La Stampa, 29 dicembre 2018
I “cinghialotti” thailandesi usati per la propaganda
Sei mesi fa neanche si sapeva se fossero vivi. Riemersi dalla grotta che rischiava di diventare la loro tomba, nel lieto fine di una delle storie più incredibili del 2018, i «cinghialotti» thailandesi che hanno commosso il mondo sono ora simboli nazionali. Mai andati all’estero prima, da allora hanno portato il loro contagioso sorriso in tre continenti. Il tutto sotto la sapiente gestione dalla giunta militare di Bangkok, che al tempo stesso li protegge dalla curiosità dei media e sfrutta la loro immagine a scopi turistici e di propaganda.
I ragazzini, che avevano tra gli undici e i diciassette anni quando sono rimasti intrappolati nella grotta Tham Luang, sono tornati alle loro case nei dintorni di Mae Sai, un’area rurale al confine con la Birmania: «È come prima, molte cose non sono cambiate», ha ammesso uno di loro. Una vita semplice: calcio, aria aperta e qualche aiuto alle piccole attività economiche dei genitori. La scuola li ha riaccolti con tutte le cure, organizzando classi di recupero e accertandosi che l’odissea di 17 giorni sottoterra non abbia lasciato conseguenze psicologiche. Non che ce ne sia traccia: nel mese di vacanze a ottobre, quando sono partiti per un tour mondiale che li ha portati in Argentina, negli Usa e in Inghilterra, i ragazzini sono apparsi raggianti.
Dopo essere stati ricoperti da applausi alla cerimonia d’apertura dei Giochi olimpici giovanili a Buenos Aires, i «cinghialotti» - il nome della loro squadra di calcio - hanno giocato una partita amichevole contro una rappresentativa giovanile del River Plate. Il giro negli Stati Uniti li ha portati a New York e a Los Angeles, dove in un’ospitata televisiva sono stati sorpresi dal loro idolo Zlatan Ibrahimovic, che li ha definiti «la migliore squadra al mondo» per l’unione dimostrata in quell’interminabile attesa dei soccorsi. Raccogliendo un invito del Manchester United, la squadra che quasi tutti nel gruppo tifano, hanno infine visitato l’Old Trafford da vip, scattando selfie con tutti per poi ripartire con maglie dei Red Devils personalizzate. Altre squadre straniere, su tutte il Barcellona, li hanno già ricoperti di gadget.
La mano del governo
Tutto è avvenuto sotto la sapiente supervisione del governo militare, che ha preso in mano la gestione della storia sin da quando i ragazzini erano ancora intrappolati. Le autorità avevano assicurato che la priorità sarebbe stata proteggerli da occhi indiscreti per evitare traumi. Ma da subito i «cinghialotti» sono stati costretti a una trafila di eventi pubblici altamente pubblicizzati: un periodo al tempio come novizi, inchini e commozione in ricordo del Navy Seal thailandese morto per ripescarli, ringraziamenti al mondo per l’aiuto nei soccorsi, persino una camminata di esibizione in un tunnel artificiale installato in un centro commerciale di Bangkok.
I valori nazionali
In queste apparizioni coordinate dall’alto, è palese l’intenzione di evidenziare l’umiltà, la compostezza e la riconoscenza dei ragazzini, indicandoli come «thailandesi modello». Tutto allo scopo di influenzare due pubblici: gli elettori e gli stranieri. In patria, la giunta è in piena campagna di costruzione del consenso in vista delle prime elezioni dal golpe del 2014, da poco fissate a fine febbraio: la macchina della propaganda punta a plasmare una popolazione docile e contenta di farsi guidare dall’uomo forte senza abboccare alle promesse dei politici rivali.
Ma c’è anche l’ossessione di consolidare l’immagine della Thailandia come «Paese dei sorrisi». Sono appena terminate le riprese di un film a produzione thailandese sull’incredibile salvataggio dei ragazzini, con una particolare enfasi sulla partecipazione di migliaia di volontari da tutto il Paese. I lavori per la trasformazione della grotta Tham Luang in un museo celebrativo sono avanzati, e nella zona arrivano già fino a 16 mila turisti al giorno, per la gioia della comunità locale ma anche di professionisti del settore turistico già posizionati per sfruttare il fenomeno.
Tenendo vivo il ricordo di quell’impresa, sarà difficile che i «cinghialotti» riescano a tornare a una piena normalità, e nessuno ha chiesto loro se vorrebbero essere invece lasciati in pace. Per tre ragazzini e l’allenatore che li condusse nella grotta, un beneficio enorme però c’è già stato. Prima di finire intrappolati erano solo quattro dei 480 mila membri apolidi delle minoranze etniche di confine, a cui la Thailandia conferisce diritti limitati. La fama ha spianato la strada a una rapida cittadinanza thailandese.