la Repubblica, 29 dicembre 2018
Va di moda la ricerca degli antenati
Si parte magari da una curiosità: chissà cosa faceva il bisnonno. O da un’amnesia: nessuno ricorda più come si chiamava la nonna. O da un bisogno: serve l’avo italiano per richiedere la cittadinanza. Si cerca prima in Rete e da lì si prova a tirare la fune del passato. Quasi sempre si finisce con l’inerpicarsi sugli scaffali degli archivi di Stato, o in quelli dei Comuni o di sperdute parrocchie di paese, in stanze solitarie tra i faldoni “sullo stato delle anime”.
La caccia agli antenati prevede passaggi su registri polverosi, inchiostri smunti e date lasciate come briciole sulla strada di una ricerca che deve rispondere alla domanda: da dove veniamo? Dove abbiamo le radici di famiglia? «Sono riuscito a risalire ai miei avi fino al Seicento, siamo di origine spagnola, e la cosa di cui sentivo più la mancanza era il non sapere che viso avessero», racconta Cosimo Lafuenti che è stato docente universitario a Padova. Si capisce, viviamo in un tempo pieno di immagini, difficile accontentarsi di una calligrafia stentata, di una firma su un foglio, di una data di nascita, di matrimonio o di morte. «Più trovi tracce e più vorresti sapere altro delle vite lontane che hanno passato il testimone», dice Flavia Pizziolo, 72 anni, romana. «Non sapevo nulla dei miei bisnonni, ho perso mio padre che ero una bambina e mi è rimasto il bisogno di conoscere le mie radici – prosegue – il nonno era morto a Firenze e ho contattato il Comune, sono stati bravissimi, nel giro di tre giorni avevo già i suoi dati sul tavolo. Suo padre si chiamava Valentino, sapevo che veniva da Mestre e che aveva sposato la mia bisnonna, Maria Maddalena Salvarezza, a Foggia. Lui lavorava nelle ferrovie e proprio l’ adriatica o, come si chiamava alla fine dell’Ottocento, le Strade Ferrate Meridionali, è stata la protagonista della storia della mia famiglia». Una protagonista silenziosa che ha influito su fidanzamenti, matrimoni, traslochi. Flavia Pizziolo, come Cosimo Lafuenti, come Pasquale Prudente che ha rintracciato fino a 12 generazioni del suo albero genealogico da Canosa di Puglia in giro per l’Italia, hanno potuto contare sul sito Antenati del ministero dei Beni Culturali, una formidabile banca dati che raccoglie oltre un milione di registri, 80 milioni di immagini, il materiale di 56 archivi di Stato e riproduzioni digitali ( realizzati da Family Search). Antenati è una riga di partenza per chi vuole condurre ricerche genealogiche oggi sempre più frequenti. L’accesso è gratuito: «Siamo in crescita continua e abbiamo quasi esaurito lo spazio di archiviazione, ci serviranno finanziamenti», spiega il direttore dell’Istituto centrale Archivi, Stefano Vitali. Ogni giorno arrivano tra sito e pagina Facebook “Antenati il portale del San” ( Sistema archivistico nazionale) una trentina di richieste di cittadini: italiani e non, che vogliono informazioni e consigli. «Mi ha aiutato un esperto in genealogia», racconta Sergio Bonello, piemontese, «ha cercato nella parrocchia di Mombercelli ( Asti), perché dopo il Concilio di Trento erano i parroci a tenere l’anagrafe. Così ho saputo di avere avi emigrati in Argentina e in Inghilterra. Una volta ci siamo anche ritrovati coi parenti di quarta generazione nel paese dei nonni, a Mombercelli».
La passione per vite sepolte da una storia che non entrerà nei libri è trasversale alle professioni e alla geografia. Qualche anno fa si è cimentato nella ricerca degli antenati, Robert Thomson Dellor, giornalista australiano che vive a New York, ceo della News Corp, il colosso dell’informazione che fa capo a Rupert Murdoch: ha così scoperto di avere parenti a Domodossola da dove la famiglia Dell’Oro era partita a metà Ottocento, disperdendosi tra Germania, Australia, America del Sud. In Cile, nel 1896 era nato Arturo che all’ingresso in guerra dell’Italia ha voluto tornare in patria per arruolarsi nell’aviazione: morirà nel 1917 nel cielo di Belluno contro un aereo austriaco e Domodossola gli ha dedicato una piazza. Il Comune ha poi conferito a Robert Thomson Dellor la cittadinanza onoraria. Quanto al cognome, Dell’Oro, in America era diventato Dellor: cosa frequente nella fretta delle registrazioni agli sbarchi. Nomi e cognomi venivano trascritti male o tradotti in un inglese approssimativo. Questo rende più complicate le ricerche che tuttavia possono avvalersi oggi di banche dati online. Chi non si ferma all’album delle fotografie, può consultare cognomix. it (e indagare sulle origini geografiche del cognome) oppure myheritage. it dove ci si può sottoporre (a pagamento) a un test del dna “per scoprire le origini etniche e poi trovare i componenti della famiglia”, oppure ancestry. it (su abbonamento da 9,95 euro): “ci sono milioni di storie, trova la tua”. Il sito altreitalie. it raccoglie i registri degli italiani arrivati via mare a New York, Buenos Aires e Vitória (Brasile). Sullo stesso tema ma solo per gli anni 1892- 1924,libertyellisfoundation. org. Insomma c’è una miniera profonda da indagare, serve tempo e costanza e provare, ramo per ramo a rimettere insieme il grande albero genealogico di famiglia, disperso dal tempo e dalle nostre distrazioni quotidiane.