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 2018  dicembre 29 Sabato calendario

Intervista a Vinicio Capossela: «Canterò alla luna per difenderla meglio»

Sarà la luna a riportare sul palco Vinicio Capossela. Il cantautore sarà protagonista della Festa di Roma 2019 organizzata al Circo Massimo la sera del 31 dicembre, insieme alla Piccola Orchestra di Tor Pignattara, ai Kitonb e al rapper romano Achille Lauro. Il suo intervento sarà «un tributo a Guido Ceronetti, ai lunatici, ai seleniti, ai gladiatori, agli allunanti».

Perché questo tributo?
«Perché il programma della festa ruota intorno al tema dell’allunaggio, visti i 50 anni che si compiranno nel 2019, e così mi è venuto in mente questo meraviglioso libro di saggi che Ceronetti scisse nel 1971, Difesa della luna. Un libro di estrema attualità in cui Ceronetti scrive: “l’uomo sulla luna cercalo nelle taniche di morte della petroliera, nelle miniere abbandonate dove hanno calato i detriti radioattivi, nel banco di schiuma immobile sul pelo dell’acqua, nei tuoi polmoni e nei tuoi intestini”».
Difendendo la luna, Ceronetti lanciava dunque un grido in difesa dell’ambiente.
«Notevole che nel ’70, in mezzo all’ubriacatura di onnipotenza di quel momento, ci fosse un uomo che ricordava a quale prezzo e miseria terrestre quel risultato fosse stato possibile. Una voce fuori dal coro, che per giunta metteva in luce, criticandolo, il tentativo di giustificare il primato dell’uomo sulla natura utilizzando le sacre scritture. Ceronetti era un uomo di grande coscienza ecologista, insieme a un gruppo di persone tra le quali Gino Girolomoni, il padre dell’agricoltura biologica, che avevano piena consapevolezza dell’impatto del mondo della produzione sulla natura. È molto significativo che noi lo ricordiamo mentre suoniamo a Roma, città in cui è recentemente esploso il problema dei rifiuti, e si cominciano a manifestare a livello globale le conseguenze dei cambiamenti climatici».
Ha conosciuto Ceronetti?
«L’ho incontrato ma non sono abilitato a farne l’esegeta o il portavoce. Con affetto posso dire che era una persona anche fisicamente sopraffatta dal suo sapere, una mente grande che faceva scricchiolare il fisico. Andai a vedere quello che doveva essere l’ultimo atto del Teatro dei sensibili: a un certo punto chiese al pubblico di smettere di fotografare, di deporre l’arma, disse una frase che condivido: “il pubblico non è mai stato così infelice come in questo momento storico”, e infatti la peste della cattura dell’immagine attraverso i social è arrivata al punto che uno non riesce più a guardare quanto avviene intorno a lui senza provare il desiderio compulsivo di estrarre l’arma digitale. Non basta più l’esperienza del contatto, la felicità di essere presente, vivere non basta più. Tra l’altro questo della peste dell’uomo, la stessa che insidiava la luna nel ’71, è un tema che sento molto e che è presente nel lavoro che conto di pubblicare il prossimo anno».
Il disco di inediti di cui si parla da qualche anno?
«Sì, si intitola Ballate per uomini e bestie. E La peste, l’inedito che suonerò al Circo Massimo, mi sembra che possa raccogliere bene il bacillo lanciato in quel saggio da Ceronetti».
Ballate, non canzoni: torna dunque alla forma primordiale del racconto in musica?
«La canzone deve dire tanto in poco tempo, la ballata invece non si fa problemi, persino l’Odissea si può intendere come una lunga ballata. È una forma trobadorica, qualcosa che si rifà al medioevo. Queste infatti sono le mie “Cronache dal post-medioevo”. Nella cultura medioevale la realtà non esisteva, esisteva la verità di Dio, la realtà era solo simbolo di qualcos’altro. Paradossalmente la nostra epoca ipertecnologica vive la stessa dicotomia, non a caso oggi si parla di realtà virtuale».
A Natale ha suonato come fa da 18 anni a Taneto, e ogni 28 dicembre torna a Cesena…
«Siamo diventati dei reazionari, ci siamo affezionati a una tradizione e la ripetiamo. Mi piace la ritualizzazione, vivere le date come finestre di accesso al mondo ciclico della natura, punti di regolazione del tempo e del calendario, che altrimenti ci sfugge, come la vita».