Corriere della Sera, 23 dicembre 2018
I sensi di colpa e le lacrime: Lewinsky si confessa in tv
«Certamente per Monica non è stato facile ricordare il passato. Lo si può vedere nella serie: c’è stato un momento in cui ha avuto una crisi nervosa, si è messa a piangere ed è stata costretta a interrompere l’intervista». La Monica in questione è Monica Lewinsky e a parlare è Blair Foster, regista americana (vincitrice di un Emmy per George Harrison: Living In The Material World) che ha diretto la serie The Clinton Affair a vent’anni dall’impeachment di Bill Clinton. In Italia la docu-serie – tradotta col titolo di Clinton: storia di un sexgate — andrà in onda stasera alle 21 su History Channel, per tre domeniche. Blair Foster più che rievocare tutti i fatti di allora, ha voluto dare voce a Monica Lewinsky per poter mettere in luce il suo punto di vista e la sua verità.
L’ex stagista ha descritto nei minimi dettagli come è nata e proseguita la sua relazione con l’allora Presidente degli Stati Uniti, ma ha soprattutto cercato di far capire come alla fine lei sia stata più vittima che carnefice e come la sua vita – e solo la sua, non quella di Bill Clinton – sia stata devastata da quell’evento. In un episodio della serie Monica rievoca così l’inizio della storia: «Ho visto la porta aperta e Bill era lì in piedi e mi ha fatto cenno di entrare. Senza saperlo, stavo per finire in trappola, come un coniglio. (...) Ho detto senza riflettere: ‘Ho una cotta per lei’. E lui si è messo a ridere, mi ha sorriso e mi ha chiesto se volevo andare nel retro-ufficio e ho detto ‘sì’… (..). Questa storia ha colpito la mia famiglia in modo molto pesante negli anni ed è stato uno degli aspetti per cui io mi sono sentita molto in colpa».
Allora infatti ci fu un vero tsunami sulla vita di molte persone. «Facendo ricerche per il documentario – spiega Foster —, ho scoperto che Monica venne trattata in maniera caricaturale. Per questo volevo col mio lavoro che il pubblico la giudicasse in maniera differente dal passato, che non ragionasse in modo stereotipato». Se è comprensibile che una regista abbia avuto la voglia di raccontare un evento che divise l’America e forse il mondo intero, più difficile è capire perche Monica Lewinsky abbia accettato di tornare sotto i riflettori.
Racconta la Foster: «Monica era consapevole che il ventesimo anniversario dell’impeachment avrebbe prodotto articoli e documentari. Sapeva che sarebbe stato per lei impossibile rimanere in silenzio, ma cercava il modo giusto per dire la sua. Abbiamo organizzato un incontro e lei ha capito che il nostro documentario non avrebbe avuto nulla di sensazionalistico». Blair dunque conosce Monica – che non aveva mai visto prima – e rimane colpita. «Avevo un’immagine sbagliata di lei – ammette —. Ho scoperto una persona intelligente, affascinante, con cui è piacevole discorrere, empatica e comprensiva. Per questo uno dei miei obiettivi era far conoscere la vera Monica».
Se è vero dunque che Lewinsky ha avuto tutte le garanzie del caso e che si è sentita protetta dalla Foster, è anche vero che realizzare il documentario è stato faticoso dal punto di vista emotivo e psicologico. Si è dovuta sottoporre a una sorta di intervista lunga più di 20 ore, «costretta» a non tralasciare nessun dettaglio. Per esempio quando si tocca il «capitolo» Hillary e Chelsea Clinton. Monica si sente ancora in colpa verso di loro? «Si è scusata diverse volte – replica Blair – ma prova ancora rimorso per quanto hanno dovuto sopportare la moglie e la figlia di Bill Clinton».
Alla fine come ha trovato Monica: una donna realizzata e felice? «Non so se sia felice o meno. È una donna forte, ed è stata capace di superare lo scandalo, lottando strenuamente. È una giornalista affermata, in prima linea nella lotta contro il bullismo. È diventata un modello per molte persone: un esempio di come si possa commettere un grave errore, ma anche di come si possa superarlo e costruirsi una vita di successo».