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 2018  dicembre 15 Sabato calendario

Arnault e quell’affinità con lo stile italiano

Qualche mese fa Bloomberg stimava che Lvmh, Kering,  Hermès e Richemont, i quattro più grandi gruppi del lusso al mondo, avessero circa 17 miliardi di liquidità da investire. Richemont, unico svizzero tra francesi, una scelta nel frattempo l’ha fatta, completando acquisizione e delisting di Ynap, leader europeo dell’e-commerce di moda e lusso, per circa 2,7 miliardi. Kering sembra molto concentrata sul portafoglio esistente, anche perché Gucci continua a essere la lepre del settore: nel terzo trimestre il fatturato del gruppo – secondo solo a Lvmh per ricavi – è cresciuto del 27,2% a 3,31 miliardi e Gucci da solo ha superato i 2 miliardi (+35% sul periodo luglio-settembre 2017). Il ceo di Kering, François-Henri Pinault, ha annunciato investimenti nell’alta gioielleria, proprio per Gucci, e nel digitale per l’intero gruppo, ma non sembrano esserci acquisizioni di altri marchi in vista. Lo stesso dicasi per Richemont, che sta anzi sfoltendo il portafoglio: in giugno ha venduto Lancel (pelletteria) al gruppo Piquadro di Marco Palmieri. Hermès potrebbe ulteriormente integrarsi verticalmente, acquisendo terzisti o altre aziende delle quali è già capofiliera, ma la scelta strategica è mantenere un’identità legata, in sostanza, a un unico brand.
Torniamo quindi a Lvmh, il più attivista: da anni si cita il gruppo guidato da Bernard Arnault come possibile acquirente di Giorgio Armani. Le ipotesi sono sempre state smentite e lo stilista-imprenditore, nel 2018, pare aver blindato il suo impero con la nascita di una Fondazione. Altra preda a portata di Lvmh sarebbe stata Gianni Versace, conquistata però dal gruppo Michael Kors. I “pesci piccoli”, ovvero le tante medie aziende al centro in questi giorni del risiko M&A ( si vedano Il Sole 24 Ore di ieri e del 12 dicembre per i casi Trussardi e Roberto Cavalli) a Lvmh non interessano. 
Anche perché il 2019 dovrebbe essere – nei piani di Arnault – l’anno dell’exploit di Celine e  Rimowa (valige di lusso acquisite nel 2016). Liquidità ne avanzerebbe anche se l’operazione Belmond (si veda l’articolo in pagina) venisse finalizzata. In attesa di sviluppi sul fronte hotellerie, si potrebbe ipotizzare un ingresso nella nautica (magari italiana), unico settore non rappresentato nel ricco portafoglio di Lvmh, o nella distribuzione selettiva di altissima gamma (duty free in aeroporti come Dubai o Heathrow). Fil rouge sembra essere l’affinità con l’Italia. O almeno, con “il senso italiano per il lusso”. Lvmh possiede Acqua di Parma, Berluti, Bulgari, Emilio Pucci, Fendi, Loro Piana e Il T Fondaco dei Tedeschi, tramite Dfs, esempio unico al mondo di “multimarca del lusso” in un edificio del 500 a due passi da uno dei luoghi simbolo di Venezia, il ponte di Rialto. 
L’interesse per Belmond – che in Italia ha i gioielli più pregiati – conferma l’apprezzamento per il nostro Paese: come ha detto in una recente intervista Antoine Arnault, figlio del fondatore e presidente di Loro Piana, in Italia Lvmh dà lavoro a 10mila persone e la società ha un’anima «felicemente divisa» tra Francia e Italia.