La Stampa, 29 dicembre 2018
Evoluzione del colore rosa
Rosa è il colore del momento e lo sarà per molto. A New York il Museo At Fit (Fashion Institute of Technology) lo declina in tutte le sfumature e ne racconta la storia nelle società passate e presenti in una curiosa rassegna: Pink, the History of a Punk, Pretty, Powerful colour (aperta fino al 5 gennaio 2019), curata da Valerie Steele. Già il manifesto riflette il tema: un grazioso manichino indossa l’abito da cocktail a palloncino in seta, naturalmente rosa, scollato, con fiore in vita. Una rosa, ovviamente la rosa. Lo ha disegnato il giovane Yves Saint-Laurent per Dior nel 1960, dopo un intero decennio che invitava all’ottimismo e molti definivano l’era del Pensare in rosa.
Attratti o respinti
È il colore più divisivo, attrae o allontana, provoca sentimenti intensi. Insomma, è il più potente, come dimostrano gli 80 capi, corredati da vetrine di accessori da fine ’700 a oggi, presentati con manichini nell’ombra. A sfida dei luoghi comuni e a riprova che le società occidentali, a differenza di Africa, India e Oriente, mutano il gusto della tonalità secondo tempi, scienza e tecnologia, tessuti. Ma pure sulla scorta di musica, cultura e subcultura, arte, storia. Così pink, da romantico e frivolo, passa dalla Barbie per diventare simbolo di femminismo e GayPride.
Lui e lei in tinta
Alla corte di Luigi XIV dame e cavalieri lo indossavano senza problemi. In Brasile avevano scoperto la tintura per renderlo brillante e duraturo: Madame de Pompadour lo preferiva nelle sfumature pastello perché rifletteva il suo incarnato. È la Rivoluzione francese a bandire le tinte vivaci: semplifica le fogge e introduce il nero per gli uomini. Poi la società borghese e il capitalismo spingono i maschi alla sobrietà. Le signore lo rispolverano a fine ’800 anche con cappa da sera in chiffon. Quanto ai neonati, la prima volta che si distinguono rosa e azzurro nei due fiocchi è in Piccole Donne, il romanzo di Louisa May Alcott pubblicato nel 1868.
A riprenderlo come brillante ed esotico è il couturier Paul Poiret allo scatto del secolo, verso il 1910. Reagisce Coco Chanel negli Anni 20 con il nero, ma talora si arrende con lo chiffon in varie tonalità cipria pallido, mentre Jean Patou lo decora di cristalli e pizzi.
La rivale di Coco, Elsa Schiaparelli, negli Anni 30 inventa l’intenso rosa shocking. Christian Dior negli Anni 50 lo lega all’idea di femminilità e lo unisce al prediletto grigio, mentre le star come Elvis Presley lo trasformano in simbolo del rock and roll. Per l’audace Courrèges, avido di bianco e geometrie, si tratta di mescolarlo con le paillettes. Givenchy lo arricchisce di piume, fiori e frutti, Balenciaga lo celebra con bolero e piumaggi. Ma è già l’ora del ‘68 e della contestazione: fluorescente e psichedelico, va per strada con i giovani, fin nella tuta da aviatore in cotone e satin di Fiorucci (1973), dono di Lauren Bacall.
Il tocco preppy
Brooks Brothers a New York già negli Anni 20 introduce la camicia rosata da uomo. Negli Anni 70-80 diventa la divisa preppy. Graffiti e generi musicali alla cyber punk lo popolarizzano al neon, Stephen Sprouse lo sfodera nei pantaloni, a scritte e gambe differenti. Torna negli Anni 80, con Montana e con Lagerfeld per Chanel, per interpretare la donna di potere in tailleur maschile.
Negli Anni 90 è Azzedine Alaïa a riconfermarne la seduzione. Gwyneth Paltrow, per ricordare con questa tinta Grace Kelly, indossa un abito da sera di Ralph Lauren agli Academy Awards (1999). Del resto, per molte stelle o celebrities è tappa d’obbligo: da Marilyn Monroe a Lady Gaga, da Jackie Kennedy, in tailleur rosa accanto al marito colpito a morte, a Lady D; da Grace Kelly a Madonna, con il famoso corsetto di Jean-Paul Gaultier. Fino a Chiara Ferragni. Non può mancare a suo modo Miuccia Prada, mentre nel 2015 Jeremy Scott ripensa per Moschino la Barbie, con tanto di borsetta.
Molte le recenti invenzioni divertenti o bizzarre: Comme des Garçons (2016) lo cita in versione Rivoluzione francese. Alessandro Michele per Gucci ripropone la coppia in rosa, mentre Vuitton, nel 2016, prepara la viaggiatrice alla frontiera del mondo digitale.
Facciamocene una ragione: il rosa è tornato. Forse si era solo inabissato temporaneamente, come racconta il volume edito da Thames & Hudson.