il Giornale, 14 dicembre 2018
Al ristorante con l’audio-chef
«State per assaporare gli spaghetti al pesto? Potreste accompagnare il piatto con l’ascolto di un brano del cantautore ligure Ivano Fossati. Se invece vi trovate sul tavolo un risotto allo zafferano con osso buco, probabilmente il medesimo può far bene il paio con una canzone interpretata dalla milanese Ornella Vanoni. Dulcis in fundo una portata del Sud: una pasta alla «Norma» che si può gustare in compagnia della voce siciliana di Franco Battiato». Non boutade, ma analisi e parole di chi di tavola e note insieme ne capisce assai. Già, proprio così.
Signori e signore, apparecchiate la tavola: sta arrivando l’Audio-Chef. Anzi, ha già fatto capolino recentemente, in un albergo piemontese. Ma chi è costui? In un mondo in cui nascono nuove professioni a sfavore di altre che lentamente come un Titanic guadagnano l’abisso, nel ramo del food mancava una figura capace di stimolare la «fame» – a suon di musica – ai ricchi o aspiranti tali con capacità di spesa. Lui si chiama Paolo Scarpellini, milanese, ex di molte cose nel campo delle note e già conosciuto come Music-Designer (da non confondere col Sound Designer che è un musicista per jingle e colonne sonore, ndr) e Sound-Sommelier. «Come per gli abbinamenti con il vino, io studio tutti gli elementi che compongono un determinato piatto per trovare la musica adatta, che corrisponda il più possibile a quanto preparato dal cuoco, ai piatti che verranno messi in tavola». Così capita che il consulente musicale e lo chef si trovino insieme per preparare un pranzo o una cena al top, con tutti gli elementi – ovvero vino, piatti e musica – che si «sposano» alla perfezione. O quasi. Qualche altro esempio per capire meglio è d’obbligo: è stato sperimentato con successo al Turin Palace Hotel di Torino. Qui, il pool di specialisti formato dallo stesso Scarpellini, dallo chef Stefano Sforza e il sommelier Luca Gigliotti ha messo a punto un menù ad hoc (come nella foto). Si parte dall’aperitivo: sorseggiando un «Finger food» è bene ascoltare «Five Spot after Dark» del jazzista Curtis Fuller; primo piatto a base di «risotto», allora si può sterzare su «A Taste of Honey» di Herb Alpert, infine il secondo «La mia versione della Bouillabaisse» che si sposa bene con il brano «Max» di Paolo Conte. Là dove si può mangiare e ascoltare bene – ovvero al ristorante Les Petites Madeleines dell’albergo sabaudo dunque – quando si va al tavolo si trovano nella carta tutte le indicazioni del caso e la cuffietta pronta per essere indossata. A tutto questo c’è un prima, la storia di alcuni pionieri.
«Ad avere avuto le prime intuizioni – racconta Scarpellini – è stato lo chef di Ferran Adrà del Bulli che voleva mettere sopra a ogni tavolo un altoparlante. Anche lo chef inglese Heston Blumenthal nel suo Fat Duck ha proposto ai suoi ospiti abbinamenti musicali con auricolari ai tavoli». Di più. In Italia ci ha provato lo chef Nino Di Costanzo a Ischia, che or sono faceva ascoltare nel ristorante, sempre con le cuffiette, la canzone «Napule è» di Pino Daniele insieme a un fantasmagorico dessert con lo stesso nome. «Ora negli Usa l’abbinamento cibo-musica negli ultimi tempi si sta sviluppando parecchio, soprattutto a San Francisco, in locali come il Central Kitchen o il cocktail bar Maven. E, ca va san dire, Audio-Chef – anche se è un lavoro nuovo – non ci si improvvisa. Scarpellini, infatti, ha speso e spende la sua vita per la musica. Ogni volta che deve studiare la «sonorizzazione giusta» per il pranzo o una cena, oltre che alla sua cultura e sensibilità personali, deve attingere al suo archivio: «Avevo circa ventimila cd e altrettanti vinili – conclude – Adesso tutto questo è stato riversato su una serie di hard disk per un totale di cinque milioni di pezzi musicali».