28 dicembre 2018
Tags : Jude Law
Biografia di Jude Law
Jude Law (David Jude Heyworth L.), nato a Londra il 29 dicembre 1972 (46 anni). Attore. «Dopo avere girato King Arthur, tutto il tempo con la corona in testa, ho cominciato a fare il Papa. Il mio ego si è molto ringalluzzito. Purtroppo ho toccato l’apice: d’ora in poi posso solo scendere. Sarà durissima» • Figlio di due insegnanti, deve il suo secondo nome Jude (assunto poi quale nome d’arte) alla passione dei genitori per la canzone Hey Jude dei Beatles e per il romanzo Jude l’oscuro di Thomas Hardy. «Un’infanzia vissuta in un quartiere operaio di Londra. “A scuola si facevano più risse che compiti. Ma a casa dei miei c’era un’atmosfera colta e serena”, racconta Jude, che ha cominciato a calcare il palcoscenico a 12 anni e ha girato la sua prima serie televisiva, Families, a 17» (Federica Lamberti Zanardi). «Lei fa l’attore da quando era un ragazzino. "Non ricordo neanche quando l’ho deciso: ero troppo piccolo. Mia madre e mio padre mi portavano a vedere spettacoli, esibizioni, mostre. Per me è stato naturale salire su un palcoscenico. Ancora oggi è il mio grande amore"» (Arianna Finos). «Da ragazzo ero stato scritturato per una pièce teatrale a Londra, la mia città. Mai avrei immaginato che un giorno avrei realizzato film». «Il film che mi ha fatto capire quali potenzialità ha il cinema è stato La morte corre sul fiume, l’unica opera da regista di Charles Laughton. Me lo fece vedere mia madre quando avevo 16 anni. Quel film in bianco e nero, che racconta di due bambini in fuga da un vero e proprio mostro assassino che ha ucciso la loro madre e vuole sapere dove il padre prima di morire ha nascosto il suo “tesoro”, mi ha insegnato che i personaggi non vanno mai giudicati. E che comunque bisogna lavorare sull’equilibrio tra ombre e luci, che sono – entrambe – dentro tutti noi». Abbandonata la scuola a 17 anni, dopo aver affinato le prime esperienze adolescenziali con studi di recitazione «ha debuttato in teatro nel 1992 con Pigmalione di Shaw. Ha cominciato a fare il cinema nel 1994 con un film bruttissimo, Shopping, e con un film così, Gattaca. La porta dell’universo. Ha fondato una società di produzione, Natural Nylon. È stato in scena nudo (ma dentro una vasca da bagno) in Indiscretions, una versione dei Parents terribles di Cocteau. È stato Bosie, lord Alfred Douglas amato da Oscar Wilde, e l’amante di Kevin Spacey in Mezzanotte nel giardino del bene e del male di Clint Eastwood. È carino, col viso rotondo, gli occhioni azzurri, un bel sorriso, l’aria compunta da prima comunione oppure l’aria malandrina: in Alfie, dove recita il personaggio d’un autista newyorchese di limousine, seduttore compulsivo di tutte le donne, va benissimo. Ma il ruolo più impressionante e interessante risultava piuttosto quello di Era mio padre di Sam Mendes, un killer con la mania di fotografare le vittime che aveva ucciso, con un ghigno infame e la faccia oscura; oppure il ruolo di A.I. Intelligenza artificiale di Steven Spielberg, Gigolo Joe, automa programmato per il piacere delle donne, amico del bambino protagonista» (Lietta Tornabuoni). «Sarà Anthony Minghella a lanciarlo definitivamente tra le stelle hollywoodiane. Il regista gli affida il ruolo del ricco ragazzo americano ne Il talento di Mr. Ripley (1999), tratto dal romanzo di Patricia Highsmith. La sua prova accanto a Gwyneth Paltrow e Matt Damon gli vale una nomination agli Oscar e una ai Golden Globe, e, anche se non porterà a casa nessuno dei due premi, oramai il pubblico, soprattutto quello femminile, si è accorto di lui. Con Minghella, Law lavorerà ancora nel kolossal Ritorno a Cold Mountain (2003), con Nicole Kidman e Renée Zellweger, e in Complicità e sospetti (2006), con Juliette Binoche e Robin Wright Penn» (Barbara Mattiuzzo). Particolarmente importante fu per la sua carriera, nel 2003, il ruolo di W.P. Inman, «soldato sudista disertore (in origine doveva essere Tom Cruise) che affronta una cruenta odissea per tornare fra le braccia di Nicole Kidman. Un eroico falegname sulle cui spalle – ingrossate di dieci chili, perché l’abituale dieta vegetariana di Jude s’era rivelata troppo ipocalorica – si regge la storia di amore e guerra di Cold Mountain. Film che gli ha procurato la sua seconda nomination