il Fatto Quotidiano, 24 dicembre 2018
Dai narcos ai nazisti: i ricercati imprendibili
Vita da fuggiasco o da contumace. Condannati in patria ma protetti in altri Paesi. E poi ricercati e latitanti, primule rosse dei narcos, mujahed del jihad simili a fantasmi, hacker internazionali, personaggi da spy story, e ancora terroristi interni, bombaroli e animalisti, vecchi gerarchi del nazismo. Le liste sono tante, i nomi pure. Storie una dopo l’altra. Foto segnaletiche inserite nei database dell’Fbi, dell’Europol, della Dea americana, dell’Interpol. Tutti ufficialmente: most wanted. Ultimo caso quello di Cesare Battisti, fiche rossa per lui da parte dell’Interpol, allerta massima, formalmente latitante per la polizia di mezzo mondo, e per quella brasiliana prima di tutto. Negli anni Settanta stava nei Pac, Proletari armati per il comunismo. E come membro di quella formazione commise quattro omicidi, due materialmente e altri due in concorso: quello del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, quello del gioielliere Pierluigi Torreggiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nell’Msi: uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre; e quello dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978. I giudici condannano, lui si dichiara innocente. Ma fugge. Approdo finale Brasile. Protetto, ma fino a pochi giorni fa. Jair Bolsonaro prima di essere eletto presidente aveva promesso e il Tribunale federale, ora, ordina l’arresto per il pericolo di fuga. Estradizione verso l’Italia più vicina, ma Battisti si rimette in fuga. Forse in Bolivia, forse altrove.
Anni di Piombo che ritornano. Non solo Battisti. Decine i nomi inseriti nella lista dei cosiddetti ricercandi. Allo stato circa una trentina coloro che salirono sul palcoscenico insanguinato della lotta armata e pur condannati non hanno espiato la loro condanna. Italiani e quasi tutto sul fronte “rosso”. Alvaro Lojacono, ad esempio, 63 anni, killer delle Br, cecchino infallibile, condannato per la strage di via Fani (5 morti) quando fu rapito il presidente della Dc Aldo Moro, era il 16 marzo 1978. Ma anche per l’assassinio dello studente di destra Miki Mantakis. Figlio dell’economista del Pci Giuseppe Lojacono, oggi vive in Svizzera. È ufficialmente cittadino elvetico e ha preso il cognome della madre Ornella Baragiola. Come lui per l’eccidio di via Fani è stato condannato Alessio Casimirri, altro ex brigatista che vive in Nicaragua, ed è sostanzialmente cittadino di quel Paese avendo sposato una donna del posto. Oggi per lui niente più lotta armata, ma un paio di ristoranti noti da gestire a Managua. In Italia è stato condannato all’ergastolo. Vecchie e nuove Brigate rosse. A far da ponte due primule “rosa” come Simonetta Giorgieri e Carla Vendetti. Secondo le indagini sono legate alle Br-Pcc, nuovo fronte brigatista che uccise il giuslavorista Marco Biagi (2002) e il giurista Massimo D’Antona (1999). Entrambe si trovano in Francia. C’è chi fugge e c’è chi viene dichiarato “assente”. È il caso, incredibile, di Maurizio Baldasseroni da San Donato Milanese. Nel 1978 entra in Prima linea grazie a Oscar Tagliaferri. In via Adige a Milano uccide tre persone per le loro simpatie di destra. Fucili a canne mozze caricati con pallettoni per la caccia al cinghiale. Poi fugge in Sudamerica. Nel 2013 un nipote chiede alla giustizia italiana di dichiararne la “morte presunta” per poter vendere un appartamento a Milano. Il Tribunale respinge la domanda. Baldasseroni è un fantasma.
Italia e non solo. Terrorismo non di casa nostra, ma internazionale, con fiche islamica. Nella lista del Federal bureau of investigation (Fbi) sono 44 i nomi iscritti come i maggior ricercati. Non manca, naturalmente, il capo di Daesh (o Isis) Abu Bakr al Baghdadi. Nella lista nomi meno mediatici, ma altrettanto interessanti come Abu Muhammad al Julani, più famoso come “lo sceicco conquistatore”. Il suo volto è poco noto, di abitudine si mostra con il viso coperto anche davanti ai suoi combattenti. Un’abitudine mutuata da al Qaeda in Iraq (Aqi). Da qui i suoi legami con Abu Musab al-Zarqawi, fondatore di Aqi, e vero predecessore del Califfato. Lo sceicco dopo un periodo di detenzione a camp Bucca in Kuwait (vera palestra del nuovo jihad) tornerà in Siria. Mokhtar Belmokhtar lo chiamano invece il guercio o Marlboro man. Su di lui una taglia da 5 milioni di dollari. Tra i primi nelle liste di tutte le intelligence. Algerino, già compagno di battaglia di Osam bin Laden in Afghanistan. Nasce predone e tale resta. Più simile a un boss mafioso, mette gli affari davanti a tutto. Ma è il fondatore di Aqim, ovvero la saldatura di al Qaeda con il Marghreb islamico. Gira il Sahara a bordo di un pick up, scortato dai suoi miliziani. Dopo i principi neri del jihad, gli Stati uniti temono i cosiddetti eco-terroristi. Daniel Andreas San Diego, californiano classe ’78 è il primo nella lista dei dieci most wanted dell’Fbi. Una lista che fu ideata negli anni Cinquanta dal leggendario capo del Bureau J. Edgar Hoover. Andreas, figlio di un manager di San Francisco, buoni studi, presto diventa vegetariano, poi vegano. Le lotte animaliste diventano il suo mantra. Mentre lavora nella cittadina di Shelville prepara il suo primo attacco. Ha 25 anni e due pip bomb esplodono alla Chiron Corporation, una società di biotecnologie con sede a Emeryville, in California. Il secondo ordigno doveva esplodere in ritardo per colpire le forze dell’ordine intervenute. È il 28 agosto 2003.
