Corriere della Sera, 28 dicembre 2018
L’arbitro Gavillucci, dalla A ai ragazzi. Aveva sospeso una partita
Da Udinese-Bologna a Vis Sezze-Samagor. Dalle serie A ai Giovanissimi della provincia di Latina. La discesa all’inferno dell’arbitro Claudio Gavillucci si è compiuta in appena sette mesi. Il 20 maggio 2018 arbitrava la sua 50ª e ultima partita in serie A, il 3 dicembre era su un anonimo campo di periferia a gestire dei ragazzini. Quello che è successo in mezzo ha una motivazione ufficiale: è stato dismesso dall’Associazione italiana arbitri perché ultimo nella classifica di rendimento. C’è poi un’altra versione, tutta da verificare: ha pagato la decisione di aver sospeso per 3 minuti Sampdoria-Napoli del 13 maggio 2018 per cori di discriminazione territoriale intonati dai tifosi blucerchiati contro i napoletani.
Era il 31’ della ripresa e il 39 enne Gavillucci decise di fermare la partita, vinta poi 2-0 dalla squadra allenata da Maurizio Sarri.
L’episodio fece discutere, Gavillucci applicò il regolamento. Anche allora, come accaduto a San Siro l’altra sera in Inter-Napoli, lo speaker dello stadio aveva richiamato i tifosi. L’Aia a fine stagione escluse dalla Commissione arbitrale di serie A Gavillucci: «Dismesso per motivate ragioni tecniche».
«Ha fatto quello che era suo dovere e in suo potere fare», racconta l’avvocato Gianluca Ciotti, difensore di Gavillucci che ha fatto causa all’Aia per la dismissione. «Ha applicato il regolamento e dopo due annunci dello speaker ha sospeso la partita. I cori erano stati colti da tutti e non poteva ignorarli. Era la scelta giusta», sottolinea il legale.
Scese in campo il presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero, per chiedere alla sua curva di smetterla.
Un gesto coraggioso. «La scelta di sospendere una partita è difficile, l’arbitro ha una pressione enorme. E quella decisione fu giusta. Chissà perché però non pesò in modo positivo sul giudizio degli osservatori che dovevano valutare la prestazione di Gavillucci», spiega l’avvocato.
A fine stagione l’Aia stila una classifica sul rendimento dei 22 arbitri di serie A, Gavillucci risulta ultimo. Era già accaduto l’anno prima, alla fine della stagione 2016-17, ma come d’abitudine era stato confermato. A 39 anni l’Aia di solito non pensiona gli arbitri per motivi tecnici, si suppone che un direttore di gara formato, con 50 partite di serie A alle spalle e non vicino al limite massimo d’età dei 45 anni, sia comunque una risorsa. L’Aia ha fatto una valutazione differente, per quanto legittima. Tra lui, ultimo in classifica, e il primo della passata stagione c’era un decimale di differenza nella valutazione (8.4 Gavillucci, 8.5 Rocchi), in mezzo gli altri.
Per quanto non usuale, la dismissione è un provvedimento lecito. Gavillucci però non l’accetta e fa ricorso, anche perché c’è solo un altro caso simile di dismissione negli ultimi anni e risale al 2008-09, si tratta dell’arbitro Michele Cavarretta. Il 23 luglio l’Aia fornisce le valutazioni di rendimento a Gavillucci, motivando così la sospensione. Il primo grado di giudizio ha confermato la scelta dell’Aia, ora si vedrà cosa accadrà a metà gennaio davanti alla Corte federale d’appello.
Restano due gesti. La scelta normale e coraggiosa di Gavillucci di fermare una gara per combattere il razzismo. Quella dell’Aia di dismettere l’arbitro. Poteva diventare uno spot sul fair play, si è preferito dismettere tutto con una semplice raccomandata.