la Repubblica, 15 dicembre 2018
Tutto sulla mela
Ferrara, mercato dei prodotti biologici. Su un banco sono esposte le mele: mela cerina, mela parmena dorata, mela pomella di Soligo, mela campanino, mela contessa, mela bella di booskoop, mela promessa, mela democrat, mela rossa Mantova, mela renetta di champagne. Non sono esattamente le mele del Neolitico, quando, secondo i botanici, in Asia centrale, nel Kazakistan, sarebbe cominciata la storia della mela. In Italia ci sono almeno duemila varietà, dai nomi più strani. Quello che offre l’azienda del Cavalier Mioli di Salvaterra, vicino a Reggio Emilia, è una serie di frutti antichi, che si sono salvati dall’estinzione o hanno trovato la loro collocazione in questa coltivazione. L’origine della parola mela non è chiarissima. Si tratta di un latino tardo del IV secolo d.C., ma proveniente dal greco attico (melum per il classico malum), poi entrato nel lessico medievale. Come dicono i botanici, si tratta del frutto del melo, il pomo; tuttavia non è un vero frutto, perché «la parte carnosa della mela deriva dallo sviluppo del ricettacolo e non dall’ovario, che è infero» (Dizionario Treccani). La sua forma è interessante: sferica con due depressioni in alto e in basso. Quello che varia è la colorazione della buccia, oltre alle dimensioni, e a volte la forma. Croccante o farinosa, è probabilmente il frutto più amato.
Boccaccio ne parla con ammirazione: polpa biancastra e zuccherina. È anche il frutto più diffuso, e forse uno dei più antichi. Le classificazioni seguono la forma: tonda, appuntita, piatta, oblunga. Da un decennio l’offerta delle mele dai fruttivendoli è aumentata; è comparsa l’annurca, insieme alle più tradizionali golden e renetta. La mela sarebbe il frutto che Eva porge ad Adamo, così la raffigurano alcuni pittori. Ci sono mele invernali, estive e autunnali.
Nonostante la concorrenza dei frutti tropicali, diventati di moda, la mela continua la sua strada. Il proverbio delle nonne conferma il valore antiossidante di questo frutto: una mela al giorno leva il medico di torno. Spiegare perché piace non è facile.
Forse perché si mangia a morsi – eppure si mangia così anche la pera -, forse per via della sua forma tonda, per il design naturale perfetto. Le due depressioni superiore e anteriore la rendono afferrabile: affordance, offrirsi all’uso, come nella formula di James J. Gibson, studioso americano di percezione. La mela si afferra con piacere, si regge bene in mano e si morde con facilità.
Anche la consistenza si adatta molto bene al palato umano, e a quello di altri mammiferi, come il cavallo e l’asino, che l’apprezzano. Quando si è bambini si tratta del frutto per eccellenza come testimoniano i disegni infantili. Per mangiarla non è neppure necessario pelarla o tagliarla a fette. Semplice ed efficace.