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 2018  dicembre 29 Sabato calendario

Eataly va a Las Vegas

«Ma davvero avete tutti questi oli in Italia?». La signora in mise leopardata guarda stupita lo scaffale dove campeggiano decine di bottiglie con etichette una differente dall’altra. Già l’idea stessa di extravergine da queste parti è abbastanza originale. La mancanza di omologazione spiazza.
Benvenuti nella città del peccato, dove la trasgressione è pane quotidiano e il cibo l’ultimo dei desideri. O meglio, è desiderio vivo e reale nei super ristoranti che affollano gli sterminati alberghi della Strip, nomignolo per il Las Vegas Boulevard, arteria principe di Vegas. Luoghi raffinati che contrastano enormemente con i disastrati menù della quotidianità. In tutta la Strip, fino a ieri non esisteva un solo negozio di cibo serio, se è vero che i drugstore sono forniti di tutto il junk food possibile e null’altro.
Per questo, lo sbarco di Eataly dentro l’hotel MGM Park ha richiamato televisioni e giornali di tutta America. I dirigenti della corporation l’hanno definito, «una meravigliosa attrazione», un po’ come la donna barbuta e il mangiatore di fuoco. Del resto, nella città del gioco d’azzardo più famosa del mondo, la convinzione che il business sia destinato a calare sta ingenerando un mutamento socio-economico epocale: non più solo casinò e wedding chapel dove celebrare matrimoni effimeri, ma anche e soprattutto concerti, show, esibizioni mirabolanti. Agli artisti vengono offerti tassazione ridotta e visibilità assoluta: non a caso, Lady Gaga e ben tre compagnie del Cirque du Soleil vivono già stabilmente qui.
Trentasette milioni di turisti visitano ogni anno la città più popolosa del Nevada, che non arriva a uno. A cambiare è stata la composizione: sulla Strip non sciamano più uomini e donne sulla via della perdizione, ma migliaia di famiglie. E le famiglie mangiano in maniera più continuativa e articolata dei giocatori d’azzardo.
Risultato: 4.500 metri quadrati totalmente a vista grazie alle mega-vetrate costruite appositamente, affacciati di fronte all’Hard Rock Cafè e interamente dedicati al cibo, per tre quarti italiano. Se i pasti dei casinò si consumano rapidamente in locali scuri e claustrofobici – il cibo non deve distrarre dal gioco – qui sembra di stare a Les Halles di Parigi: tanta luce, poltrone, musica e buon mangiare, in linea con il claim Eat better, live better.
Certo, ipotizzare che i cittadini di Vegas diventino frequentatori abituali in tempi brevi, sarebbe un azzardo. Così è stata varata una formula originale, che differenzia questo dagli altri cinque Eataly americani: ridotta estensione degli espositori, formati compatibili con bagagli a mano e valigie risicate, ma soprattutto dieci grandi banchi che offrono allo stesso tempo alimenti freschi o cucinati, take away e ristorante. Un modo indiretto di fare cultura alimentare: si mangia un piatto e si comprano gli ingredienti per ripeterlo a casa.
Dei tremilacinquecento prodotti italiani a scaffale, ben duemila non erano mai arrivati nel cuore dell’America: tra questi, duecento etichette di extravergine e altrettanti formaggi, più una trentina di salumi, comprese tutte e cinque le Dop del prosciutto crudo. Ci sono gli aceti preziosi di Massimo Bottura e il pane fatto con le farine bio del Mulino Marino, i tagliolini freschi e perfino il tartufo bianco, spedito settimanalmente in aereo. E poi ci sono i panettoni, dolce fino a pochi anni fa totalmente sconosciuto e che ormai si può comprare – magari non proprio artigianale, ma comunque made in Italy – nelle maggiori catene di supermercati, da Trader Joe in su. Tanto accettato e diffuso, che nelle camere del Park Mgm in occasione del Capodanno il panettone sostituirà le tradizionali confezioni di cioccolatini Godiva. E pazienza se i francesi si incazzano, come canta Paolo Conte.