Il Sole 24 Ore, 14 dicembre 2018
I cinesi vogliono comprarsi i porti di Venezia e Trieste
Circa 1.400 miliardi di dollari d’investimenti infrastrutturali e 80 paesi potenzialmente coinvolti. Sono questi i numeri della Belt & Road Initiative (Bri), cioè la strategia lanciata nel 2013 dalla Cina per la crescita commerciale, che crea una nuova Via della seta tra Far East ed Europa. Si tratta di un enorme progetto che valorizza, tra l’altro, rotte e porti mediterranei, compresi quelli italiani. Perché, prevede un tracciato ferroviario, che dovrebbe collegare la Cina con il Nord Europa correndo attraverso l’Asia centrale, i Balcani e la Russia, ma anche una via marittima che passa attraverso Suez ed e il Mediterraneo.
Non è un caso, quindi che i cinesi, oltre ad essere entrati negli scali del Northen range, abbiano avviato, come dimostra lo studio Alexbank-Srm (gruppo Intesa Sanpaolo) sul Canale di Suez, una decisa penetrazione nei terminal del Mare nostrum, a partire dallo scalo del Pireo, nel quale hanno messe piede nel 2011, ancor prima dell’avvio della Bri per arrivare, nel 2016, all’acquisizione, da parte di Cosco, del 51% della Port Authority del Pireo in Grecia per 368,5 milioni di euro. In precedenza (maggio 2015) c’era stato l’acquisto della concessione (per 25 anni) del porto di Haifa (Israele), da parte di Shanghai international port group, un’operazione da 858 milioni di euro. Inoltre la China harbour engineering sta realizzando, sempre in Israele, un terminal container ad Ashdod, altra operazione da oltre 850 milioni. Inoltre, la joint venture Euro-Asia Oceanogate (in cui figurano Cosco Pacific, China merchants holdings international e Cic capital corporation) ha acquisito, a settembre 2015, in Turchia, il 64,5% del Kumport terminal di Ambarli: un investimento da 790 milioni di euro. Cosco, peraltro, fa parte (con il 20%) della joint che gestisce il Suez canal container terminal. Sempre Cosco ha acquisito il 51% della spagnola Noatum ports holding (affare da 204 milioni di euro), tra gli asset della quale figurano i terminal container di Bilbao e Valencia. In Italia, la Cina sta mostrando interesse soprattutto per i porti dell’Alto Adriatico (Trieste e Venezia) e dell’Alto Tirreno, in particolare quello di Genova-Savona, con un occhio anche alla Spezia e Livorno.
L’unico scalo, però, dove al momento i cinesi sono azionisti di rilievo in un terminal è quello di Savona. Nel 2016, infatti, la Apm terminals Vado Ligure, che sta costruendo la nuova piattaforma container del porto ed era di proprietà esclusiva del gruppo Maersk, ha visto l’ingresso nella compagine azionaria della cinese Cosco shipping ports, per il 40%, e di Qingdao international development (Hong Kong), per il 9,9%; il restante 50,1% è rimasto in capo a Maersk.
«L’investimento complessivo della società sul terminal – spiega Paolo Cornetto, managing director di Apm Terminals Vado Ligure – è di circa 180 milioni di euro e ogni socio ha contribuito e contribuirà proporzionalmente alle percentuali di azioni detenute». Il rapporto con i soci cinesi, prosegue, «è costante: da parte loro c’è grande attenzione al mercato italiano e soprattutto europeo, visto che il futuro terminal container di Vado vuole essere la porta per le merci dei mercati non solo del Nord Italia ma anche di Svizzera e Germania. I colleghi cinesi, alcuni già presenti a Vado, ci stanno aiutando a far conoscere Vado Gateway (questo il nome del terminal, ndr) nei mercati asiatici. Ci aspettiamo che, nel momento in cui il terminal sarà avviato, e cioè a fine 2019, la presenza di questi soci ci agevoli nell’acquisire traffici». Sempre sul Tirreno, il porto di Livorno e il suo sviluppo hanno acceso l’interesse dei vertici della China Railway, che lo hanno visitato l’anno scorso. Mentre lo scalo di La Spezia offre quattro collegamenti navali a settimana con la Cina dal terminal container gestito da Contship Italia. La quale organizza priodicamente road-show in Asia per promuovere il terminal spezzino.
Sul versante adriatico, il presidente del porto di Venezia, Pino Musolino, è cauto sui vantaggi che la Cina può offrire con la Bri in campo infrastrutturale. Tuttavia si registra l’interesse dei cinesi di Cccc (China Communication Construction Company) per la realizzazione della banchina alti fondali. Un investimento che potrebbe arrivare a 1,3 miliardi di euro. Ma per ora ancora tutto da concretizzate. Realizzato, invece, l’accordo con Cosco per una nuova linea settimanale che collega Venezia al Pireo. E sempre con Cosco, a quanto risulta, Musolino avrebbe preso contatti per il riassetto dell’area industriale abbandonata ex Montesyndial. A Trieste, invece, la cinese Cmg (China Merchants Group) è interessata alla nuova piattaforma logistica in via di completamento. «È sbagliato – dice Zeno D’Agostino, alla guida dello scalo triestino – pensare che i cinesi debbano imporre per forza la loro visione nel momento in cui entrano in un porto. A Trieste siamo noi che vendiamo a loro la nostra visione del porto, col piano regolatore approvato e le opere che stiamo mettendo a punto». Vittorio Petrucco, uno dei soci (con il gruppo Parisi e Interporto Bologna) della piattaforma triestina spiega che per il terminal «c’è interesse sia da parte di un’azienda cinese, che di una di Dubai e di una europea. Mi auguro che una di queste manifestazioni d’interesse si possa concretizzare in un ingresso nella società. E i cinesi, in particolare sono capaci, hanno tecnologie e risorse economiche». Cmg inoltre ha avviato, con un investimento di circa 10 milioni, un centro di ricerca e sviluppo a Ravenna, che agisce nel campo dell’oil & gas e dell’ingegneria navale. Un’operazione che, in prospettiva, potrebbe avere ricadute anche sul porto ravennate.
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Raoul de Forcade