Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  dicembre 28 Venerdì calendario

Perché solo i maschi diventano balbuzienti

Durante le feste di Natale è stato riproposto in tv il bellissimo film di Tom Hooper ?Il discorso del re?, nel quale il protagonista, il principe Bertie, interpretato da Colin Firth, si ritrova catapultato sul trono inglese con il nome di Giorgio VI, dopo che suo fratello Edoardo VII aveva abdicato per sposare la divorziata Wallis Simpson, ed il nuovo monarca, che doveva parlare in pubblico e guidare la nazione durante la seconda guerra mondiale alle porte, aveva un grosso problema: era balbuziente, un disturbo che affligge il 5% della popolazione mondiale. La balbuzie è un difetto esclusivamente maschile, non è classificato come una patologia, ma come un disturbo del linguaggio che non riesce ad essere fluente, che è interrotto da involontarie ripetizioni e prolungamenti di sillabe, parole e suoni vocali, con frequenti pause o blocchi dei concetti che si vogliono esprimere, e che invece mentalmente sono fluidi e non subiscono alcun intoppo. In medicina viene definito “disinfluenza verbale”, ovvero una disartria funzionale sovente causa di impatto psicologico negativo sia in chi ne è portatore che in chi ascolta, perché la balbuzie può complicare la vita del soggetto colpito in ogni ambito, dallo scolastico, al sociale, a quello lavorativo e interpersonale. Il balbuziente ha un disordine evolutivo che comincia nella prima infanzia, quando il bambino inizia a parlare, ed il primo manifestarsi della balbuzie avviene in media attorno ai 30 mesi, per poi continuare nell’età adulta in almeno il 25% dei soggetti che ne sono affetti. La maggior parte dei bambini è inconsapevole delle interruzioni che incorrono nei loro discorsi, e molti genitori attribuiscono questo difetto ad una normale evoluzione nell’apprendimento del linguaggio, anche perché in una prima fase la disinfluenza può essere occasionale, e periodi di balbuzie sono seguiti da periodi di relativa fluenza.

PAURE DEL BAMBINO
Spesso le raccomandazioni genitoriali a parlare lentamente, a respirare o ripetere per intera la parola interrotta, possono accrescere l’ansia e la paura del bambino, aumentando la difficoltà di parola e il timore di balbettare, finché il piccolo paziente ne diviene cosciente e si identifica egli stesso come “balbuziente”, sviluppando frustrazione, imbarazzo e vergogna. Nel sesso femminile la balbuzie è un fenomeno quasi inesistente, per cui si è avvalorata l’idea che tale difetto abbia una base genetica, ma studi sulle adozioni e sui gemelli evidenziano il contrario, poiché i fattori genetici interagiscono con quelli ambientali, ed una percentuale che sfiora il 60% non ha una storia familiare del disordine. Inoltre l’ipotesi genetica non regge di fronte al fatto evidente che il balbuziente, quando è solo, nel chiuso della sua stanza, non sottoposto a giudizio esterno, parla correttamente senza alcuna difficoltà di linguaggio, il che fa pensare che l’elemento relazionale abbia una base maggiore. I fattori congeniti invece possono avere un ruolo importante, e sono quelli che includono un trauma fisico alla nascita, compreso un danno cerebrale, un ritardo del primo respiro, o situazioni stressanti non elaborate, come la nascita di un fratello, un trasferimento traumatico o una improvvisa crescita di diversità o abilità linguistiche. La balbuzie ha un ampio spettro di gravità, che va da una difficoltà appena percettibile, un disordine considerato più che altro estetico, ad una sintomatologia più grave che in alcuni casi può effettivamente impedire la maggior parte della comunicazione verbale, ed i fattori che la influenzano più negativamente sono la mancanza di sonno, gli eventi traumatici e situazioni familiari di disagio. La causa della balbuzie è tuttora sconosciuta, e pur essendo riconosciute alcune origini neurofisiologiche, non esiste una cura univoca per questo disordine verbale. La complicanza più frequente di questo disturbo è soprattutto psicologica, perché il bambino balbuziente è sovente bersaglio di fenomeni di bullismo, in quanto non in grado di difendersi verbalmente, e può sviluppare aggressività fisica, cosa che appesantisce la situazione di sofferenza che lo stesso disturbo causa nei soggetti colpiti, i quali vengono ritenuti non in grado di trasformare pensieri e parole in suoni vocali fluenti perché considerati erroneamente non normali clinicamente. Il balbuziente spesso evita di pronunciare specifiche vocali o consonanti nella paura di essere colto da balbuzie durante situazioni sociali, un isolamento auto imposto che spesso sviluppa ansia, vergogna o senso di perdita di controllo durante un discorso, sottoponendosi a forte stress ed operando una continua sostituzione e riorganizzazione lessicale nel tentativo di sbagliare pronuncia.

SINTOMO D’ANSIA
La balbuzie infatti, è spesso vista come un sintomo di ansia, ma non è l’ansia a causare la dislalia ma viceversa, soprattutto se si manifesta in contesti sociali che il balbuziente ritiene inappropriati, quando il picco d’ansia è istantaneo e porta l’interlocutore a confondere l’effetto con la causa. Quindi non è l’ansia, la depressione, la scarsa autostima, il nervosismo o lo stress a predisporre o causare la balbuzie, ma sono tutti fattori che aggravano un problema già esistente e depositato, che comunque favoriscono un circolo vizioso definito “la sindrome del balbuziente”, descritta magistralmente nel film succitato. La curiosità scientifica è che chi balbetta in pubblico o al telefono, quando parla all’unisono con altre persone, quando imita il parlare di altri, quando sussurra, canta o recita, o quando parla con gli animali o con i bambini piccoli, il suo linguaggio è fluente, senza blocchi, prolungamenti o ripetizioni, mentre è accertato che questo difetto ha una forte correlazione con la carenza di sonno, e tanto minori sono le ore di riposo, tanto maggiore sarà l’incidenza del manifestarsi della balbuzie il giorno seguente. La balbuzie non è soltanto congenita, perché può intervenire anche in un soggetto adulto in seguito ad una esperienza traumatica come un lutto, un accidente fisico o psicologico, o un danno cerebrale, e comunque quella congenita ha una buona prognosi, poiché circa il 65% dei balbuzienti in età scolare recupera la fluenza spontaneamente nei primi due anni, ed il 74% durante l’adolescenza. Per i balbuzienti adulti invece non esiste una cura, tranne un nuovo farmaco, il pagoclone, un ansiolitico attualmente non in vendita in Italia, anche se l’efficacia degli psicofarmaci ha sempre dato risultati insoddisfacenti, poiché utili solo ad abbassare il livello di ansia e frustrazione. L’obiettivo delle terapie logopediche infatti, non è quello di eliminare la disinfluenza, bensì quello di modificarla, in modo tale che l’atto del balbettare risulti meno faticoso, fino a portare questi pazienti al balbettio moderato ed accettabile. Esistono trattamenti comportamentali, di logopedia o protesici che forniscono un limitato sollievo, ma siccome la cura non esiste, la qualità di vita dei disinfluenti può essere migliorata ma non guarita mai completamente. Nella storia il più famoso balbuziente è stato il Primo Ministro Winston Churchill, che era nato e cresciuto con la balbuzie, anche se, nonostante questo handicap, è diventato uno dei più grandi oratori di tutti i tempi, a dimostrazione che a volte una leggera e non sgraziata balbuzie, o qualche impedimento della parola, sono di aiuto per catturare l’attenzione del pubblico.