Un mese dopo si replica, ordigni simili ma imbottiti di chiodi per moltiplicare gli effetti. Nel mirino la Shakleee Corporation. Entrambe le azioni vengono rivendicate dalla Brigata di liberazione degli animali. Ma la caccia continua. Sul fronte narcos, in prima linea la Drug enforcment agency (Dea). Qui tra i dieci most wanted spiccano certamente due nomi, entrambi legati ai cartelli messicani.
Su tutti El Mayo, al secolo Ismael Zambada Garcia. Data di nascita incerta, probabilmente il 1948. El Mayo si forma all’interno del cartello di Guadalajara. Assieme a El Chapo crea il cartello di Sinaloa. Vive con un profilo basso, e riesce a gestire buona parte della droga che dalla Colombia arriva negli Usa e in Canada. Uno dei suoi tre figli recentemente si è dato pentito in cambio di protezione. Subito dopo El Mayo, c’è Rafael Caro Quintero, a capo della più grande lavanderia al mondo di narcodollari. Il re dell’eroina è invece We Hseuh-Kang, boss del Myammar, 63 anni, a capo della Wa State Army, cartello che gestisce la brown sugar del Triangolo d’oro. Ai suoi ordini circa 30mila uomini. La Dea gli dà la caccia dal 1990 e su di lui ha posto una taglia da 5milioni di dollari.
Le liste internazionali, in particolare quella dell’Fbi tengono nel mirino anche i cosiddetti “criminali informatici”. Attualmente sono 63 i nomi su cui si concentra l’intelligence americana. Nella lista sono finiti così i sette hacker russi accusati di cyber-attacchi all’Occidente. Tutti avrebbero fatto parte di un’agenzia d’intelligence militare e avrebbero coordinato, attraverso furti di dati e riciclaggio di denaro, attività di spionaggio nei confronti di strutture inquirenti che indagavano sul sistema di doping messo in piedi dal governo di Putin per far brillare i propri atleti alle Olimpiadi invernali di Sochi del 2014. In fatto di cyber attacchi, il più ricercato da parte dell’Fbi è la spia nord coreana Park Jin Hek. Su di lui gli 007 hanno recentemente messo a punto un dossier di 179 pagine. L’agente al servizio di Kim Jong-un è stato addestrato alla cyber guerra e secondo gli analisti, attraverso l’uso di phishing e malaware, avrebbe danneggiato l’economia mondiale, infiltrandosi anche nel Servizio sanitario britannico. Nel 2014 ha attaccato per conto del regime il colosso della Sony che produceva un film satirico sull’omicidio dello stesso Kim Jong-nu. C’è, poi, Ahmed Al Agha nato nel 1994 a Damasco in Siria, conosciuto in Rete con il nome di Th3 Pro. È ricercato dagli Stati Uniti perché accusato di far parte della Syrian Electronic Army, una sorta di cyber Spectre che opera per conto del regime di Assad. Spie in carne ed ossa sono, invece, quelle ricercate dall’Europol per il tentato omicidio dell’ex 007 russo Sergei Skripal e di sua figlia. Azione avvenuta il 4 marzo scorso a Salisbury in Inghilterra attraverso l’uso di Novichok, agente nervino sviluppato negli anni ’90. I due ricercati sono entrambi cittadini russi. E nella lista compaiono coi loro nomi trovati sui documenti: Yevgenievich Petrov e Ruslan Timurovich Boshirov. L’identità resta incerta. Anche per questo le notizie rilanciate dai quotidiani inglesi di una loro presenza a Milano prima dell’azione non sono state confermate dalla nostra intelligence.
Non solo il presente. Le liste riguardano anche il passato. Ogni anno il centro Simon Wiesenthal stila un elenco dei criminali nazisti ancora a piede libero. Alcuni condannati in Italia, vivono tranquillamente in Germania. Per loro nessuna estradizione. Tra questi oltre a Johann Riss, sergente dell’esercito tedesco condannato per l’eccidio di 174 persone a Padule di Fucecchio in Toscana il 23 agosto 1944, c’è Gerhard Sommer condannato in due gradi di giudizio per la morte di 560 persone a Sant’Anna di Stazzema. Fu processato assieme ad altri nove. Oggi ha 97 anni e vive in Germania, dove i tribunali locali lo hanno dichiarato non processabile.