Corriere della Sera, 29 dicembre 2018
Biografia di Henri Chenot, raccontata da lui stesso
Che abbaglio presentarsi al suo cospetto convinti di stare sul repertorio leggero. Henri Chenot cura i vip, ma non la pensa come i vip. È molto critico sulle convivenze sostitutive dei matrimoni, sulle donne che rinunciano a diventare madri, sull’aborto, sui tradimenti coniugali, sui test genetici, sulle «stupidaggini» della psicanalisi, sulle droghe (anche leggere), sui padri che hanno l’età dei nonni. È arrivato a definire «polizze assicurative» i figli che le ventenni regalano ai sessantenni renitenti alla vecchiaia: «Uuuh, patetici!».
Lo Sciogligrassi francese di origini catalane è un ilare moralista. Nonostante faccia moderato uso delle tipiche interiezioni italiane comincianti per «c» e per «s», tiene appese nello studio una Madonna con l’indice ammonitore rivolto verso il cielo, donatagli dall’amico Salvador Dalí, e una caricatura che lo raffigura in veste talare bianca e lo gratifica del titolo di «Papa della salute». «Nella vita servono linee di condotta», ammaestra. «Se esageri in una cosa, poi esageri in tutto. Qui lo vedo ogni giorno».
Il suo Vaticano è il Palace di Merano, hotel cinque stelle con la più alta concentrazione mondiale di Ferrari, Bentley, Porsche, Mercedes e Bmw nel parcheggio, centro di cura frequentato da pazienti di 90 nazionalità, dove 7 pernottamenti e 6 giorni di programma detox costano 5.680 euro (prezzo base in camera singola). Dopodiché si può scegliere fra un’ottantina di trattamenti, che vanno da un minimo di 55 euro (manicure) a un massimo di 2.000 (liposuzione non chirurgica addome intero).
Il metodo Chenot ha messo in riga Prima e Seconda Repubblica (da Ciriaco De Mita a Silvio Berlusconi), Carolina di Monaco, Ernst di Hannover, Francesco Totti, Zinedine Zidane, Gianna Nannini («brava ragazza, ma non capisco a che le servono quattro valigie: qui stanno tutti in accappatoio»), Ilham Aliyev, presidente dell’Azerbaigian, Hamad e Tamim bin Hamad al-Thani, padre e figlio, emiri del Qatar, e il compianto Luciano Pavarotti. Nel 1987 fece scoccare l’amore fra Giuliano Ferrara, reduce dalla beauty farm, e la vicina di casa Anselma Dell’Olio.
La avverto: ho sottoposto a questo test illustri suoi colleghi, da Giuseppe Giudice, inventore della «dieta dell’astronauta», a Mauro Defendente Febbrari, che ha fatto dimagrire i più grandi chef, e hanno tutti toppato. Quanto peso?
«Tu? 82-83».
Ahi, neppure lei ha superato la prova.
«Quanto pesi? 75? 90?».
Tombola! Sono 117 chili.
«Non si direbbe. Fai molto sport?».
Mai. La sedia per me è un indumento.
«Da giovane io ero bravo a calcio. In collegio a Tolosa mi davano da mangiare solo per quello. Dalla Catalogna i miei erano andati a vivere a Sarrancolin, in Occitania. Il mio nonno materno aiutava gli ebrei polacchi a varcare i Pirenei. Vennero i nazisti a casa nostra. Io avevo pochi mesi. Stavano per spararmi alla testa. Sono vivo perché mia nonna li ubriacò con la grappa di prugne».
So che poi combatté anche lei.
«Sì, nella guerra d’Algeria, due anni al fianco della Legione straniera. Una vergogna. Appena sbarcato in Francia, dissi ai miei uomini: le decorazioni buttiamole in mare. E così fu. Ora Emmanuel Macron vuole ridarcele. Una coglionata».
Perché lasciò il Policlinico di Cannes per venire in Alto Adige?
«Non lavoravano bene. Alla fine degli anni Settanta fui chiamato a Solda per una conferenza. Me ne innamorai e ci rimasi. Corrado Ferlaino, presidente del Napoli, mi mandò Maradona per una remise en forme. Ma i 1.900 metri di altitudine davano problemi ai clienti. Così scesi a valle. Per non lasciarmi andar via, il parroco don Josef Hurton voleva comprarmi l’hotel Sulden con una colletta. Lì ho conosciuto mia moglie Dominique».
È sudtirolese?
«No, francese. Venne a imparare le mie tecniche di bioestetica. Dopo tre giorni, le dissi: non parti più, ti sposo».
Dove vivete?
«In un appartamento dentro il Palace. Tre settimane di lavoro, inclusi sabati e domeniche, e poi una di riposo nella nostra casa di Cannes, dove abbiamo trascorso il Natale con i nostri figli Nicolas, 40 anni, e Caroline, 35, che ci ha appena resi nonni per la prima volta».
Ma l’hotel è suo?
«Del costruttore bolzanino Pietro Tosolini. Non ho niente di mio. I 200 dipendenti lavorano in cooperativa».
Non ce la vedo qua dentro per il cenone di San Silvestro.
«Infatti saremo ospiti del nostro amico Roberto Frediani». (È il dentista di Merano che curò Berlusconi, colpito al volto da una statuetta nel 2009).
Che menu si aspetta a casa Frediani?
