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 2018  dicembre 22 Sabato calendario

Chiara Ferragni racconta cos’è la moda per lei

Ghiaccio negli occhi e ghiaccio nel cuore: è quello che ti aspetteresti di trovare in una ragazza dagli occhi appunto azzurrissimi, bella, ricca e famosa, che a tempo di record ha saputo arrivare in cima al successo nello spietato mondo della moda: protagonista di una case history ad Harvard nel 2015, la più importante fashion influencer del mondo nel 2017 secondo Forbes, imprenditrice con i marchi The Blonde Salad (anche nome del suo blog) e Chiara Ferragni Collection per cui lavorano oltre venti persone, e poi chissà... Invece no: ti dà appuntamento a casa sua e per tutta la lunga conversazione – un’ora e venti minuti – non guarda mai l’orologio e gli sms, il cellulare tace e nessuno ci interrompe malgrado il suo staff sia sotto la pressione prenatalizia. Un’attenzione che ormai non ti riserva nemmeno l’amico più caro. E parla seguendo l’unica vera regola che fa da filo conduttore alla sua storia: essere sé stessa. Questa è la cornice dell’intervista, ma è già anche l’intervista, perché siamo qui per parlare di Portait of a Woman, il docu–film su di lei che uscirà nel 2019, e il ritratto di una donna di successo non può trascurare questi dettagli rivelatori. Ma a 31 anni non è un po’ presto per un’autobiografia? «In realtà il film, che arriva nel decennale del mio blog, inaugurato il 7 ottobre del 2009, parla di me per parlare della rivoluzione del digitale, di come sono cambiata io e di come è cambiato il mondo intorno a noi». La regista è Elisa Amoruso, sette anni appena più della Ferragni, sceneggiatrice e regista di talento, esperta di queste pellicole che raccontano persone e storie reali con stile narrativo. «Io che mi racconto di continuo, sono curiosa di vedermi raccontata da un punto di vista “terzo”, anche se molto vicino, perché lei è donna e italiana come me e tra noi è subito nata una grande intesa». È girata voce che il film non interesserebbe tv e distributori. «Sono abituata a fake news e cattiverie. Mi ricordo certi commenti quando andavo alle prime sfilate di moda, per esempio che non sarei durata tre mesi, commenti che sono diventati una motivazione in più. Abbiamo diverse trattative aperte. Confermo che Portrait of a Woman sarà nei cinema e poi su altri canali media. Forse andremo anche a Venezia, ma non voglio perdere tempo a commentare maldicenze». Parliamo della rivoluzione? «È quella dei social media di cui sono parte. Ho cominciato a postare da adolescente, poi con Flickr, quando all’estero cominciavano a divenire celebri i primi blogger. In Italia era l’età della pietra. Molti mi chiedevano che cosa indossavo, dove mi trovavo, che cosa facevo... Ho subito capito che erano mezzi molto potenti e che volevo imparare a usarli meglio, anche se non sapevo come. Il fatto di non essere la più “cool” tra i miei amici né a Cremona dove sono nata, né a Milano dove sono andata a studiare Giurisprudenza, è stata una spinta aggiuntiva per il blog. Essere fra i primi è stata la mia fortuna. Le proposte di lavoro si sono moltiplicate rapidamente, ma sono sempre stata molto selettiva; non per snobismo, ho preferito investire invece che monetizzare, ho detto no alla tv, resistendo all’ansia di perdere importanti occasioni. La rivoluzione è che sui social bisogna essere onestamente sé stessi, se menti non funziona. Un fatto che ha cambiato anche i canoni del fashion: inutile indossare certi marchi o scegliere un certo tipo di trucco solo perché sono di moda, ciascuno deve trovare il suo modo, come io ho trovato il mio. Ho uno staff che mi ha molto aiutato ma ancora adesso non ho un vero ufficio stampa. Magari mi consigliano di non fare questo o di non postare quell’altro, ma io alla fine faccio quello che sento autentico, voglio continuare a raccontarmi senza filtri, anche rischiando di sbagliare. Su Instagram siamo tutti nello stesso tempo protagonisti e spettatori e dobbiamo accettare di metterci in gioco».
Il film è affollato di contributors, da Jeremy Scott a Maria Grazia Chiuri, che parlano della Ferragni e della rivoluzione di cui è storia esemplare. «Vorrei che chi vedrà il film capisca che il mio è un lavoro tosto, certi giorni anche diciotto ore in cui si confondono lavoro e vita privata, un’attività che ho voluto prendere in mano direttamente io (all’inizio gestiva il socio e fidanzato Riccardo Pozzoli) perché non mi piaceva pensare che fossi una di talento manovrata da chi ne sapeva di più». Poi sorprende ancora: «Ma soprattutto vorrei che pensassero che sono una bella persona».
A proposito di vita privata, le sue città? «Cremona è le radici, anche se mi stava stretta; Los Angeles dove sono stata dal 2013 al 2016, anche per amore di un ragazzo, è stata prima una lezione di vita, adesso la valvola di sfogo e l’ispirazione; Milano la base, il posto dove tornare sempre, non riesco a immaginarmi lontana dall’Italia». A marzo è diventata mamma di Leone. Che cosa le ha tolto e cosa le ha dato un figlio? «Mi ha tolto la spensieratezza», dice con improvvisa commozione, «ma mi ha dato un’idea di responsabilità prima impensabile e un senso diverso della vita e dell’amore». Ora che è ricca come si regola? «Credo di dare il giusto valore ai soldi, non mi piace sprecarli. Ma apprezzo le opportunità che ti offrono: stiamo per andare in montagna con mio marito e le nostre famiglie, saremo in tredici; poter fare questo regalo a tutti loro è una grande gioia». Dà dei consigli a Fedez su come vestirsi? «Veramente è lui a chiedermeli, e devo dire che mi ascolta molto. Ma il paradosso è che alla fine sono io a saccheggiare il suo guardaroba, soprattutto le giacche, ma un po’ di tutto. A parte i jeans».