Corriere della Sera, 29 dicembre 2018
In morte di Roberto Martinelli
È morto ieri al Policlinico Gemelli di Roma il giornalista Roberto Martinelli. E con lui si chiude (stavolta non è un banale luogo comune) un capitolo di storia del giornalismo italiano e del Corriere della Sera.
Nato a Velletri nel marzo del 1936 in una famiglia di magistrati, Martinelli maneggiò già da ragazzo il linguaggio giuridico, i meandri dei codici e i rapporti interni di un mondo tradizionalmente chiuso. Un retaggio che, con i suoi ottimi studi universitari in Giurisprudenza, nutrirono la sua passione giornalistica. Il carattere esuberante, pirotecnico e coinvolgente gli apriva mille porte di giudici, avvocati, accusatori e imputati.
È considerato il fondatore (oltre che maestro per generazioni di giornalisti) del moderno servizio di cronaca giudiziaria in Italia: saper seguire le inchieste e i processi anticipando, con un imbattibile fiuto per lo scoop, provvedimenti e sentenze, mettendo a fuoco narrativamente i protagonisti.
Cominciò la sua carriera a Il giorno, poi l’approdo al Corriere della Sera: prima come capo della giudiziaria, poi da responsabile dell’Ufficio romano e infine con l’incarico di vicedirettore del giornale a Milano.
Come ricorda chi era in redazione ai tempi, toccò a lui come capo dell’Ufficio romano, il 21 maggio del 1981, in collegamento interfono dalla redazione di via del Parlamento con quella centrale di via Solferino, dov’era direttore Franco Di Bella, leggere gli elenchi della loggia massonica P2 di Licio Gelli appena portati da Palazzo Chigi al giornale da Antonio Padellaro. Compariva il nome di Di Bella che ascoltò Martinelli («ci sei anche tu, direttore…») e disse: «Scrivete tutto».
Cominciò la stagione più difficile per il Corriere della Sera con l’amministrazione controllata e una crisi pesantissima: il nuovo direttore, Alberto Cavallari, chiamò Martinelli a Milano come vicedirettore e insieme affrontarono un periodo denso di difficoltà e di attacchi.
Negli anni che seguirono Martinelli diresse prima la redazione romana de La Stampa, quindi passò al settimanale l’Espresso. Negli ultimi tempi aveva tenuto numerosi corsi di giornalismo, collaborando con l’Ordine per i problemi professionali legati alle querele. Era anche presidente onorario del Premio per il giornalismo di inchiesta «Giustizia e verità – Franco Giustolisi».