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 2018  dicembre 19 Mercoledì calendario

Nelle lettere di Paolina Leopardi la sua vita all’ombra del fratello

La vita di Paolina Leopardi è stata giudicata «la vita prigioniera di una donna coltissima che, priva di contatti e di stimoli, riuscì a dispiegare i suoi talenti solo in minima parte». Una vita considerata marginalmente «perché paragonata, soppesata, misurata» con quella del celebre fratello maggiore Giacomo che abitava il suo cuore, in una «sempiterna stanza».
Nel bel film di Martone, Il giovane favoloso, Paolina (Isabella Ragonese) è sacrificata nel teatrino familiare di casa Leopardi. La reclusa di Recanati la chiamò Franco Fortini parlando delle sue lettere e mettendo a fuoco la sua esistenza di carta, chiusa da sbarre d’affetto e paure retrive, tra attese e sospiri. «Leggere e sempre leggere, ecco la mia vita di tutti i dì», scriveva all’amica del cuore. Ora quell’epistolario con circa 50 lettere inedite è proposto dall’Apice Libri con un saggio introduttivo di Elisabetta Benucci in occasione dei 150 anni dalla sua morte (1969- 2019). 
Sono più di 400 lettere spedite a 41 destinatari diversi (18 sconosciuti finora) dei quali 31 uomini e 10 donne. Intanto, proprio ieri, il manoscritto di Visso de L’Infinito di Leopardi è tornato a Recanati dopo 120 anni. Questo arrivo dà il via alle celebrazioni per i 200 anni del canto leopardiano, che cadono del 2019: nell’ambito del progetto Infinito Leopardi saranno in mostra dal 20 dicembre a Villa Colloredo Mels. 
«Il carteggio contribuisce a portare Paolina ancor più fuori da quell’ombra e da quei luoghi comuni nei quali è stata spesso confinata», spiega la Benucci. Scorrono i fotogrammi dell’esistenza della «cara Pilla» (così la chiamava l’amato fratello) la sua «melanconia indefinibile», gli inutili tentativi di procurarsi un marito, i suoi sereni ultimi giorni pisani; il ritratto di una donna, con le sue intense letture, le collaborazioni intelligenti, le traduzioni, che deve ricorrere a un sotterfugio per leggere le lettere della sua più cara amica cantante lirica, il cui nome cerca sempre nelle cronache teatrali. Ed è il ricordo di Giacomo Leopardi a essere sempre presente nei suoi pensieri: è una specie di filo rosso che si dipana dalla prima lettera, indirizzata proprio a lui il primo dicembre 1822, a una delle ultime, datata 6 ottobre 1867, nella quale esprime la sua commozione per la richiesta di uno studioso di visitare la casa dove il poeta era nato e aveva vissuto. In una biografia recente Loretta Marcon (Paolina Leopardi o la dimora nell’ombra, Cleup) ha sottolineato un aspetto innovativo della «cara Paolina che tutti amiamo perché è tutta di tutti», come la chiamava il padre Monaldo. Cioè il suo femminismo: «Non c’è permesso di lamentarci e di accusare gli uomini di iniquità, perché essi hanno il diritto di far tutto». Paolina dimostra di saper ragionare politicamente e pronuncia una perorazione a favore di questa sua Italia, «nazione sfortunata» e delle donne, che in quella società di crisi hanno acquisito libertà, prestigio, e indulgenza perché «quando le donne hanno torto è per debolezza, non per durezza come succede agli uomini».