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 2018  dicembre 15 Sabato calendario

Boscaiolo muore sul lavoro il titolare si libera del corpo gettandolo in un dirupo

Quando è morto nel bosco, colpito da un cavo d’acciaio, lo hanno caricato in auto e portato a mezzo chilometro di distanza dal cantiere. Il corpo di Vitali Mardari, boscaiolo di 28 anni, è stato abbandonato vicino a un dirupo, “colpevole” di lavorare in nero, ingaggiato alla giornata, senza contratto e senza assicurazione. Era il 19 novembre scorso e il suo datore di lavoro – il titolare di un’impresa di lavori boschivi – dopo l’incidente chiamò una guardia forestale per dare l’allarme: «C’è un morto nel bosco – disse – ma io non lo conosco». Sperava di farla franca, ma i carabinieri dopo alcune settimane di indagini, sollecitati dalla sorella del povero operaio che non riusciva darsi pace, hanno scoperto la verità: era tutta una simulazione del datore di lavoro per evitare guai dopo l’infortunio che era costato la vita all’operaio che quel giorno era salito in montagna a lavorare per lui. Rabbiosa ieri la notizia della sorella della vittima, Ludmila Mardari, che dopo aver saputo della svolta nelle indagini ha commentato: «Non so come quell’uomo sia potuto tornare a casa dalla sua famiglia quella sera, nemmeno un cane si lascia così».
Il fatto è accaduto nei boschi al confine fra Trentino e Veneto, nel Comune di Sagron Mis, dove c’era da tagliare un lotto di piante e portarle a valle per consegnarle poi in segheria. Per questo un’impresa boschiva dell’Alto Agordino ( nel Bellunese) aveva cominciato a montare il cavo d’acciaio della teleferica. Della squadra faceva parte anche Mardari, che quel giorno si era presentato all’appuntamento alle 7 e 15 del mattino. Nel corso della giornata l’incidente: il cavo si era sfilato e aveva colpito violentemente al torace il giovane boscaiolo. Un cavo d’acciaio volante è uno dei pericoli che più fanno paura a chi lavora nel bosco. Un colpo violentissimo che – secondo le analisi del medico legale – avrebbe provocato subito la morte di Mardari. È stato a quel punto che il datore di lavoro, aiutato da alcuni altri dipendenti, avrebbe allontanato il corpo della vittima. Perché lui – in quel bosco – non doveva esserci.
Ma gli investigatori, giunti sul posto nelle ore successive, hanno subito capito che qualcosa non funzionava: i tronchi trovati sul corpo del moldavo ( portati lì apposta per simulare l’incidente) non erano compatibili con le ferite. Il berretto che aveva indossato quella mattina, inoltre, venne trovato a centinaia di metri di distanza. E accanto al berretto c’erano anche tracce di sangue. E infine la testimonianza disperata della sorella del boscaiolo, operaia moldava giunta in Italia per lavorare in fabbrica, che in queste settimane non riusciva a darsi pace: «Prima mi hanno detto che era stato colpito dal cavo, poi è venuto fuori che era stato colpito dai tronchi. Infine il datore di lavoro ha detto che non lo conosceva, ma come è possibile?», ha raccontato ieri disperata al Corriere delle Alpi.Vitali era suo fratello minore, viveva con la sorella ma si sarebbe dovuto sposare, avere dei figli e tutto – racconta ancora la donna – è finito quel giorno nel bosco in quel modo agghiacciante: «Nemmeno un animale si può abbandonare nel bosco in quel modo, nemmeno un animale». Ludmila Mardari non si dà pace: «Dovevano chiamare il 112 perché mio fratello, chissà, in quel momento poteva essere ancora vivo e invece ora è sotto un metro di terra».
Sull’episodio sta indagando la procura di Trento che ha denunciato il datore di lavoro, un bellunese quarantenne, per omicidio colposo, violazione della norme sulla sicurezza sul lavoro e frode processuale. Ma la procura dovrà anche capire quale è stato il ruolo degli altri operai (finora sentiti come testimoni) che hanno dato una mano al datore di lavoro nella messinscena. Anche loro potrebbero finire iscritti sul registro degli indagati nei prossimi giorni.