Il Sole 24 Ore, 29 dicembre 2018
Armi italiane, crolla l’export
L’Italia ha venduto armi all’Arabia Saudita per un miliardo e 195 milioni di euro dal 2013 al 2017. Se si risale fino al 2011 il valore degli armamenti venduti da aziende italiane ai sauditi sale a 1,6 miliardi.
Dietro le polemiche e l’imbarazzo suscitati dai reportage giornalistici sulla guerra di Riad contro lo Yemen (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) c’è una silenziosa realtà degli affari che coinvolge numerose aziende occidentali. Anche l’Italia è, o almeno era fino all’anno scorso, ben messa nella classifica dei fornitori di armi a Riad.
Secondo l’ultima Relazione del governo al Parlamento sulle operazioni «per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento», l’Arabia Saudita tra il 2011 e il 2016 è stata «sempre nelle prime dieci posizioni» dei paesi compratori di armi italiane. Nel 2016 era quinta, con 427,5 milioni. Nel 2017 le esportazioni autorizzate verso Riad sono diminuite a 51,9 milioni e l’Arabia Saudita è sedicesima.
Secondo l’agenzia Ansa quest’anno le vendite di armi italiane a Riad dovrebbero diminuire ulteriormente a 13 milioni. I dati ufficiali si conosceranno a fine marzo.
Quest’anno, secondo l’Ansa, è prevista una riduzione delle esportazioni complessive di armi italiane di circa il 50% intorno a 5 miliardi. Se questo valore fosse confermato, pur essendoci una diminuzione rispetto agli ultimi tre anni, resterebbe comunque al di sopra della media degli anni precedenti.
Intanto ieri il quotidiano La Tribune ha scritto che il consorzio che produce l’elicottero Nh90 ha ottenuto una commessa da 1,38 miliardi in Spagna per 23 elicotteri. Al consorzio, controllato da Airbus con il 62,5%, partecipa anche l’ex Finmeccanica (ora Leonardo) con il 32 per cento.
Va precisato che i dati contenuti nelle centinaia di pagine della Relazione governativa, che dopo la modifica legislativa del 2012 è affidata interamente alla competenza di un ufficio del ministero degli Esteri definito «autorità»(Uama), non sono molto chiari e spesso nella diffusione si fa confusione.
Le cifre totali dell’export devono essere depurate da quelle dei «programmi intergovernativi» di cooperazione, cioè l’export di materiali realizzati in Italia destinati a prodotti completati in un altro paese, con il quale c’è un accordo di cooperazione industriale. Per esempio parti dell’Eurofighter inviate ai partner in Gran Bretagna o Spagna, o dell’F-35 negli Stati Uniti a Lockheed, o delle fregate Fremm in Francia, o di certi missili in Francia o Gran Bretagna.
Così le esportazioni effettive di armi italiane che sono state autorizzate con licenza definitiva dal ministero degli Esteri nel 2017 non sono i 9,51 miliardi citati nella Relazione governativa come esportazioni totali. Questo è un dato lordo che va depurato dalle cosiddette «esportazioni» per programmi intergovernativi (2,077 miliardi): pertanto nel 2017 le reali esportazioni definitive autorizzate sono state 7,436 miliardi.
Nell’anno record, il 2016, le esportazioni al netto dei programmi intergovernativi sono state pari a 12,05 miliardi (e non i 14,6 miliardi complessivi), nel 2015 4,7 miliardi. Nel 2014 le esportazioni effettive sono state 2,32 miliardi, nel 2012 2,72 miliardi, nel 2011 3,06 miliardi.
Il balzo dell’export autorizzato nel 2016 è dovuto al contratto per vendere 28 Eurofighter al Kuwait firmato da Leonardo-Finmeccanica per 7,7 miliardi, dice la Relazione. Nel 2017 il primo paese acquirente è stato il Qatar, per il rilascio della licenza all’export relativa al maxicontratto da 4,2 miliardi per le navi da guerra di Fincantieri e i missili costieri di Mbda Italia.
Quanto all’Arabia Saudita, l’azienda italiana spesso citata per le vendite di armi è la Rwm, società controllata dalla tedesca Rheinmetall che produce bombe in Sardegna, a Domusnovas. Rwm ha ottenuto autorizzazioni all’export per quasi 490 milioni nel 2016 e 68,4 milioni nel 2017.
A Riad però non vanno solo gli ordigni di Rwm. La scheda dell’Uama sull’export del 2016 e 2017 precisa che sono stati venduti materiali delle categorie «armi ed armi automatiche» di calibro fino a 12,7 millimetri, «bombe, siluri, razzi, missili ed accessori», «apparecchiature per la direzione del tiro», «veicoli terrestri», «aeromobili», «apparecchiature elettroniche».
Nella lista delle esportazioni del 2016 c’è anche il Vaticano, per soli 1.640 euro. Cosa ha comprato il Vaticano? Secondo la relazione governativa il materiale è della categoria «bombe, siluri, razzi, missili ed accessori».