il Giornale, 28 dicembre 2018
Leggiamo poco e stampiamo troppo
Che lo stato di salute del libro e della lettura in Italia non sia buono, diciamo così, lo si intuisce senza bisogno di dati, report, dossier. Che però sono utili per capire quanto poco sia buono. Risposta: molto. Ieri è stato pubblicato il rapporto Istat La produzione e la lettura di libri in Italia da cui si posso trarre cifre interessanti. Tipo: nel 2017 il 41% degli italiani sopra i 6 anni ha letto almeno un libro (23 milioni e mezzo di persone), che vuol dire: il 59% non ne ha letto neppure uno. Beh, però... E non staremo a sottilizzare sul fatto che spesso quell’«uno» sono le ricette di Suor Germana, o l’autobiografia di un calciatore, o di una showgirl, o un giallo da autogrill (ma va bene così). Oppure: che in Italia ci sono 1.459 editori, ma che l’80% dei titoli sul mercato e il 90% delle copie stampate escono dai grandi editori, cioè il 15% degli «operatori attivi nel settore», di cui la metà, più o meno, sono a Milano. O anche: che i titoli pubblicati (siamo attorno ai 62mila all’anno, per 130 milioni di copie stampate, circa) sono aumentati rispetto all’anno scorso (addirittura del 9,3%!), ed è curioso in un Paese in cui si legge così poco. I cosiddetti «lettori forti», cioè quelli che leggono almeno 12 libri all’anno, uno al mese, sono meno del 14%. Per altro, da un sondaggio dell’Istat sui motivi per cui le persone non leggono, il prezzo dei libri non c’entra: non si legge per noia, mancanza di passione per la lettura, poco tempo libero a disposizione e preferenza per altre forme di intrattenimento. Ma leggendo il rapporto dell’Istat si scopre anche – incredibilmente per chi non è del settore – che nel 2017 è rimasta invenduta oltre la metà dei titoli pubblicati. Cioè, gli editori stampano moltissimo, pur sapendo di non vendere, per due motivi: per ricevere gli anticipi dalle librerie (su libri che non sono stati ancora venduti); e per sperare, nella massa, di imbroccare il bestseller. Tutto il resto, va al macero. Ah, fra gli altri elementi interessanti c’è anche il fatto che nonostante per anni si sia parlato così tanto di ebook (e di morte del libro di carta), il libro digitale non si schioda da uno scarso 5% di quota di mercato. E alla fine si usa l’ebook solo per i manuali, testi professionali e poco altro; e comunque i maggiori fruitori sono gli anziani con problemi di vista, non i nativi digitali.
Conclusioni. In Italia si legge sempre meno, e probabilmente anche peggio. I conti economici, tolto un ristrettissimo numero di grandi editori, vanno male per tutti. Si accusa la scuola di non fare abbastanza; Comuni e Regioni fanno fatica a stanziare soldi per iniziative di promozione della lettura. E poi ci sono gli editori che affossano il Salone del libro di Milano (dove ci sono più marchi e potenziali lettori) per mantenere integra l’egemonia culturale torinese. Non male, tutto sommato.