La Stampa, 20 dicembre 2018
Due russi su tre rimpiangono l’Urss
Quando le cose non vanno bene ci si rifugia nel passato. È ciò che sta avvenendo oggi in Russia, dove, secondo un recente sondaggio del centro Levada, due persone su tre si rammaricano per il crollo dell’impero sovietico. Solo il 25% dei russi dice di non dispiacersi della fine dell’Urss. Si tratta di cifre record, che non si registravano da 14 anni. Se i nostalgici di falce e martello sono ora il 66% della popolazione, un anno fa erano il 58% e nel 2012 appena il 49%.
Che cosa sta cambiando? Gli analisti di Levada ritengono che dietro questa nuova impennata «filo-sovietica» della società si nascondano in realtà le preoccupazioni economiche. Non è un caso che più della metà di coloro che giudicano negativamente la dissoluzione dell’Urss rimpianga «il sistema economico integrato». La memoria a volte gioca brutti scherzi e l’idealizzazione della storia – alimentata proprio dalla propaganda del Cremlino – fa dimenticare le difficoltà del passato, le lunghe file per gli acquisti e gli scaffali dei negozi semivuoti. Il russo medio adesso vuole maggiore benessere e più stabilità. Putin lo sa bene, e a maggio, subito dopo aver trionfato alle presidenziali, tra gli obiettivi dei prossimi sei anni da capo dello Stato ha elencato l’innalzamento del reddito reale dei cittadini e l’ingresso della Russia nella top 5 dell’economia mondiale. L’economia russa però comincia solo ora a riprendersi dalla batosta del 2014 causata dal crollo dei prezzi del greggio e dalle sanzioni per la crisi ucraina. E in generale fa piuttosto fatica a decollare. Il graduale aumento dell’età di pensionamento da 55 a 60 anni per le donne e da 60 a 65 anni per gli uomini ha poi assestato un duro colpo alla, pur sempre alta, popolarità di Putin. La riforma è stata annunciata a giugno. Ebbene, se a maggio il 79% dei russi approvava l’operato di Putin, a novembre lo faceva solo il 66%.
A 27 anni dalla disgregazione dell’Unione Sovietica il partito comunista si prepara quindi a stravincere le prossime elezioni in Russia? Certamente no. I comunisti sono in leggera ascesa ma Putin continua ad avere saldamente in mano il potere. Del resto, nel 2005 fu lo stesso leader del Cremlino a definire la fine dell’Urss «la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo». Qualche anno dopo illustrò meglio il suo pensiero: «Chi non rimpiange l’Unione Sovietica non ha cuore – disse – ma chi vorrebbe risuscitarla non ha cervello». Insomma, indietro non si torna. E buona parte dei «nostalgici» vota probabilmente per Putin.
Non per niente, sempre stando al sondaggio, «l’appartenenza a una grande nazione» è la principale causa di rimpianto per il 36% di coloro che avrebbero preferito che l’Urss fosse rimasta in piedi. Putin sta facendo di tutto per accontentare questa fetta dell’elettorato. Il ritorno della Russia nel novero delle grandi potenze è stato da sempre un suo obiettivo e il leader del Cremlino è in effetti riuscito ad accrescere il peso di Mosca sullo scacchiere internazionale sfruttando gas, diplomazia e armi.
Di questa voglia di Urss è in buona parte responsabile proprio Putin. Tv e libri scolastici diffondono una versione edulcorata della storia russa e di quella sovietica. Si esaltano vittorie militari e successi di ogni tipo e si sorvola sulle pagine più buie del passato. Prendiamo un dittatore sanguinario come Stalin. Nel 2008, il 68% dei russi lo considerava «un tiranno crudele e disumano responsabile della morte di milioni di innocenti». Quest’anno solo il 44% della popolazione la pensa così.