La Stampa, 17 dicembre 2018
Troppe cause, i boy scout Usa in bancarotta
I boy scout, una delle icone della società americana, rischiano la bancarotta, colpiti dalle cause per molestie sessuali e dal declino delle iscrizioni. Il Wall Street Journal ha rivelato che hanno assunto uno studio legale per valutare il possibile ricorso alla procedura del «Chapter 11», allo scopo di proteggersi dai creditori, negoziare le compensazioni alle vittime, e cercare così di sopravvivere.
Gli scout erano nati in Inghilterra, e nel 1910 l’editore di Chicago W.D. Boyce li aveva portati negli Stati Uniti, fondando i “boy scouts of America”. Il successo era stato immediato, favorito anche dall’aiuto dell’ex presidente Theodore Roosevelt, che voleva usarli per contrastare il declino dei valori fondanti del Paese. L’obiettivo iniziale era insegnare ai ragazzi il patriottismo, il coraggio e altre virtù, ma poi era stato aggiornato con l’intenzione di «preparare i giovani a fare scelte etiche e morali nel corso della loro vita, instillando in essi i valori del Giuramento dello Scout e della legge». L’organizzazione aveva trovato molti sostenitori, fra cui la
Church of Jesus Christ of the Latter-day Saints, ossia i mormoni, che l’avevano finanziata e adottata come programma per educare i loro giovani. Le attività all’aperto, i campi, le gite, erano diventate lo strumento per trasmettere questi valori. Nel corso degli anni circa 110 milioni di americani hanno frequentato gli scout, inclusi personaggi come il regista Steven Spielberg o Neil Armstrong, il primo astronauta a mettere piede sulla luna.
Le malefatte nascoste
I problemi in realtà erano cominciati già negli Anni Sessanta, quando erano avvenuti i primi incidenti per comportamenti inappropriati da parte di capi e volontari, che però erano rimasti nascosti. Nel 2012 un giudice aveva ordinato la pubblicazione di oltre 20.000 documenti confidenziali, che avevano rivelato come tra il 1965 e il 1985 più di mille leader dei boy scout erano stati allontanati per molestie sessuali. Il problema allora era esploso, portando con sé anche una serie di cause. Nel frattempo i membri sono scesi a 2,3 milioni, dal picco di oltre 4 milioni, nonostante nel 2015 sia stato eliminato il divieto per i gay di ricoprire cariche di leadership, e in seguito siano stati creati anche programm
i per le ragazze, che peraltro hanno provocato un scontro legale con l’organizzazione concorrente delle Girls Scout. Nei mesi scorsi la Church of Jesus Christ of the Latter-day Saints ha interrotto la sua collaborazione, e quindi anche i finanziamenti. Nel 2017, poi, i boy scout hanno pagato 7,6 milioni di dollari agli avvocati dello Studio Ogletree Deakins, per risolvere dispute relative alle condizioni di lavoro.
Gli accordi con le vittime
Ora la situazione è diventa così complessa, che l’organizzazione ha ingaggiato i legali di Sidley Austin per valutare l’ipotesi del fallimento. L’ipotesi è quella di ricorrere al «Chapter 11», che consente di dichiarare bancarotta e ottenere la protezione dai creditori. In questo modo gli scout potrebbero negoziare accordi extragiudiziali con le vittime degli abusi, e cercare di sopravvivere. La stessa strategia è stata già adottata da una ventina di diocesi cattoliche, e più di recente da Usa Gymnastics, ossia la Federazione americana di ginnastica, colpita dallo scandalo degli abusi condotti per anni dall’ex medico della Nazionale Larry Nassar.
Michael Surbaugh, attuale leader dei boy scout, ha invitato a non trarre conclusioni affrettate: «Voglio assicurarvi che la nostra missione quotidiana continuerà, e non ci sono azioni imminenti o decisioni immediate attese». Tutte le opzioni, però, sono sul tavolo.