la Repubblica, 17 dicembre 2018
I giovani smarriti prima della A, solo 4 debuttanti quest’anno
Disinteresse o pigrizia, difficile dirlo. In Italia però il talento sboccia sempre meno nel giardino delle grandi. Che in testa al campionato primavera ci sia l’Atalanta, seguita dal Torino, non fa quasi più notizia. Persino il confronto con l’Europa è schiacciante: pur lanciando profili interessanti come Fagioli della Juve o Riccardi della Roma, nessuna Primavera italiana, nella Youth League, si è qualificata direttamente alla seconda fase. Inter e Napoli sono state eliminate, bianconeri e romani devono passare per gli spareggi, e delle 24 partite giocate le nostre ne hanno perse 10 vincendone solo 9.
L’impressione che sempre più spesso i campioncini germoglino lontano dai settori giovanili delle big, o che queste in loro credano poco, è diffusa. Nessuna delle prime cinque in classifica – Juventus, Napoli, Inter, Milan, Lazio – quest’anno ha fatto esordire in Serie A un calciatore con meno di 21 anni ( in realtà ci sarebbe Lautaro Martinez, che però ne avrebbe compiuti 21 tre giorni dopo l’esordio). E non è un caso nemmeno, forse, che chi ne ha lanciati di più siano Fiorentina e Roma, lontane oggi dalle aspettative di inizio stagione. Dei 16 calciatori U21 che hanno giocato quest’anno la loro prima partita nella Serie A italiana, 12 sono stranieri, prevalentemente acquistati sul mercato: il romanista Kluivert e il fiorentino Lafont, Svanberg del Bologna e Ronaldo Vieira della Samp, le stelline del Genoa Romero e Kouamé. Gli italiani sono invece 4 soltanto: due giallorossi, Zaniolo e Luca Pellegrini, poi Matarese del Frosinone e il viola Sottil. Lui e Pellegrini anche gli unici debuttanti assoluti tra i professionisti: gli altri avevano già assaggiato la Serie B. Ovviamente, Pellegrini è anche l’unico del gruppo formatosi nel vivaio di una delle sei grandi: Zaniolo è invece un frutto delle giovanili della Fiorentina (all’Inter un solo anno di Primavera), Sottil è cresciuto nel Toro, Matarese nel Genoa.
Certo il numero è sconfortante, considerato che, nella stagione scorsa, hanno concluso il loro percorso nel calcio giovanile 443 ragazzi: di loro, solo 129 sono ancora professionisti in Italia, una ventina all’estero. La dispersione riguarda quindi il 66% di giovanotti che s’affacciano al mondo dopo la comfort zone delle giovanili. E di quella marea, solo 10 sono rimasti nelle rose di Serie A, meno del 3%. Alla fine dello scorso torneo i ventenni ( o più giovani) a esordire erano stati 41. Per 20 fu il primo passo assoluto con i professionisti, e molti di loro, 12, erano italiani: Antonucci (Roma) l’unico che esordì con una squadra in lotta per l’Europa. Nessuno di quei 12 invece ha ancora avuto l’occasione di ripetersi. Solo Salcedo (Inter) e Torrisi (Milan) sono rimasti in organico a una società di A, ma solo in Primavera. Il progetto delle seconde squadre, appena partito con la Juve U23 in C ma già destinato a una profonda rivisitazione, servirebbe proprio a facilitare questa difficile transizione.
Il presidente federale Gabriele Gravina l’ha ripetuto spesso: «In Italia il talento c’è, ma non viene coltivato». Domani in consiglio federale presenterà le linee guida del nuovo contributo di solidarietà del 5% su ogni transazione di mercato, da destinare direttamente ai club che hanno formato il calciatore. Un meccanismo diverso dall’attuale “premio di formazione” e che sarà modellato sull’indennità di formazione riconosciuta dalla Fifa, che premia le società presso cui un calciatore è stato tesserato dai 12 ai 23 anni. I dettagli verranno discussi dal consiglio, ma quasi certamente la somma verrà accreditata direttamente in camera di compensazione all’atto del trasferimento. La norma rientra nell’accordo verbale stretto fra Gravina, Micciché, presidente della Lega di A, e i sottosegretari Giorgetti e Valente martedì scorso. In cambio, il governo ha fatto un passo indietro sulla riforma della Melandri: il 5% dei diritti tv ( non più il 10%, come ipotizzato) andrà ripartito fra le squadre di A in base all’impiego di giovani formati nei vivai italiani. I dettagli saranno ridiscussi e la riforma partirà solo dal 2021/22.