«Sono diventato italiano per gli spaghetti. Un fattore di salute. Li mangio ogni giorno con olio d’oliva, pomodoro, basilico, senza parmigiano. Spero di trovare il foie gras. Ma è pesante».
Dal suo libro «Curare la salute» pare che tutti i mali passino dalla bocca.
«La madre di ogni guaio è la masticazione. Tu lo vedi al ristorante: la gente ricorre alle bevande per ingoiare. Ma le carni poco triturate producono cadaverine e putrescenze, amiche del cancro. E la scorretta triturazione di pane, pasta e dolci provoca fermentazione nel colon e facilita la produzione di grassi organici».
Quindi lei non beve.
«Mai durante i pasti. Un bicchiere di rosso solo la sera, a fine cena. Sono taste-vin di Borgogna e di Bordeaux. Ho aiutato Giacomo Bologna a creare vini piemontesi di assoluta eccellenza».
Non sgarra mai a tavola?
«Ah, no, bien sûr! Questo no».
Al ristorante ci va qualche volta?
«Solo per i compleanni degli amici».
Chi mette a stecchetto la gente non dovrebbe avere una laurea in medicina?
«Ne ho 10 di medici, qui al Palace. Io vengo dallo studio degli oli essenziali e dei princìpi attivi che provocano reazioni benefiche, dalla bioenergetica, dalla naturopatia. Ho creato la biontologia, scienza che indaga l’evoluzione dell’invecchiamento psicofisico. Ho praticato per anni la medicina cinese e l’agopuntura. Il governo di Pechino mi ha chiesto di salvarla, perché tutti i docenti furono uccisi da Mao. È rimasto solo l’anziano maestro taoista Ren Fa Rong, che mi ha rilasciato quell’attestato». (Indica gli ideogrammi dipinti che occupano mezza parete: «Henri Chenot dispone della perfetta conoscenza della medicina tradizionale cinese al fine di curare gli esseri umani. 6 settembre 2013»).
Fra lei e i vegetariani c’è differenza?
«Loro mangiano erba, io di tutto. Tranne formaggi di mucca. Meglio di capra. I vegani praticano una religione».
Vini, liquori, carni, salumi, burro, formaggi, panna, farine, fritti, intingoli, dolci. Perché gli uomini hanno inventato cibi che fanno soltanto male?
«Business. Lo diceva anche Umberto Veronesi. Mi manca molto».
Le restano tanti altri amici. Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Romano Prodi...
«Berlusconi è adorabile, gli telefono e lui arriva. Idem Gianni, uomo di grande valore. Prodi è venuto una sola volta».
Quando Elisabetta Gregoraci era moglie di Briatore, disse che sul loro yacht avevano per un mese una beauty Chenot.
«Flavio, che tipo! No, guarda, avranno pagato una dietista per un giorno. O un massaggiatore. Durante le ferie, i nostri collaboratori vanno dove vogliono».
Letizia Rittatore Vonwiller, ex moglie di Marco Tronchetti Provera, ha descritto così il suo secondo giorno chez Chenot: «Sono stanca, ho un filo di mal di testa e un buco nello stomaco».
«È probabile. Avrà masticato male. Oppure pensato troppo, anziché rilassarsi. Impegnare la mente consuma energia».
Quanti giorni le servono per ringiovanire un grassone?
«Dipende da peso, età, stato di salute, professione. In otto giorni impara il mio metodo. Poi deve osservarne tre al mese di dieta detox ed evitare gli errori».
Sì al detox, no al botox. Come mai detesta chi si fa spianare le rughe?
«Le hai viste?». (Fa il gesto dell’iniezione). «Donne con un faccione così. Certe labbra... Bisogna innalzare la testa, non guardare lo specchio. La vecchiaia si combatte con la cultura».
È vero che qui vieta pure i cellulari?
«L’altro giorno sulla poltrona dove sei seduto c’era un paziente importante. Ha allineato i telefonini sulla scrivania: uno, due, tre... Come? Ti concedo mezz’ora del mio tempo e tu non mi ascolti? Non proibisco nulla. Ma con lui non pranzo».
C’è un cibo che non va mangiato mai?
(Ci pensa). «Non mi pare».
Il nonno di mia moglie, che era di Ostiglia, diceva: «Tut fa ben, tut fa mal».
«Oui! Aveva ragione. La differenza sta nel quanto e nel come mangi».
Lei afferma che la ricchezza non garantisce la felicità. Figurarsi la miseria.
«Io sostengo che c’è una spirale evolutiva, che la vita è una scoperta continua, che non bisogna mai aspettarsi niente dagli altri, che la disillusione è il nostro peggior nemico, che occorre aver fede nella giustizia suprema».
Chi amministra la giustizia suprema?
«Non lo sappiamo. Dobbiamo prima morire. Andremo a vedere».
Già ci andò vicino con un intervento alle carotidi, quando chiese al chirurgo di farla uscire dalla sala operatoria vivo o morto, ma non invalido. Eutanasia?
«È vita senza le facoltà intellettuali?».
«L’Europa ha bisogno di aria nuova, non può vivere di consanguineità». Frase sua. Che significa?
«Che credo nell’immigrazione, nel meticciato di civiltà. Non capisco questo nazismo strisciante, “io sono tedesco”, “io sono italiano”. Chi c... sei? Un umano è un umano. Se si comporta bene».