agli Oscar dopo quella ottenuta con Il talento di Mr. Ripley nel 1999. […] Gloria sudata, certo: gli è costata mesi d’inferno fra le nevi della Romania in mezzo a esplosioni e cannoni mentre a casa, a Londra, il suo matrimonio crollava. […] Ma è anche il ruolo spartiacque della sua carriera, quello che, dopo dieci anni da sex symbol delle intellettuali, ma sempre in secondo piano rispetto al protagonista maschile del film, lo consacra invece come star solista. Un interprete capace di saltare da uno schermo all’altro, […] arruolato al dramma come alla commedia, tanto nella fantascienza quanto nelle storie in costume» (Marina Cappa). «Più bello e affascinante che mai, nel 2004 è tra i protagonisti di Closer, di Mike Nichols, una storia in cui due uomini e due donne si incontrano e si innamorano, si tradiscono, litigano, si lasciano e si ritrovano e dove Law si fa sedurre da una sensuale Natalie Portman, ed è scanzonato e brillante seduttore in Alfie, in un ruolo che fu di Michael Caine. Nel Natale del 2006 arriva sugli schermi con L’amore non va in vacanza, di Nancy Meyers, dove è un romantico e disilluso padre-vedovo che conquista il cuore della bionda Cameron Diaz; nello stesso anno ci regala Tutti gli uomini del re, di Steven Zaillian, sulla carriera politica di un ex venditore nell’America degli anni ’30. A Law si affida il regista cinese Wong Kar-wai per quell’indimenticabile bacio romantico in My Blueberry Nights (2007). Nel 2007 arriva al Festival del cinema di Venezia con Michael Caine, in Sleuth di Kenneth Branagh. Il film è il remake dell’omonima pellicola del 1972, uscita in Italia col titolo Gli insospettabili, dove Caine aveva il ruolo poi passato a Law. Nel 2009 lo vediamo protagonista del fanta-thriller Repo Men e, con la regia di Terry Gilliam, in Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo, in cui è una delle tanti manifestazioni di Tony, strano personaggio che viaggia in mondi paralleli. […] Sarà inoltre il Dottor Watson di Sherlock Holmes (2009) di Guy Ritchie con Robert Downey Jr., al quale seguirà Sherlock Holmes – Gioco di ombre (2011). Nel 2012 è nel cast del kolossal Anna Karenina, per la regia di Joe Wright: Jude Law è Aleksej Karenin, il marito di Anna Karenina. L’anno successivo è scelto da Steven Soderbergh per il thriller Effetti collaterali, dove recita al fianco di Rooney Mara, Catherine Zeta-Jones, Channing Tatum e Vinessa Shaw, e partecipa al film Dom Hemingway di Richard Shepard. Nel 2014 è nel ruolo di un giovane scrittore in Grand Budapest Hotel di Wes Anderson e recita in Black Sea di Kevin Macdonald. Nel 2016 è protagonista della serie televisiva, ideata da Paolo Sorrentino, The Young Pope, nei panni di un ambiguo giovane papa» (Mattiuzzo). «Il Papa è nudo sotto la doccia. Il Papa si infila un paio di ciabattine di gomma bianche. Il Papa fuma e beve Cherry Cola. Sprezzante e misterioso, circondato da pochi amici e molti nemici, questo Papa più figo di una star di Hollywood ha, giustamente, la faccia di Jude Law. Nella serie The Young Pope, scritta e diretta da Paolo Sorrentino, […] l’attore occupa lo schermo in tutto il suo consapevole splendore. Nell’invenzione fantastorica del regista, il corpo e la faccia di Jude Law sono forma e sostanza insieme. […] Ritorna in televisione, dove aveva debuttato da ragazzino. "E che poi non ho più voluto fare un per un bel po’. Snobismo da una parte, dall’altra la tv degli anni Ottanta mica era quella di oggi. E il cinema di qualità è sempre più difficile da finanziare. I 200 milioni di dollari per i supereroi si trovano subito, i 5 per un piccolo film non te li dà nessuno. Viva la tv. Tanto, l’importante è il contenuto, non il mezzo". In alcuni film, tipo Dom Hemingway, si è volutamente imbruttito; in The Young Pope è più bello che mai. […] "Il personaggio del giovane Papa è interessante da questo punto di vista. Perché è un narciso di mente fredda, che usa il suo aspetto come strumento di potere e manipolazione. È un uomo intelligente, profondamente spirituale eppure consapevole. Dice al mondo: sono bello, guardatemi". Si è ispirato a qualche papa vero o a qualche papa visto al cinema? "Un po’ alla gestualità di Pio XII, ma in gran parte è tutta una creazione originale. In particolare, quel movimento di allargare