Corriere della Sera, 23 dicembre 2018
Intervista a Matteo Berrettini, il nuovo del tennis che avanza
C’è sempre una terza via nella vita. Quella del tennis italiano, al di là di Fabio Fognini (braccio d’oro ma lo ami o lo odi) e Marco Cecchinato (splendido semifinalista a sorpresa al Roland Garros con un passato non limpido da scommettitore), si chiama Matteo Berrettini. Classe ‘96, romano del Nuovo Salario (insana passione per la pasta alla gricia), allievo dell’ottimo Vincenzo Santopadre (l’ex n.100 del mondo che come scuola avviamento alla professione gli ha fatto vedere tutti i film di Quentin Tarantino), prototipo del tennista moderno (1,96 per 86 kg, gran servizio e dritto di sfondamento), Berretto ha smesso di girare in camper per tornei con mamma, papà e il fratello Jacopo. «Si chiude un anno fondamentale – conferma —. Ora l’asticella si alza». A Gstaad, lo scorso luglio, ha conquistato il primo titolo Atp della carriera. A Doha, a Capodanno, ripartirà da n.54 del ranking verso l’Australia, la Davis in India, un futuro annunciato da top-10 nell’era di Zverev e Tsitsipas, quando i dinosauri (Federer, Nadal) si saranno, ahinoi, estinti.
Matteo che anno sarà?
«Io sono un tipo ambizioso, che pretende molto da se stesso, ma a 22 anni sono ancora giovane e ho molte cose su cui lavorare. Nel 2018 l’obiettivo è stato giocare più tornei Atp possibile: raggiunto. L’anno prossimo dovrò trovare la continuità».
Buoni propositi?
«Diventare titolare in Davis e portare l’Italia alle finali di Madrid. Migliorare i risultati negli Slam e a Roma, dove a maggio ho perso da Zverev lottando. So quello che mi aspetta: vorrei farmi trovare pronto».
Quando le pronosticano un futuro da top ten fa gli scongiuri o ci crede?
«Mi fa piacere che si intravvedano talenti in me ma porsi oggi l’obiettivo dei migliori dieci sarebbe follia: se tutto andrà come deve andare, ne riparliamo più avanti».
Perché il calcio non l’ha mai attirata?
«Ho fatto judo e nuoto, poi mio fratello minore Jacopo ha iniziato a insistere: vieni alla scuola tennis con me. Coach Santopadre mi ha aiutato a crescere senza pormi traguardi assurdi e, piano piano, mi sono accorto che valeva la pena insistere».
Un romano né romanista né laziale. Parliamone.
«Il mio nonno paterno, Piero, era di Firenze. Papà è cresciuto tifando Fiorentina e ha passato il virus a noi figli».
Quando ha incontrato Totti all’Aniene gliel’ha detto?
«Noooo! La verità è che mi diverto di più con il calcetto ma una leggenda la so riconoscere. Totti ma non solo: mi è capitato di palleggiare accanto a Dino Zoff. Mito assoluto».
Con quali idoli è cresciuto?
Futuro da top-10
Si chiude un anno fondamentale, l’asticella si alza: punto alla Davis e a migliorarmi negli Slam
«Federer, naturalmente, e Lebron James. Sono un lebroniano della prima ora: ho ancora il suo poster in camera».
A casa, ehm, di papà Luca.
«Eh sì, vivo ancora con i miei... Mio padre ha creato la Rome Tennis Academy in zona Bel Poggio (inaugurata ieri da Giovanni Malagò, ndr), dove mi alleno. Mamma ha un negozio di sigarette elettroniche. Mettere su casa da solo è un progetto, spero a breve».
Suo fratello Jacopo è tra i migliori Next Gen italiani. Chi vince tra voi due?
«Io, non so ancora per quanto! Diciamo che se qualcuno deve proprio battermi, meglio che sia Jacopo».
E alla Playstation?
«Ah, lì da bambini non era infrequente che si venisse alle mani!».
Cosa ha imparato all’Università dell’Atp, recentemente frequentata?
«Tre giorni di corsi a Londra, durante l’ultimo Master. Ci hanno spiegato le regole dell’antidoping e come gestire le interviste...».
Quindi mi sta usando come cavia?
«Ma ho già sbagliato: avrei dovuto chiedere prima le domande, invece mi sono fidato».
Grazie. Lendl tra i docenti.
«Gli ho chiesto un consiglio. Divertiti, mi ha detto, e non perdere mai la passione».
I miti Totti e Zoff
Sono romano ma tifo Fiorentina. All’Aniene mi alleno accanto a Totti e Zoff, due monumenti
Auguri Matteo. Prometta, qui e ora, che non prenderà mai l’orribile vizio italico (assai diffuso) delle bestemmie in campo.
«Prometto subito: mia nonna Lucia, brasiliana in Italia ormai da cinquant’anni, è una lettrice del Corriere!».