Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  dicembre 22 Sabato calendario

Intervista a Valerio Magrelli, giustizialista

Il decreto Sicurezza redatto in versi alessandrini; la legittima difesa in italico settenario, per poi dirla col Poeta: “Caina attende chi a vita ci spense”.
Ecco Il commissario Magrelli, edizioni Einaudi.
È il libro di poesia in guerra contro la repugnante indulgenza plenaria, “dalla parte di Arianna e sempre contro il Minotauro”. Sarebbe piaciuto ad Achille Campanile.
Dal Commissario Maigret al Commissario Magrelli…
“…Tartarino di Tarascona piuttosto, la parodia!”.
Il progetto poetico di Valerio Magrelli – Accademico d’Italia – è presto detto.
Mettere in sicurezza la società, al riparo del lupo.
Salvini sarà in sollucchero.
Palazzeschi, Palazzeschi! (invoca Magrelli, per sua stessa definizione “poligrafo brancolante”).
Ecco Il commissario Magrelli che brancola nel buio.
Il brancolare del quando non si sa dove si vada a parare, mi affascina il mistero dell’incipit, quell’iniziare a scrivere per andare dove s’ignora la direzione.
E così, per come scrive Camillo Langone su Il Giornale, lei esce dai ranghi posati del perbenismo e si ritrova nel giustizialismo Law & Order, è così.
Non gliela perdono a Langone…
Ecco, rientra nella rispettabilità?
Non posso consentirgli di dare del soporifero, per come ha scritto, a Mallarmé, a Valèry… per il resto, invece, io sono sempre io: sono un elettore di Potere al Popolo, sono di sinistra, resto critico rispetto al Pd di Renzi ma ancora prima con quello di Letta. Le larghe intese generano sempre le larghe offese e questo mio libro nasce da litigate con amici carissimi che la pensano come me senza mai dirlo apertamente per poi darmi ragione di nascosto; sapesse quante ne ho fatte togliere di pagine del Commissario, qualcuna anche perché suonava ingiuriosa verso una città e non si tratta di Roma verso cui pratico ben volentieri l’offesa…
L’Italia nella sua interezza.
L’Itaglia fa rima con marmaglia!
I suoi amici comunque praticano la sapiente dissimulazione degli intellettuali italiani, Torquato Accetto docet.
C’è come un ritorno al grado zero dell’abiezione. Ma come si può consentire che vadano assolti cinque ragazzi colpevoli di stupro su una bambina che, a sua volta, s’è suicidata? In questo libro ci sono Regeni, Cucchi, i ciclisti che portano la pizza, gli oppressi, i soppressi, ci sono – possiamo dirlo, torturati? – gli studenti del G8 a Genova…
Ma non Carlo Giuliani, “ragazzo”, cui è intitolata una sala a Montecitorio. Il Commissarionon ne parla.
No, Carlo Giuliani, no. Per me è un problema. Nel mio libro non c’è.
A proposito di gialli, il genere da lei canzonato a colpi di poesia, il rivoluzionario Cesare Battisti – l’ormai ricercato dalla polizia in Brasile per riconsegnarlo all’Italia – è un celebrato autore di polizieschi nonché Minotauro, se vale il paragone…
I suoi delitti precedono l’impegno politico. La generazione delle Brigate Rosse – giustamente stroncata – come oggi i foreign fighters che seminano il terrore, sono figure dell’entusiasmo; quando andiamo a studiare il destino dei ragazzini del Risorgimento, tutti compresi in un’età tra i quattordici o i sedici anni, scopriamo che credono in qualcosa e ci meravigliamo perché oggi non riusciremmo a concepire di vedere i nostri figli, trentenni, correre dietro a un Garibaldi…
Ma è un bel vantaggio che l’ideologismo si dilegui dal nostro orizzonte, credere in quel qualcosa – Diocenescampi nel terrore – è destinarsi alla morte, è farsi Minotauro.
Certo, io poi di mio sono per la “legge del soprataglione”. Non dente per dente, piuttosto tutti i denti per un solo dente, il Commissario Magrelli se la prende perfino con Mosè, troppo blando con i castighi. Il moderatismo biblico alimenta l’ossessione che porta alla rimozione della vittima, alla cancellazione del suo volto, della sua voce, della sua storia; dell’agnello sbranato non se ne occupa nessuno, è l’ultimo anello…
Azzarderemmo una semplificazione: la vittima è il nuovo proletario.
Perfettamente d’accordo.
E il commissario Magrelli e il celerino di Pierpaolo Pasolini, in punto di poesia, s’incontrano.
Non ci avevo mai pensato e…
(E c’è un passaggio di consegne tra questi due proletari, figli di operai e di contadini, umiliati dai ricchi borghesi la cui barbagianna solennità di sepolcri imbiancati più che al mistero dell’incipit porta al solito finale: l’impunità).
Di Cesare Battisti, diceva?
È una spina.