le braccia nel salutare la folla, Paolo me lo ha fatto rubare a Wayne Rooney, il calciatore, che fa così quando segna"» (Paola Jacobbi). «L’attore inglese, in procinto di girare la seconda stagione della serie televisiva di Paolo Sorrentino The New Pope, è adesso protagonista al cinema di Animali fantastici – I crimini di Grindelwald, […] secondo capitolo delle cinque avventure create da J.K. Rowling, spin-off e prequel di Harry Potter. […] Gellert Grindelwald (Depp), nemico giurato di Albus Silente, è riuscito a scappare in modo rocambolesco e cerca di raccogliere seguaci per governare sugli umani. Per combatterlo Albus Silente, ovvero Jude Law, arruola il suo ex studente Newt, inconsapevole delle minacce, per rispettare il patto che Grindelwald e Silente non possano farsi male direttamente. […] Lei ha 45 anni, per più della metà passati tra cinema, teatro e televisione: un bilancio? “Solo adesso a quest’età finalmente mi riconosco per quello che sono: sono a mio agio nella mia pelle. Quando hai 20 anni, come attore, è come avanzare su un campo minato, hai sempre il terrore di saltare; a 30 anni ti domandi se sopravvivrai; a 40 cominci ad avere parti con maggiore consistenza e una reputazione, e per me improvvisamente questo è successo con The Young Pope, e per questo ringrazierò sempre Sorrentino, che non so cosa abbia visto in me. Adesso, insomma, me la sto godendo”. Sarà contento di tornare a lavorare con lui. “È diventata una vera e propria amicizia. […] Alla fine della prima stagione pensavo: dieci ore e basta, finito, la gente l’ha amato e lasciamolo così. Ma Paolo stava già elaborando un nuovo concetto per proseguire la storia. Non posso dire molto della nuova serie, se non che John Malkovich interpreta un altro papa. Lenny Belardo [Pio XIII, il papa impersonato da Law in The Young Pope – ndr] c’è ancora, ma non vi dico che gli succede né perché non è più il papa. Lenny ancora beve, fuma. Giriamo a Londra, Venezia, Roma…”» (Silvia Bizio) • Tre figli (due maschi e una femmina) dal matrimonio con l’attrice britannica Sadie Frost, conosciuta durante le riprese di Shopping nel 1994; altre due figlie da due brevi relazioni successive. Importante il rapporto con l’attrice e modella statunitense Sienna Miller (conosciuta durante le riprese di Alfie), bruscamente interrotto a causa del tradimento di Law con la tata dei bambini, e in seguito ripreso per breve tempo. Dal 2016 è sentimentalmente legato alla psicologa Phillipa Coan. «L’unico amore che ho compreso è quello per un figlio: è sconfinato, cresce dentro di me, senza alcuna domanda. […] È la parte più bella della giornata, quando li metti a letto e gli racconti una storia. A mia figlia Iris scrivevo lettere firmandomi “Fatina dei denti” e per quattro anni gliele ho lette la sera. Poi, una volta, ho visto il suo sguardo, ho capito che mi prendeva per pazzo e ho scoperto che lei, sin da subito, sapeva benissimo che la Fatina non esisteva, che ero io a recitare la parte. Non mi ha mai detto nulla per non farmi dispiacere. Credo che a volte un genitore voglia che il proprio figlio rimanga bambino il più a lungo possibile» • «Law è stato anche una delle vittime delle intercettazioni di News of the World. Ha fatto causa ed è stato risarcito (si parla di 130 mila sterline)» (Jacobbi) • Impegnato in numerose campagne umanitarie e animaliste • «Ci sono periodi in cui non voglio vedere nessuno. Non ho un rapporto compulsivo con la tecnologia. Niente Twitter o Facebook. Controllo le e-mail sul computer la notte prima di andare a dormire. Sono contento di prendermi il mio tempo e di leggermi un libro» (a Valerio Cappelli) • «Ho delle passioni, ma mi ci applico poco. Amo l’arte e la creatività. Nella mia nuova casa c’è una stanza che chiamo la sala dell’arte: sui tavoli c’è argilla per fare sculture, vernici per dipingere, mucchi di giornali per cercare l’ispirazione. Da ragazzo mi dedicavo molto a queste arti, più che alla recitazione. E ho sempre voluto imparare a suonare uno strumento musicale. Ho iniziato tantissime volte, ho preso lezioni, poi mi chiamavano per un film e abbandonavo tutto. Forse mi manca la giusta determinazione. Un giorno mi piacerebbe diventare un pianista di buon livello». «Jude Law trova anche il tempo per scrivere. Una passione che