Il Sole 24 Ore, 27 dicembre 2018
La Lega al 30% toglie voti al M5s
La Lega Nord è oggi il maggior partito italiano. Non è una novità. Sono mesi che tutti i sondaggi registrano questo risultato. Le percentuali cambiano da sondaggio a sondaggio e tra i vari istituti demoscopici ma sono variazioni marginali.
Nel sondaggio Cise che presentiamo qui la stima delle intenzioni di voto per la Lega è 30,6 per cento contro il 27,1 per cento a favore del M5s. Il trend è chiaro. Quello che non è chiaro a molti è che i sondaggi stimano la forza di una Lega che non esiste. La Lega Nazionale, l’obiettivo finale della strategia di Salvini, non c’è ancora. Esiste sì una Lega per Salvini premier, ma è ancora un partito largamente fittizio. Il partito vero, di cui Salvini è segretario, è ancora la vecchia Lega Nord. Ma per gli elettori italiani questo è un dettaglio. La realtà è quella che si percepisce come tale. Nell’immaginario collettivo la nuova Lega è già nata. Ed è ciò che conta, non quello che dice lo statuto. Anche in questo sta l’abilità di Salvini: far credere che quello che ancora deve nascere sia già nato. I dati gli danno ragione.
I flussi elettorali
La nuova Lega è il prodotto di una espansione territoriale che non ha precedenti nella storia dei partiti politici moderni. Il partito secessionista-federalista di Bossi è diventato un partito nazionalista e nazionale – senza cambiare formalmente la sua missione originale – espandendosi al di sotto del Po. Prima nelle regioni confinanti, quelle del Centro-Nord. Ora anche in quelle del Sud. Il diagramma di Sankey che presentiamo qui mostra, attraverso l’analisi dei flussi elettorali, la seconda fase di questa espansione. Quella avvenuta dopo le elezioni del 4 Marzo e che ha portato la Lega dal 17% di allora al 30 e passa per cento di oggi. A sinistra sono riportati i voti presi alle politiche, a destra le intenzioni di voto rilevate dal sondaggio Cise. Le diverse bande, colorate in base al bacino di provenienza alle politiche, mostrano gli spostamenti di voto dalle politiche a oggi. L’altezza di ciascuna banda misura l’entità dei flussi. Più spessa la banda, maggiori gli spostamenti di voto. La stima è fatta sul totale degli elettori, e non sul totale dei voti validi, per tener conto dei movimenti da e verso l’astensione.
Il diagramma mostra chiaramente i due fattori alla base del successo della Lega. Il primo è la fedeltà dei suoi elettori. L’88 per cento di coloro che hanno votato Lega alle elezioni la rivoterebbe oggi. È il tasso più alto tra tutti i partiti. Oltre ad essere il più bravo a conservare i suoi vecchi elettori, elemento tipico di un partito in ascesa, Salvini beneficia anche di significativi flussi in entrata da tre diverse direzioni. Innanzitutto, prosegue la già ben avviata Opa sul centrodestra, o su quello che ne è rimasto: Forza Italia e Fratelli d’Italia trattengono poco più di un elettore su due e ne cedono uno su quattro alla Lega. In secondo luogo, si nota un rilevante ingresso dal M5S. Di Maio infatti riesce a trattenere solo due elettori su tre, con il restante terzo che si astiene (14 per cento), sceglie la Lega (12 per cento), o va verso altri lidi. Infine, Salvini riesce a pescare anche dentro il bacino dell’astensione: quasi un astenuto su dieci tornerebbe alle urne per votarlo. Guardando questi dati da un altro punto di vista si può dire che, fatti 100 gli attuali elettori leghisti, il 58 per cento sono “vecchi” e il 42 per cento sono nuovi. Questi ultimi vengono per il 16 per cento dal centro-destra, per il 12 per cento dal M5s e per l’11 per cento dall’astensione. Pochi dal Pd.
