Corriere della Sera, 17 dicembre 2018
Il malore del turista davanti alla Venere e la sindrome di Stendhal
È il 22 gennaio 1817 e Marie-Henri Beyle, ben più noto come Stendhal, è a Firenze. Entra a Santa Croce e ammira quello splendore, vede le tombe di Michelangelo, Canova, Machiavelli, scopre mille meraviglie, se ne sente sopraffatto. Scriverà nel suo meraviglioso Roma, Napoli e Firenze: «Assorto nella contemplazione della bellezza sublime, la vedevo da vicino, per così dire la toccavo. Ero arrivato a quel punto d’emozione dove si incontrano le sensazioni celestiali date dalle belle arti e i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, avevo una pulsazione di cuore, la vita in me era esaurita, camminavo col timore di cadere». Insomma, un comprensibile mancamento da Grande Bellezza: basterebbe il Giotto della Cappella Bardi e della Cappella Peruzzi per giustificarlo. Ma Stendhal racconterà di aver amato immensamente le «Sibille del Volterrano» nella Cappella Niccolini («Mi hanno dato forse il piacere più vivo che mai mi abbia fatto la pittura»).
Ecco cos’è la Sindrome di Stendhal: un malessere da Capolavoro. La teorizzò, in un chiarissimo e, ai tempi, rivoluzionario saggio edito da Ponte alle Grazie con quel titolo nel 1979, la psichiatra fiorentina Graziella Magherini che osservò ben 106 casi di turisti stranieri, nel suo lavoro all’Ospedale Santa Maria Nuova, svenuti o presi da vertigini e turbamenti vari, tra cui panico e ansia, o lieve depressione o inspiegabile euforia, nei musei e nelle chiese di Firenze.
Sabato 15 dicembre un turista della provincia fiorentina si è sentito male agli Uffizi davanti alla «Venere» di Botticelli. Era un infarto: ora sta meglio, è stato salvato da quattro medici romani in visita, che hanno usato uno dei defibrillatori del museo. Immediato l’arrivo del 118. Possibile che sia stata l’emozione da Botticelli? Negli anni scorsi, come racconta l’attuale direttore degli Uffizi (dal novembre 2015) Eike Schmidt, i malori sono stati numerosi: «Uno svenimento ci fu all’inaugurazione delle rinnovate sale del Caravaggio di fronte alla “Medusa”». Già lì siamo di fronte a un caso veramente spiegabile solo con la Sindrome di Stendhal: altrimenti, perché perdere i sensi proprio di fronte alla «Medusa», uno dei capolavori più inquietanti e, insieme, splendidi del Caravaggio?
Lo storico d’arte
«Affrontare un museo come il nostro può anche creare uno stress emotivo»
Racconta Schmidt: «Nel 2016, sempre nella sala di Botticelli, un ragazzo straniero ebbe un attacco epilettico. Era, di nuovo, proprio davanti alla “Venere” del Botticelli. Uno degli assistenti di sala aveva ricevuto una formazione da pronto soccorso per le immediate emergenze. Ma abbiamo avuto altri malesseri, magari più leggeri, stordimenti...». Ma lei crede alla Sindrome di Stendhal? «Non sono un medico, non propongo diagnosi ma so che affrontare un museo come il nostro, così pieno di capolavori assoluti, costituisce certamente un possibile motivo di stress emotivo, psicologico e anche fisico, per lo sforzo della visita». Un grande museo come gli Uffizi (due milioni e 200 mila visitatori nel 2017, e tanti saranno a fine 2018, come prevede Schmidt, per la politica dei numeri contingentati) deve assicurare soccorsi rapidi. Spiega il direttore: «Abbiamo due defibrillatori semiautomatici, il personale è dotato di radio ricetrasmittenti, possiamo chiamare subito il 118».
Tutto pronto per affrontare una Sindrome che affascinò nel 1996 Dario Argento. Scritturò sua figlia Asia come protagonista del giallo psicologico La sindrome di Stendhal, nei panni della poliziotta Anna Manni che sviene proprio agli Uffizi di fronte alla « Caduta di Icaro» di Bruegel. Ai tempi, Asia Argento era più timida e riservata di oggi. Ma quello svenimento rinverdì il mito della Sindrome. Che oggi torna alla ribalta, sempre a Firenze, Capitale della Bellezza.