La Stampa, 14 dicembre 2018
L’umile erba medica può rendere attraente una rotonda stradale
Sarà forse un rimuginìo dovuto all’età, suonerà impopolare... Siamo proprio sicuri che la ricercatezza a tutti i costi, in questo caso quella giardiniera, sia sempre la strada migliore? E che possa meritare plausi accorati a prescindere dal risultato, per il suo solo ardire, alla stregua di ben altre avanguardie artistiche? Penso di no, perché ogni giardino è un piccolo mondo che vive di bisogni concreti e sul lungo periodo, ancor prima che di simboli. Luoghi dove i protagonismi creativi dell’inizio lasciano presto il posto ad un’oggettività senza scampo: il giardino non è una semplice performance, deve durare nel tempo e bene. In Inghilterra è stata da sempre benvenuta la sperimentazione: là dove ci sono risorse e conoscenza spesso si può osare!
L’esempio inglese
Basterebbe l’esempio delle rotonde stradali: laggiù sono un vero avamposto di giardinaggio evoluto e sostenibile, il più delle volte belle e quasi sempre affascinanti. Come quelle piantate alcuni anni fa dal bravo Nigel Dunnett in giro un po’ per tutto il Regno Unito, un inno alle flore spontanee dei luoghi, una successione di fioriture che si auto-gestiscono e richiedono pochissimi sforzi. Ma da noi ahimè la situazione è diversa, avremmo un gran bisogno di rotonde (e di giardini) facili, forti e possibilmente intelligenti. Invece purtroppo sono spazi di grande visibilità in cui si scatenano gli esempi più biechi e più tristi: le frustrazioni di sindaci, assessori, tecnici & C. Malessere che spesso produce mostri: rotonde con finti animali e pseudo rovine in salsa bric-à-brac, in un cocktail di alberi e arbusti tra i più vistosi ed impensati. Non sarebbe forse meglio (e anche più economico) optare per una rotonda semplicissima, pulita, uniforme, senza tanti estri?
Per esempio in Piemonte ne ho viste alcune (forse non volutamente) seminate e cresciute a erba medica: quanto a mio giudizio di più sobrio. In questi giorni d’autunno inoltrato sono ancora verdi e attraenti, forse un poco anonime ma a posto, decorose, oneste. Largo dunque alla comunissima erba medica, per esempio, quella da sempre coltivata per i fieni, chiamata così non per via delle sue supposte virtù medicamentose, ma perché si diceva proveniente dalla terra dei Medi, parte dell’antica Persia. Sembra che per lei tutte le inevitabili magagne di un’aiuola spartitraffico diventino quasi delle opportunità: il sole cocente, il terreno calcareo ed impoverito, l’acqua che di certo non abbonda. A dispetto della sua aria fragile e provvisoria, l’alfalfa (come viene anche chiamata, dall’arabo al-fasfasa, foraggio) è una perenne tra le più rustiche, con radici profonde che la supportano in caso di (moderate) siccità e combattono l’erosione del suolo. Usarla in una rotonda potrebbe essere un omaggio all’efficienza, una vetrina per una pianta umile ed eroica, ricchissima di storia e vera benefattrice di un’agricoltura saggia e antica.
Consigli per l’uso
Da buona leguminosa è capace di fissare grandi quantità di azoto, una volta sfalciata può essere lasciata lì ad arricchire il terreno e a renderlo via via più drenante. E’ vero, siamo abituati a pensarla come un intermezzo, ma nelle nostre rotonde può far mostra di sé per buona parte dell’anno e per più anni di seguito. Ben sapendo che si riproduce con enorme facilità, seminandola in primavera una volta ogni quattro o cinque anni. L’erba medica cresce alta anche un’ottantina di centimetri, esuberante, piena, e verso giugno comincia a fiorire, di un viola acceso ed elegante, api e farfalle solitamente fanno festa. Sarebbe una rotonda forse di quacchera semplicità, ma che si può ottenere con pochissima spesa e minima fatica. E che assolverebbe con il suo aspetto sobrio ad un giusto ruolo, essendo il meno distraente possibile per chi guida.
Per produrre foraggio l’erba medica andrebbe sfalciata prima della fioritura, ma dal punto di vista estetico sarebbe invece un peccato perdersi questo virtuoso spettacolo: meglio intervenire subito dopo, prima che vada a seme, in modo che la pianta ricresca veloce e con facilità. Quanto poi al vero punto debole, sul quale di certo si andrà a parare, bella sì ma d’inverno che capita?, l’erba medica qui al nord rimane dormiente per alcuni mesi. Sempre meno in verità, considerati gli effetti del cambiamento climatico. Non c’è da allarmarsi: il nudo terreno pulito, rastrellato e pacciamato a chilometro zero con l’erba medica stessa, è ben più gradevole e rispettabile di tante esibizioni stilistiche improvvisate e spesso e alla lunga veramente offensive.