il Giornale, 23 dicembre 2018
Il nuovo missile di Erdogan può colpire fino ad Atene
S i sta trasformando in escalation la guerra di nervi che il presidente turco Erdogan ha deciso di sferrare contro l’occidente, Grecia e Cipro in primis. Non più solo sconfinamenti aerei, minacce contro i trattati e pretese sulle isole elleniche dell’Egeo orientale, ma questa volta la provocazione del nuovo missile Bora che, potenzialmente, potrebbe raggiungere Atene da suolo turco.
Lo dimostra una foto pubblicata da un sito turco che, celebrando le potenzialità della nuova arma a disposizione di Ankara, traccia una linea tra Smirne e Atene, sottolineando che distano solo 230 chilometri, quindi ampiamente alla portata del missile la cui gittata è di 280 chilometri.
Sono giorni molto caldi tra i due Paesi, alla prese con l’iperattivismo turco principalmente su due fronti: isole contese e gas a Cipro.
Il primo verte la polemica su alcuni atolli greci che Ankara continua a rivendicare perché contesta di fatto il Trattato di Losanna del 1923: «Ci sono le nostre moschee su quelle isole» è il ritornello turco con una sorta di escalation nazionalista nel Dodecanneso. La Turchia intende mutare quei confini entro cinque anni, quando nel 2023 si celebrerà il centesimo anniversario della Repubblica turca. Così i suoi caccia F16 effettuano sconfinamenti quotidiani nei cieli ellenici sopra quelle isole: lo hanno fatto provocatoriamente anche lo scorso 17 dicembre, quando tre basi nei pressi degli atolli erano state visitate dal ministro della difesa greco, il nazionalista alleato di Tsipras al governo Panos Kammenos, che non le ha mandate a dire. «Se faranno la minima mossa li schiacceremo», ha commentato.
A stretto giro anche il capo di Stato maggiore dell’esercito ellenico, Evangelos Apostolakis, ha inviato un messaggio ad Ankara: «La linea del governo di Atene è questa: se i turchi toccheranno suolo greco saranno rasi al suolo».
La replica turca non si è fatta attendere: prima la foto del missile Bora che ha alzato il livello di allerta nelle stanze del ministero della Difesa greco e anche al Pentagono, poi le parole incendiarie del ministro della Difesa turco, Hulousi Akar, che ha parlato di «sfide» nell’Egeo, nel Mediterraneo e a Cipro, affermando che «tutti dovrebbero stare lontani dalle sfide, altrimenti tutti dovrebbero sapere che il prezzo da pagare sarà pesante, questo è il consiglio che diamo ai nostri vicini».
Secondo fronte il gas a Cipro, che Nicosia, stato membro dell’Ue, ha inglobato in una più ampia strategia di sfruttamento assieme a Israele, Egitto, Grecia e Italia. Dopo le scoperte Eni di Zohr e Noor, infatti, è partita la fase due del gasdotto Eastmed che porterà il gas da Israele fino al canale di Otranto, mutando di fatto le dinamiche geopolitiche del Mediterraneo.
Erdogan, pur non avendo appigli normativi, non intende rinunciare al gas copiosamente presente a Cipro e ha a sua volta iniziato a perforare nella parte occupata, dopo che player primari come Exxon, Eni e Total si sono aggiudicati alcuni blocchi nella zona economica esclusiva di Cipro.
I colossi sono «accompagnati» nel Mediterraneo orientale dalla Sesta Flotta americana, che vigilerà sulle attività assieme alla Marina israeliana che proprio in questi giorni ha effettuato un’altra esercitazione congiunta con Cipro.
Un puzzle intricato e dalle mille variabili, dal momento che Ankara non mostra una volontà conciliatrice, anzi punta a incrementare la tensione come dimostra l’annuncio della prima centrale nucleare turca i cui lavori sono alle porte, ad Akkuyu, con la partecipazione di Rosatom.