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 2018  dicembre 13 Giovedì calendario

Le regole del giovane Cechov per scrivere bene

Oscar Wilde diceva che chiunque può scrivere un romanzo in tre volumi, e aveva ragione; veramente difficile è, invece, scrivere un buon racconto breve. Ma in questo, per fortuna, ci aiuta Anton Cechov (1860-1904): i suoi racconti sono una palestra per scrittori, e già nel 1886, peraltro, egli era in grado di suggerire al fratello Aleksandr, aspirante letterato, le regole cui attenersi per scrivere un racconto efficace: «Rifuggire dalle lunghe tirate di natura politica, economica, sociale; attenersi a un’obiettività integrale; ricercare la veridicità nella descrizione dei personaggi e degli oggetti; ricercare una speciale concisione; avere coraggio e originalità, rifuggendo dagli stereotipi; immettere calore nella narrazione». Vediamo applicati questi princìpi già nelle prime prove narrative dell’autore, raccolte da Giuseppe Ghini, professore di Letteratura Russa a Urbino, in Anton Cechov, Il primo amore e altri racconti inediti, Edizioni Ares, 280 p., 15 euro. Il volume, al di là della rarità bibliografica che rappresenta, consente di apprezzare la maestria del giovane Anton, poco più che ventenne quando mise su carta queste storie. In alcuni casi, infatti, i racconti de Il primo amore sono noti, nelle loro linee generali, al lettore; ma pochi sanno che, all’apice della fama, nel 1899, lo scrittore firmò un contratto col grande editore Adol’f Marks, vendendogli i diritti di tutte le sue opere, e impegnandosi a fornirgli tutti i suoi racconti (circa 750), selezionandone 250 per la pubblicazione.

LA REVISIONE Ma, impegnato in questo lavoro, Cechov operò una drastica revisione delle opere giovanili, tagliando o aggiungendo scene, cambiando nomi e finali e, soprattutto, modificando completamente stile e tono: di fatto, in molti casi la seconda versione aveva in comune con la prima solo soggetto del racconto e titolo. La tradizione testuale, però, e soprattutto, ricorda Ghini nella Prefazione, i filologi russi che, fra 1974 e 1982, hanno approntato l’edizione critica delle opere dello scrittore, hanno consacrato questa seconda versione, declassando la prima a mera “variante preparatoria”. E così, soltanto ora, dopo oltre un secolo, possiamo apprezzare il giovane Cechov, o meglio, «il Cechov che non ti aspetti»: questi racconti presentano, infatti, una grande quantità di espressioni gergali – spesso in francese maccheronico – colloquiali, e di similitudini molto espressive tratte dalla vita quotidiana: per esempio, Il corredo inizia con il paragone fra la casetta delle protagoniste e «una piccola vecchietta gobba in cuffietta, che si sia seduta per un minuto solo sotto un arbusto e sia rimasta lì come pietrificata», il che che ci porta subito nel clima di chiusura e grottesca stasi in cui vivono i personaggi.

LE CANZONATURE Negli scritti giovanili non mancano nemmeno canzonature e volute sgrammaticature, neologismi, o tratti immediatamente umoristici, con il gusto dello sberleffo; almeno sette dei racconti riportati nel volume risultano bonificati, nell’edizione del 1899, da termini considerati offensivi: per esempio, un “satrapo” diventa un distinto “uomo di Stato”; oppure, in A proposito di fidanzati, scompaiono frasi come «accidenti a te; pallido come dopo una sbronza; tremava tutto come se avesse rubato le galline al vicino». In generale, nell’edizione Marks, spariscono decine di realia, dati minuti appartenenti alla vita quotidiana, che agganciavano i racconti agli usi del tempo, col rimando a leggi, tradizioni, figure tipiche. Nel volume curato da Ghini, poi, troviamo ancora quel gusto per l’aneddoto colorito che diventerà nel Cechov maturo passione per l’apologo, e per una morale universale, intrisa di malinconia. I racconti ci riportano al tempo in cui Cechov non sapeva se tradire, come scrisse in una lettera del 1888, “la legittima moglie” (ossia la medicina, in cui era laureato) con l’amante, cioè la letteratura: anche alla luce del precoce talento che queste storie rivelano, possiamo dire: benedetto tradimento!