Avvenire, 15 dicembre 2018
Insetti, un mondo che ha tanto da insegnarci
In un recente articolo il New York Times ha parlato della scomparsa di alcune specie di insetti. Nell’articolo sono stati citati studi scientifici che hanno messo in luce come la popolazione delle farfalle monarca, ad esempio, sia diminuita del 90% negli ultimi vent’anni. Un noto entomologo dell’Università del Connecticut, David Wagner, ha descritto il fenomeno come una perdita silenziosa, una «diminuzione che non vediamo». Le cause sono diverse, ma intrecciate all’uomo. Nel libro Le politiche degli insetti (Edizioni Ets, pagine 143, euro 15) di Stefano Turillazzi non si parla della diminuzione di cui sopra, ma si tocca il legame tra uomini e insetti, che secondo l’autore «hanno un ruolo fondamentale in vari ecosistemi». Turillazzi si sofferma sui cosiddetti insetti sociali (api, formiche, vespe, termiti) e sul loro modo di regolare la società, risolvere problemi, comunicare, organizzare il lavoro.
Turillazzi è docente di Zoologia all’Università di Firenze, già allievo di Leo Pardi, fondatore dell’etologia in Italia, e ha deciso di raccontare le sue ricerche, alternando racconti personali, con l’obiettivo di accendere una luce su due aspetti. Il primo spunto è quello che dà il titolo al libro: «Ormai anche l’uomo comune si è reso conto che la politica è sempre più presente nella vita di ognuno. Le espressioni più ’alte’ delle politiche degli insetti, sono forse lo specchio di quello che diventerebbero le società umane se non ci fossero la cultura, il confronto e il rispetto per gli altri». Il secondo aspetto fa invece riferimento alla scarsa conoscenza che l’uomo comune ha di questi argomenti: «In modo particolare, è solo superficiale la conoscenza di base dell’enorme numero di esseri viventi che popolano il pianeta». Circa un milione le specie di insetti conosciute.
Turillazzi mette in evidenza alcuni temi, quali la socialità come fenomeno di aggregazione in natura e le interazioni tra organismi: «L’evoluzione ha sempre favorito la cooperazione». Vi è poi un aspetto economico, ovvero gli insetti «sfruttati per prodotti o per servizi», o per l’alimentazione. Infine la ricerca: «Le colonie di insetti sociali rappresentano ottimi modelli per lo studio di problemi legati alla socialità».
Nello specifico Turillazzi fa riferimento alla gestione del trattamento dei rifiuti, a comportamenti e meccanismi della massa, alla difesa da elementi patogeni ed eventuali epidemie, alla soluzione di conflitti interni a un gruppo, attraverso un’organizzazione sociale «caratterizzata da un costante flusso di informazione tra i membri che la compongono». Vale allora forse la pena smettere di ignorare i segnali che la natura ci dà, perché mostrano un lato con risvolti utili all’uomo, sulla perdita di biodiversità, la salvaguardia e la prevenzione di ecosistemi.
Sul Nyt il giornalista Brooke Jarvis si chiede cosa accadrebbe se gli insetti scomparissero. Nel suo libro Turillazzi gira il problema e alimenta la discussione su un tema che dovrebbe essere affrontato da un pubblico sempre più vasto, per provare a far capire cosa ci riserva il pianeta che abitiamo.