Il nuovo spazio della politica
La Lega non è solo il maggior partito ma è anche quello che occupa la posizione più centrale nel nuovo spazio della politica italiana. È quanto emerge utilizzando i dati relativi alla propensione al voto. Questo indicatore viene ricavato chiedendo all’intervistato quanto è probabile che in futuro possa votare per un dato partito su una scala da 0 a 10, dove 0 significa “per niente probabile” e 10 significa “molto probabile”. Si tratta di una domanda utile per due motivi. Da una parte permette di intercettare gli orientamenti dell’intero campione, dal momento che la quasi totalità degli intervistati accetta di rispondere a questa domanda mentre sono molto meno quelli che rispondono alla domanda sull’intenzione di voto. In secondo luogo la propensione al voto permette di identificare – selezionando chi dà a un partito un punteggio pari o superiore a sette – il potenziale elettorale del partito, cioè la sua possibilità di espandersi ulteriormente. Va da sé che si tratta di un dato particolarmente utile in una fase di transizione come quella attuale.
L’uso di questo indicatore è alla base dei diagrammi di Venn relativi ai principali partiti italiani che si vedono in pagina. Ciascuna circonferenza rappresenta il bacino elettorale potenziale di un partito. Più grande è la porzione del campione che ha espresso una propensione al voto per un partito pari ad almeno sette, più grande è la sua circonferenza. Le aree di sovrapposizione fra i cerchi rappresentano la quota di elettori potenziali “in comune” fra due o più partiti (ossia quegli elettori che esprimono una propensione al voto pari o superiore a sette per i partiti in questione). Ai cinque principali partiti italiani abbiamo aggiunto anche un possibile nuovo partito guidato da Matteo Renzi.
Il grafico delinea il nuovo spazio della politica italiana, la grandezza dei bacini potenziali dei diversi partiti e la loro maggiore o minore sovrapponibilità oltre alla loro centralità-marginalità. Come si vede, il centro del sistema è chiaramente occupato dalla Lega. Non solo il suo bacino elettorale potenziale è il più alto in assoluto (31 per cento), ma è anche quello che si sovrappone di più a quello degli altri partiti. Non sorprende la sovrapposizione con Forza Italia e FdI. Sorprende invece quella molto estesa con il M5S. In parole povere i due partiti al governo si contendono una fetta importante di elettori. Sono tanti quelli propensi a votare l’uno o l’altro a seconda delle circostanze. Come abbiamo visto precedentemente una parte degli elettori pentastellati si è già spostata verso la Lega. Altri potrebbero seguire. Ma potrebbe anche accadere il contrario. Anche se questa ipotesi appare oggi molto meno plausibile. La sopravvivenza del governo dipenderà anche dalla capacità dei due alleati-rivali di gestire la competizione per il loro elettorato in comune.
Il Pd e il partito di Renzi
Quanto al Pd e a Renzi il quadro delineato dal nostro sondaggio presenta luci e ombre. Il Pd è diventato un partito periferico e questo non è certamente un fatto positivo, ma quello che resta del suo elettorato si sovrappone molto poco a quello degli altri partiti. Ha perso tanti elettori, ma quelli che sono rimasti rappresentano uno zoccolo duro su cui può contare per rilanciarsi, se ne sarà capace. Chi voleva andarsene se n’è andato. L’emorragia sembra che per ora si sia arrestata. È una magra consolazione, ma è una condizione migliore in ogni caso di quella dei socialisti francesi, tanto per fare un esempio. Su Renzi abbiamo già scritto in altra occasione (vedi questo giornale 11 dicembre). Questi dati sono una sostanziale conferma di cose già dette. Il suo partito pescherebbe in larga misura nel bacino elettorale del Pd e qualcosa in quello di Forza Italia. Non è una prospettiva incoraggiante. Ma stiamo ragionando a bocce ferme. In questa fase tutto scorre.