Corriere della Sera, 29 dicembre 2018
Lo scandalo delle leggi orfane
Non è che adesso però la storia del raddoppio della tassa sugli enti di volontariato possa finire così, fischiettando il premier e uno dei vicepremier un po’ di scuse imbarazzate, o ammantandosi l’altro vicepremier di telefonate riparatorie a un frate di Assisi. E non solo perché, mentre la tassa entra in vigore con l’approvazione «blindata» della legge di Bilancio 2019, è tutto da vedere se e come e quando verrà mantenuta la promessa marcia indietro. E neanche solo perché è bersaglio strabico ironizzare sulla sottosegretaria Castelli che fa confusione sulla nozione di profitto, o sul ministro Salvini che fa la voce grossa coi «furbetti del volontariato» con l’autorevolezza di chi guida un partito che impiegherà 80 anni a restituire allo Stato 49 milioni frodati ai contribuenti. La vera prevaricazione è l’opacità (per l’ennesima volta) del processo decisionale: persino più grave dello strangolamento di Senato e Camera, perché lo scippo del Parlamento almeno si vede e contro esso si può protestare, mentre di quanto siano «orfane» talune leggi nemmeno si ha percezione. Chi decide, con quali obiettivi, consultando chi, valutando quali parametri? Non lo si sa per i 12.000 appalti pubblici senza gara sino a 150.000 euro, non lo si è saputo per la tassa sul volontariato. Norma ignota persino all’uomo di volontariato che i grillini avevano fatto eleggere senatore proprio per calamitare voti nel settore. Non stava nel «contratto» M5Stelle-Lega, che vale solo quando conviene. Non è stata mai fatta esaminare al Parlamento, luogo deputato a quel «contraddittorio» che solo ora Conte promette per «ricalibrarla». E per discuterla non c’è stato uno straccio di streaming grillino, o di referendum online, o di sondaggio sui social leghisti pur mobilitati ogni istante ad apprendere cosa il leader mangi o da quale starlette si sia separato. Le mozzarelle al supermercato hanno una filiera tracciabile. Le leggi no.