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 2018  dicembre 22 Sabato calendario

Senzatetto, in un anno 600 morti a Londra

È spirato martedì sera a pochi passi dal Parlamento, nel sottopassaggio della metropolitana che tanti deputati attraversano ogni giorno per recarsi in aula. Gyula Remes è solo un altro numero nelle statistiche dei senzatetto in Gran Bretagna: più di 24 mila persone in questo Paese passeranno il Natale dormendo per strada, in macchina, nei treni, negli autobus o sotto tende di fortuna. E l’anno scorso quasi 600 di loro sono morti: di fame, di malattia, di droga. Una cifra cresciuta di un quarto in cinque anni.
Ma «c’è qualcosa di marcio a Westminster quando i deputati che si affrettano al lavoro camminano accanto ai senzatetto che muoiono», ha twittato il parlamentare laburista David Lammy. E quello di questa settimana non è neppure il primo caso: era già successo a febbraio, nello stesso posto. Adesso in quel sottopassaggio hanno eretto un piccolo memoriale, con la foto del vagabondo, qualche mazzo di fiori e una lattina di Stella Artois, la sua birra preferita.
La tragedia di Westminster ha scosso la Gran Bretagna e ha riportato l’attenzione su un dramma che è visibile a chiunque passi da Londra: non c’è fermata della metropolitana o stazione dei treni che non abbia i suoi homeless, spesso giovani, a volte donne. Il loro numero è salito ufficialmente del 169 per cento dal 2010, ma le cifre vere sarebbero molto più alte.
E c’è una cosa che accomuna i due senzatetto morti quest’anno a Westminster: l’ultimo era un ungherese, l’altro un portoghese. Perché sono sempre di più gli europei che vivono a Londra in mezzo a una strada: secondo il governo, su un totale di 1.137 senzatetto nella capitale, 320 vengono da Paesi Ue. Ma sono cifre approssimate per difetto: perché uno studio curato da Francesca Marchese, giornalista italiana da tempo stabilita a Londra, ha contato 126 nostri connazionali che vivono all’addiaccio. Siamo la quarta nazionalità per numero di homeless, dopo rumeni, polacchi e lituani. 
I senzatetto italiani possono contare su una rete di volontari che prova ad aiutarli, dalla storica parrocchia di San Pietro alla Comunità di Sant’Egidio al locale patronato Inca Cgil, che si sommano agli interventi del Consolato. Ma sono sforzi che si sono scontrati col clima ostile creato dal governo, da quando le autorità hanno cominciato a deportare i senzatetto: anche se l’anno scorso l’Alta Corte britannica ha rigettato il punto di vista dell’esecutivo, secondo cui gli homeless abusano del diritto alla libera circolazione, e ha invece sentenziato che la deportazione è illegale e discriminatoria.
Sono in tutto tremila gli europei che vivono per strada nel Regno Unito. Ma la loro situazione rischia di essere ulteriormente aggravata dalla Brexit: perché chi è qui dovrà fare domanda per ottenere la residenza permanente, ed è difficile pensare che i senzatetto siano al corrente della procedura burocratica, o che abbiano i documenti necessari o possano pagare la relativa tassa di 65 sterline (circa 75 euro). Per di più, le loro richieste potrebbero essere respinte, sulla base del fatto che non hanno esercitato il diritto allo studio o al lavoro, o che non sono autosufficienti. Molti di loro, spaventati dalla precedente politica di deportazioni, potrebbero essere dissuasi dall’uscire allo scoperto. Un esercito di persone che finiranno per diventare illegali, clandestini, esclusi dall’assistenza sociale o dalla possibilità di procurarsi un lavoro.
Il ministero dell’Interno britannico sta lavorando con le associazioni umanitarie e ha stanziato 10 milioni per fare in modo che le persone vulnerabili possano accedere allo status di residenti: «I cittadini europei sono nostri amici e vogliamo che rimangano», hanno fatto sapere. Ma intanto c’è chi continua a morire sotto gli occhi del Parlamento.