il Fatto Quotidiano, 17 dicembre 2018
Intervista a Riccardo Albini, l’inventore del fantacalcio
Chi ama il calcio difficilmente è estraneo al fantacalcio: un campionato tra amici in cui con un’asta ci si spartisce i giocatori di Serie A e ci si sfida ogni settimana, in base al rendimento dei calciatori nelle partite reali. Chi segna o gioca bene fa guadagnare punti; cartellini, gol subiti e rigori sbagliati sono invece pesanti malus. Detta così sembra semplice, poi ci sono la competizione, le invidie, le gufate, gli sgambetti e quote di partecipazione da centinaia di euro a mettere quel pepe in più nelle migliaia di leghe in giro per l’Italia. Il merito di tutto questo, per quanto pochi fanta-allenatori lo sappiano, è di Riccardo Albini. Classe ’53, in vita sua è stato giornalista, editore, enigmista, imprenditore, ma soprattutto l’inventore del fantacalcio.
Riccardo Albini, correva l’anno…?
Era il 1988. Europei di Germania. Da due anni studiavo un sistema di regole e punteggi per fare col calcio quello che in America facevano con il baseball e con il football.
Ovvero?
Io all’epoca lavoravo per una rivista, Videogiochi. Andavo due volte all’anno negli Usa insieme ai miei soci Alberto Rossetti e Benedetta Terrani e in uno di questi viaggi trovai un libro sul Fantasy football e uno sul Fantasy baseball. Me li portai in Italia e pensai a come creare qualcosa di simile per il calcio.
Come era organizzata la prima lega?
Fu tra le otto squadre che poi sono diventate il gruppo storico di un campionato che dura ancora oggi, dopo 30 anni: io, il mio socio Alberto e alcuni dei frequentatori del bar Goccia d’oro a Milano, tutti cooptati dal gestore. All’epoca usavamo i pizzini per giocare: al sabato scrivevamo la formazione su un pezzetto di carta e la consegnavamo al barista.
L’idea ebbe successo.
Sì, proseguimmo subito con il campionato 88/89 di Serie A. Alla prima asta ci scannammo per Maradona: fu comprato a 99 fantamilioni su 300 a disposizione. Record battuto l’anno dopo da Van Basten, 101, il primo ad andare in tripla cifra.
Altra Serie A, altri fantacalci.
Beh, era decisamente meglio, gli anni 90 sono stati il decennio d’oro per il calcio italiano. La sensazione che i ragazzi hanno vissuto quest’anno per Cristiano Ronaldo era la normalità, tra Batistuta, Shevchenko e tutti gli altri.
Ma quand’è che il fantacalcio esce dal Goccia d’oro?
Nel 1990 scrivo un libro, Serie A-Fantacalcio, che inizia a girare parecchio. Propongo il gioco alla Gazzetta dello sport, ma mi dicono che non hanno le tecnologie per gestire una lega nazionale. Mi hanno ricontattato nel ’94, quando erano pronti per partire. Sviluppai un regolamento ad hoc e lanciammo il campionato, che ebbe un successo incredibile: si aspettavano 10/15mila iscritti, ce ne furono 70mila.
Lavora ancora con la Gazzetta per il fantacalcio?
No, andammo avanti fino al ’99, poi vendemmo la società e da lì in poi non abbiamo più avuto a che fare con loro.
Lei ha inventato un gioco amato in tutta Italia. Come minimo sarà milionario…
Ma figuriamoci. Oggi tutti quelli che scoprono che sono l’inventore del fantacalcio si aspettano che lo sia, ma la realtà è che – soprattutto all’epoca – era difficile proteggere un’idea del genere, che si basa sui voti di altri e sul rendimento dei giocatori. Magari se fossi stato nella Silicon Valley sarei diventato miliardario.
Dall’inventore del fantacalcio ci si aspetta che sia un fenomeno. Quanti campionati ha vinto in carriera?
Nella lega storica sono a 5, in testa nel palmares insieme ad altri due. Ma quest’anno mi sa che mi superano.
Qualche colpo sbagliato?
Ho preso Higuain e Gomez, pensando a quell’anno che vinsi il campionato grazie agli attaccanti di Milan e Atalanta, ovvero Ibrahimovic e Denis. Ma per ora sta andando male. Peccato, perché con 15 fantamilioni in più mi sarei portato a casa Cristiano Ronaldo.
Ma per vincere conta più la competenza o la fortuna?
Sulla singola stagione incide il “fattore c” perché è troppo determinante il calendario. Se invece giochi dieci anni e vinci 3 o 4 campionati allora vuol dire che ci capisci, non ce la fai mica a aver culo tutti gli anni.
Esiste una strategia vincente?
La prima cosa, quando si fa l’asta, è avere in testa con che modulo giocare. Bisogna mettersi in testa che all’asta è difficile ragionare, si deve essere rigorosi, farsi un piano prima di arrivare e seguirlo.
Su chi le piace puntare?
Mi piacciono le scommesse: presi Hamsik al primo anno di Serie A e ad agosto ho scelto Kouamé del Genoa.
Il fantacalcio sta cambiando molto, tra modalità mantra, voti live e algoritmi. Che ne pensa?
Sono un tradizionalista, anche se alcune di queste novità ci stanno. Rimango solo perplesso dai voti stabiliti in base alle statistiche: anche io provai a ingegnare un sistema del genere, ma mi ricordo una partita in cui, con quel meccanismo, l’attaccante Ivan Zamorano avrebbe preso 1,5.
Lei di cosa si occupa ora?
Di Sudoku soprattutto, collaboro con una casa editrice. Ma per i trent’anni dal libro sul fantacalcio ho in mente un progetto per raccogliere storie, ossessioni, manie e trofei di tutti noi giocatori. Il titolo del libro sarà Il fantacalcista.