma si è rifiutata di commentare ulteriormente. E la Banca di Francia ha fatto lo stesso. Quando l’oro sale sugli scudi, comunque sia, non è mai un buon segno: John Pieroint Morgan, fondatore del colosso bancario americano diceva «Gold is money, everything else is credit». L’oro è denaro, tutto il resto è credito. Proprio quello che oggi spaventa.