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 2018  dicembre 15 Sabato calendario

Addio, Babbo Natale

Avevamo un problema e, siccome non volevamo risolverlo, ci ha pensato nostra figlia di dodici anni: ora nostro figlio di nove non crede più a Babbo Natale. E così un altro pezzo di vita se ne va, non mi vestirò più di rosso con la barba finta e l’ultimo soffio di incanto ha ceduto alla ragione: in casa impera l’illuminismo e mio figlio – quando gli ho chiesto se fosse certo che Babbo Natale non esiste – mi ha opposto un ghigno alla Diderot: vedi renne che volano con un vecchio che dice ho-ho-ho? È meglio così: Babbo Natale si era fatto una pessima fama, da noi. Mio figlio scriveva letterine pretendendo, in cambio di un’irreprensibile condotta, più autocertificata che reale, robot da ottocento euro, consolle per videogames da quattrocento, e poi peluche, fucili laser, scacchiere in mogano. Questa roba costa troppo, dicevamo, e lui obiettava che Babbo Natale mica li compra i giocattoli, li costruisce, non è questione di denaro. Poi gli arrivava meno e, accantonata l’ipotesi di non essere stato poi tanto impeccabile, si infuriava con Babbo Natale che faceva preferenze, perché compagni con minor profitto scolastico del suo avevano ottenuto più. Adesso il romanticismo ha ceduto a un piglio ragionieristico: ci manda via WhatsApp elenchi di regali con evidenziato prezzo e consuntivo, stando attento a non sforare i cento euro. Ogni giorno toglie qualcosa e aggiunge qualcos’altro, ma sempre entro i cento euro rimane. Non ti dispiace?, gli ho chiesto. Era peggio fare la figura del bimbo che crede alla favole, ha risposto. È triste, è vero, ma almeno lui non ha avuto bisogno di Moscovici.