La Stampa, 17 dicembre 2018
Corsa alla vaccinazione dopo anni di scetticismo, così sono finite le scorte
Dietro le scorte esaurite nelle Asl c’è il boom di quest’anno delle vaccinazioni antinfluenzali. Sarà che dopo il dibattito rovente sui vaccini obbligatori gli italiani hanno cominciato a capire l’importanza di immunizzarsi anche rispetto a virus solo all’apparenza meno pericolosi. Saranno le notizie giunte degli Stati Uniti sull’aggressività dei due ceppi virali in circolazione. Tant’è che quest’anno la percentuale di anziani over 65 vaccinati potrebbe passare dal 52,7% dello scorso anno a una percentuale vicina al 60%. Mentre tra la popolazione generale la percentuale di persone protette dai virus influenzati passerebbe dal 15,3 al 17%. E questo nonostante la perdurante disorganizzazione delle Asl, che secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss) solo nel 32% dei casi possiedono un registro dei pazienti a rischio, come immunodepressi, trapiantati, malati oncologici e cronici gravi, da immunizzare. Mentre la percentuale di anziani e persone fragili chiamate direttamente da uffici sanitari e medici di famiglia per fissare una data utile alla vaccinazione scende al 20%.
«Nonostante questo – dice Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Iss – stiamo assistendo a un consistente aumento dei vaccinati contro l’influenza, perché le Regioni ogni anno acquistano con troppa prudenza e obiettivi poco ambiziosi scorte pari ai consumi degli anni precedenti. E il fatto che siano già esaurite prima del picco influenzale previsto a gennaio è indice di un aumento sensibile degli immunizzati».
Un picco che viene dopo anni di altalene. I dati del ministero della Salute e dello stesso Iss dicono che se a inizio anni Duemila la percentuale di immunizzati era al 10,5% tra la popolazione generale e al 40,7 tra gli over 65, grazie all’avvio delle campagne di informazione tra medici e assistiti si era faticosamente risalita la china, fino a raggiungere nel 2009 percentuali rispettivamente del 19,6 e del 66,3%. Coperture comunque lontane dalla soglia di sicurezza che per gli anziani e le persone fragili è indicata al 75%.
La bufala Fluad
Poi nel 2014 il primo crollo di oltre otto punti percentuali per i pazienti più a rischio dovuto al falso allarme lanciato proprio da un’istituzione pubblica come l’Agenzia italiana del farmaco, che aveva conteggiato qualcosa come 19 morti conseguenti a una partita giudicata fallata dell’antinfluenzale Fluad. I test sui lotti incriminati risultarono poi assolutamente negativi ma la frittata era oramai fatta.
Nel 2014 altra bufala su delle partite di vaccini «impuri» e nuovo calo degli immunizzati al 48,6%, con relativo aumento delle vittime del virus influenzale. «Che provoca almeno ottomila morti indirette tra persone immunodepresse o affette da malattie immunitarie, cardiocircolatorie e respiratorie, che aggravano la loro condizione per effetto dell’influenza», ricorda Rezza.
Il confronto con l’Europa
Poi la lenta risalita fino al boom di quest’anno. Mentre un netto miglioramento della situazione si registra anche tra i sanitari, fino a ieri recalcitranti a immunizzarsi dai virus influenzali. Dal 16% di vaccinati si è passati infatti al 26%. Percentuali comunque lontane da quelle del 50 e più per cento che si registrano in Gran Bretagna e nei Paesi scandinavi. «Cifre che dovremmo raggiungere anche noi, soprattutto nei reparti con pazienti più a rischio come terapie intensive o ematologie, dove i sanitari non vaccinati dovrebbero essere trasferiti altrove», dice a chiare lettere il dirigente dell’Iss.
Ma molto resta da fare anche tra i medici di famiglia, che secondo i dati della società italiana di igiene Siti, prendono mediamente sette euro a vaccinazione, che per una media di almeno 200 vaccinazioni fanno 1.400 euro percepiti per un’attività svolta in orario di lavoro, retribuita 9 mila euro lordi al mese. «Ma pochi di loro – sottolinea Rezza – si danno da fare a contattare i pazienti a rischio da proteggere dall’influenza».