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 2018  dicembre 22 Sabato calendario

Langfang, la città che ha paura del Natale. Divieto di luminarie e addobbi per le strade

È una delle feste occidentali più amate dai cinesi, però quest’anno il Natale non sarà celebrato in una città nel Nord della Repubblica Popolare. Nei giorni scorsi, le autorità di Langfang - non lontano dalla capitale - hanno pubblicato un avviso con cui si ordinava di rimuovere gli addobbi natalizi dai luoghi pubblici e si faceva divieto di vendere qualunque articolo correlato alle feste. Nessuna luminaria, nessuna ghirlanda, nessun Babbo Natale. Su Weibo e sugli altri social in Cina la notizia ha creato un’ondata d’ilarità, mentre i media di Pechino hanno chiarito che la mossa non punta a colpire le celebrazioni del Natale, ma «a mantenere un’ambiente urbano pulito». 
Nella nota si dice anche che nel periodo natalizio «saranno attentamente monitorate e denunciate le attività religiose in luoghi pubblici, come piazze e parchi». Secondo alcuni, la decisione delle autorità di Langfang è parte del giro di vite sulle religioni che ha portato nelle ultime settimane a raid in diverse città del Paese contro chiese protestanti. Non è però la prima volta che qualche città cinese tenta di rendere sottotono le celebrazioni del Natale. Lo scorso anno le autorità di Hengyang, nella provincia centrale dello Hunan, misero in guardia i funzionari del Partito Comunista da «cieche celebrazioni di feste straniere e dall’esser attratti da religioni occidentali». In un Paese dove la maggioranza della popolazione si dichiara atea, il Natale è soprattutto una scusa per divertirsi e alimentare i consumi. Sebbene il 25 dicembre non compaia sui calendari delle feste ufficiali della Repubblica Popolare, però con settimane d’anticipo shopping mall, negozi e hotel delle grandi città vengono decorati con addobbi e luminarie, mentre i cinesi rincorrono un selfie da postare sui social con alle spalle scintillanti alberi di Natale. 
Tutti al karaoke
I sondaggi evidenziano che a celebrare il Natale sono soprattutto i giovani della classe media urbana: molti approfittano del clima di festa per andare a cena fuori con gli amici, al cinema, a ballare nei locali o al Ktv, il karaoke. «È tutto così romantico - si scrive sui social - quasi come un secondo San Valentino». Se le festività della tradizione cinese sono dedicate alla famiglia, scandite da riti precisi e da un tono solenne, invece quelle importate dall’Occidente - Natale, Halloween, San Valentino - sono vissute con una certa rilassatezza e consacrate al divertimento. «Durante il Capodanno cinese si torna a casa, al Qingmingjie si celebrano gli antenati, durante le feste ufficiali si approfitta per viaggiare - si scrive su Weibo - quando altro potrei andare a divertirmi?». In diversi asili e scuole elementari c’è lo scambio dei regali, mentre sempre di più sono i bambini cinesi che scrivono a Babbo Natale. Prima di diventare leader della Repubblica Popolare, durante una visita ufficiale in Finlandia nel 2010, perfino Xi Jinping visitò il villaggio di Santa Claus a Rovaniemi, senza potersi sottrarre alla foto di rito. È almeno un decennio che la Cina dibatte se celebrare o meno festività estranee alla tradizione locale. 
Confucio rivalutato
Se molti in Cina amano celebrare il Natale, per altri gli addobbi natalizi rappresentano un Cavallo di Troia con cui far penetrare nel Paese idee e valori occidentali. I più fieri oppositori dell’importazione di feste della tradizione straniera sono i sostenitori della riviviscenza dei valori confuciani. Già nel 2006 un gruppo di studenti delle più prestigiose università cinesi pubblicò una lettera on-line in cui si faceva appello al boicottaggio delle celebrazioni del Natale viste come la realizzazione «del sogno dei missionari occidentali». Alcuni contestano la traduzione di Natale in mandarino - «shengdanjie» - dove il primo carattere «santo» è storicamente associato alla figura di Confucio. «Se una festività straniera e la relativa tradizione cresce in modo troppo rampante in Cina, questo può gravemente danneggiare l’ecosistema culturale del nostro Paese», diceva lo studioso di confucianesimo Mu Duosheng in un’intervista del 2013. Dopo i furori della Rivoluzione Culturale contro il filosofo di Qufu, negli ultimi anni la leadership della Repubblica Popolare ha fortemente rivalutato la figura di Confucio e nel 2017 Pechino ha adottato linee guida per valorizzare le feste della tradizione cinese. «Il recupero delle proprie tradizioni - notava però un netizen cinese - non avviene mai attraverso il boicottaggio di quelle degli altri».