la Repubblica, 19 dicembre 2018
Ma ora Salvini fa il testimonial? Marchi in vista sui social del ministro
Il reality permanente in cui Matteo Salvini ha trascinato il Viminale (e l’Italia) tocca una nuova frontiera. Quella dell’influencer. Come una Chiara Ferragni qualsiasi, infatti, il vicepremier e ministro dell’Interno da qualche settimana si è messo a citare sui social network prodotti conosciuti, etichette, marchi.
Non gli basta più informare in diretta i suoi follower che si trova in ufficio e sta per mangiare una pizza: adesso fa la foto alla bottiglia della Heineken, così che non ci siano dubbi su quale birra il ministro stia bevendo con la pizza (16 dicembre). Quando si appresta a pranzare con un piatto di pasta (4 dicembre), mica si accontenta della foto: no, sente l’insopprimibile bisogno di specificare che trattasi di «due etti di bucatini Barilla, un po’ di ragù Star e un bicchiere di Barolo di Gianni Gagliardo, alla faccia della pancia!». E, aggiungiamo, della decenza istituzionale che il ruolo ricoperto impone.
Andando a spulciare nella miriade di post lasciati da Salvini (e dai suoi social media manager della “Bestia”, come è stata ribattezzata la struttura progettata da Luca Morisi per amplificare e saturare il web con i messaggi del “Capitano"), si contano una decina di casi del genere. Primo dicembre scorso: «Ma a chi non piace una crepe con la Nutella?», scrive, fotografandosi con la crepe in mano. Sempre il primo dicembre: «Alla vostra salute amici...», e tiene un boccale di birra col marchio Moretti bene in vista. Tredici novembre: «Si stappa una bottiglia di Nebbiolo (Gianni Gagliardo, La Morra, Cuneo) e la serata assume un sapore diverso». Gagliardo, viticoltore del cuneese, evidentemente a lui caro. Sei novembre: «Dopo una lunga giornata di lavoro fra Africa ed Italia, casa, doccia calda, ravioli al burro, un bicchiere di rosso...», con immagine della bottiglia Teroldego Rotaliano Riserva del 2012. Ventidue ottobre: «Yogurt al miele e melissa per Renzi, Boschi e tutti gli amici del Pd, per digerire meglio le storiche sconfitte di Trento e Bolzano», scrive, mostrando l’etichetta del vasetto della Sterzing Vipiteno.
Diciannove settembre: «Adesso pausa pranzo al volo e il dubbio è: mi faccio un piatto di spaghetti in bianco, al pomodoro o al ragù?». E, nell’attesa che il dubbio si sciolga, ecco il primo piano di una bottiglia del birrificio tedesco Franziskaner.I suoi post sono privi degli hashtag che segnalano la pubblicità (tipo #advertising o #adv), obbligatori per gli influencer di professione.
Repubblica ha contattato tre aziende di marchi rilanciati dal ministro – Barilla, Ferrero e Heineken – e tutti e tre smentiscono qualsiasi tipo di accordo o strategia concordata di marketing. Negano che dietro questa inaspettata esposizione ci siano promesse di finanziamenti al partito della Lega. Anche perché, a giudicare dalle critiche che tali post hanno sollevato in Rete, non sarebbe una gran mossa commerciale.
«Nessuna strategia – ribatte Matteo Salvini – semplicemente la vita di tutti i giorni, come ho sempre fatto, ovviamente gratis».Filippo Sensi, deputato del Pd ed esperto di comunicazione politica (ha curato quella di Renzi e di Gentiloni quando erano premier), la vede così: «Può essere un modo per “situare” ancora più precisamente la scelta, come se il cibo diventasse testimonial di Salvini, e non il contrario. Ai suoi follower il ministro sta dicendo: “Mangio questo e sono esattamente come te”. Tenta di aumentare il consenso popolare associandosi a brand famosi, provocando però l’"effetto Truman Show": nel film di Peter Weir ogni tanto gli attori si fermavano e a favore di telecamera mostravano le etichette dei cereali. Realtà esibita e portata all’estremo».
Per quanto il successo social dei suoi profili mostri le prime crepe (secondo un report di Crowd Tangle, azienda di analisi social comprata da Facebook, le interazioni con chi lo segue si sono dimezzate da luglio ad oggi), Salvini ha un bacino di follower enorme: 3,3 milioni su Facebook, un milione su Instagram, 935.000 su Twitter. Viaggia a una media di 400 post al mese.
«Ma questa dei marchi mi pare solo una gigantesca provocazione», dice Giovanni Sasso dell’agenzia di comunicazione politica Proforma.«Le pagine social di Salvini sono puro dadaismo politico. Quando provi a darne un’interpretazione diventi parte del gioco».