non sbandiera, come se fosse prematuro parlarne: “Ho scritto della roba, sì. Roba che per ora tengo per me. Assolutamente non è un’autobiografia: trovo molto presuntuoso e vanesio scrivere la propria storia. Non voglio che la gente sappia cose private su di me: possono tirare a indovinare, ma non sarò io a raccontargliele”» (Laura Laurenzi) • «C’è un certo “dualismo” in Mister Law. Un po’ bellimbusto, sfrontato, simpatica canaglia. Un po’ pater familias maturo, carico di responsabilità verso i figli. […] Inevitabile chiedergli come riesca a conciliare questi opposti. “Non ho la più pallida idea di come vendere me stesso come sex symbol: non è così che sono programmato”, dice. “Niente conta quanto essere padre. Da quando ho avuto il primogenito, a 24 anni, ho capito che tutto sarebbe ruotato attorno ai figli, ogni pensiero, ogni scelta, tutto il mio amore incondizionato che cresce ogni giorno e non smette di crescere. E oggi posso dire che i miei ragazzi rappresentano la mia più grande fonte di gioia e riflettono ciò che oggi sono. È come se avessero idealmente tracciato una linea di demarcazione fra un ‘prima’ e un ‘dopo’: il momento da cui ha avuto inizio la mia onestà”» (Laurenzi) • «Jean-Jacques Annaud, che l’ha diretto in Il nemico alle porte, l’aveva detto: “Jude ha occhi magnetici. Sembrano quelli di un gatto quando ti fissano nel buio della notte abbagliati dai fari”» (Lamberti Zanardi). «Nel suo sguardo Spielberg vide “un fuoco terribile, che infiamma quegli occhi verde elettrico”. […] La sua bellezza, agli inizi così ambigua che quando andò in tournée teatrale fu messo a dormire nel dormitorio femminile, l’ha plasmata secondo le proprie ambizioni» (Cappa). «Quando Jude sfondò a Broadway nel 1995 con Indiscretions, […] Vanity Fair Usa scrisse che “la sua scena di nudo aveva incrementato l’uso del binocolo”» (Krista Smith) • «Ho passato i miei venti e trent’anni a combattere contro me stesso: mi dava fastidio essere considerato una faccia carina, perché lo vedevo come un limite al giudizio sul mio lavoro. Adesso, dopo i quaranta, quando la bellezza comincia a scomparire, i complimenti fanno piacere». «Se un attore è più o meno attraente, alla fine verrà giudicato per la bravura. Anche ammettendo che l’etichetta di "bello" possa portare con sé delle controindicazioni, insistere per affrontare ruoli sempre diversi è la via d’uscita» (a Matteo Persivale) • «Prova mai nostalgia per il passato? "Sì, per gli anni Settanta, quando ero bambino. Si viveva nel presente, senza pretese. Non ho, invece, un bel ricordo degli anni Ottanta, troppo patinati, un glamour finto basato sull’apparenza. Non ci si domandava chi siamo, ma chi potremmo essere". […] Vorrebbe diventare regista? "Ci penso e ci ripenso: un po’ mi spaventa l’idea di assumermi troppe responsabilità, un po’ ricordo una cosa che mi ha raccontato Mike Nichols. Una volta era su un set e stava dando un’intervista quando lo scenografo lo interruppe per chiedergli qualcosa a proposito di due cuscini quasi identici: vuoi questo o questo? Lui senza esitare ne indicò uno. Il giornalista si complimentò per la velocità, Nichols rispose: ‘Posso sempre cambiare idea: sono il regista’"» (Jacobbi). «Vengo dal sud-est di Londra: riuscire a recitare in un teatro della capitale era il mio sogno. Il cinema non è mai stato tra i miei obiettivi. Ci sono finito per caso: non lo disprezzo ma non lo mitizzo. A me interessa calarmi con freschezza e passione dentro un personaggio. […] Non ho mai programmato la mia carriera. Continuo a fare teatro. […] Ogni film riflette la visione del suo autore. Un attore ha il compito di assecondarla mettendoci il suo corpo e la sua faccia, ma facendo in maniera che a vivere sia prima di tutto il personaggio. È inevitabile, comunque, che, nonostante i miei sforzi, brandelli di me stesso restino attaccati ai ruoli che interpreto» (a Simonetta Robiony). «È raro che mi capiti di rivedere i miei film. Li vedo alle première e basta, in genere. Ci sono pellicole che rifarei diversamente, ma quando ho iniziato lavoravo d’istinto, non ero bravo a seguire le indicazioni del regista. Poi ho capito che la parte più bella di questo mestiere è proprio l’opportunità di imparare qualcosa di un mondo sconosciuto: è un viaggio di conoscenza continuo».