la Repubblica, 20 dicembre 2018
Polli come reddito di cittadinanza
Un pollaio in ogni casa per sconfiggere la povertà. È il reddito di cittadinanza alla pachistana, la ricetta del premier Imran Khan per migliorare le condizioni del suo Paese. L’ex campione di cricket, il leader di quel Movimento per la giustizia eletto il 25 luglio scorso sull’onda delle promesse populiste di sconfiggere la corruzione e combattere la miseria, ha annunciato il suo piano durante la cerimonia celebrativa dei primi 100 giorni al potere. Eccola la sua proposta: cinque galline e un gallo a famiglia per alleviare le condizioni di quei 60 milioni di pachistani, circa il 30% della popolazione che secondo le stime del governo vivono sotto la soglia della povertà, ovvero con meno di 25 euro al mese. Non che l’idea di usare il pollame per rilanciare l’economia sia poi così originale. Irman Khan si è infatti ispirato a un programma analogo – e molto criticato lanciato nel 2016 da Bill Gates in Africa chiamato Coop Dreams: dove il sogno si concretizzerebbe appunto nella consegna di 100mila galline ad altrettante donne nei villaggi rurali del Burkina Faso, nella speranza che quei piccoli allevamenti siano il punto di partenza per sviluppare una microeconomia rurale. Khan, adesso, mira a fare lo stesso: i polli, sostiene, permetteranno alle famiglie più misere di guadagnare fino a 75 dollari al mese con la vendita delle uova e l’arrivo di almeno 60 pulcini a covata ogni 5 galline. Soluzione che allo stesso tempo migliorerà anche la dieta di quelle persone: «Qui il 44% dei bambini sotto i 5 anni è malnutrito. E la mortalità infantile, pari a 40 neonati morti ogni 1000, secondo la Banca Mondiale è una delle più alte al mondo. Consumare più uova può cambiare tutto questo» dice al Washington Post Abdul Rehman. Il suo Poultry Research Institute di Rawalpindi, in Punjab, sta lavorando allo sviluppo di pennuti più resistenti accoppiando polli locali a razze che arrivano da Egitto, Australia e Usa (i famosi polli rossi di Rhode Island) per sviluppare una sorta di super gallina: soda, agile, onnivoro e – soprattutto – resistente alle malattie, «capace di adattarsi ad ogni ambiente e che può vivere su un albero come in un sottoscala». Peccato che molti, nel Paese, abbiano accolto la “cura dei polli” con disprezzo: «una soluzione ravanata su Google» ironizza su Twitter il rivale politico ed ex ministro allo sviluppo Ahsan Iqbal. Definendola, tanto per restare in tema, «becchime» in un momento in cui l’economia del Pakistan è in una situazione molto più seria: soffocata dal debito – dal 1980 sono stati chiesti ben 12 salvataggi al Fondo Monetario Internazionale – e con la rupia in picchiata rispetto al dollaro. In tanti, poi, citano le critiche che alcuni economisti britannici mossero al progetto di Gates. Regalare le galline alla lunga porterebbe ad una saturazione del mercato delle uova e come conseguenza al crollo dei prezzi: altro che emancipazione dalla povertà. Un dibattito bestiale. «Il problema riguarda più le volpi che i polli» obietta sul News International l’esperto di sviluppo Zaigham Khan. Traduzione: attenti ai furbi. «Il mercato pachistano è costruito per sfavorire proprio le classi più povere: manovrato attraverso l’accumulo di magazzino e la manipolazione dei prezzi. A vantaggio dei grandi distributori e non certo dei piccoli produttori». Eppure, a dispetto di scettici e critici, questa sorta di microcredito – come lo definirebbe il suo apostolo, Muhammad Yunus, il “banchiere dei poveri” premiato col Nobel – sembra trovare il consenso della base elettorale di Khan: che ha fatto presa sul ceto medio, certo, ma soprattutto fra le classi più povere. La questione resta aperta: meglio un uovo oggi o una gallina domani?