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 2018  dicembre 13 Giovedì calendario

Intervista a Raffaella Carrà: «Le mie sfide con Mina a scopone scientifico»

“Una volta ho visto la Befana. In carne e ossa”. Cosa? “Attraversava la parete del salone di casa mia. A cavallo della scopa. Saranno state le quattro del mattino. Ero bambina, con mio fratello. Giuro che è volata via. Ahahah”. La risata di Raffaella Carrà è un’eccellenza italiana.
Mi prende in giro?
No! Ero perfettamente sveglia. È stato uno dei tipici misteri dell’infanzia. In famiglia aspettavamo con trepidazione la vecchina, per noi la vera festa era l’Epifania. Il Natale a Bologna era invece un giorno di scherzi per i bambini. Non ti piacevano le uova? E la mamma ti faceva trovare uova di marzapane nel tegamino, sotto l’albero. E ovviamente dolci. I regali arrivavano il 6 gennaio. Tante bambole, ma non ci giocavo. Preferivo muovere bottoni sul pavimento ascoltando musica classica. Inventavo balletti: volevo diventare una grande coreografa. E avevo un cavallo a dondolo bianco, di cartapesta. Il mio Pegaso.
Però ora lei non ha fatto un disco sull’Epifania.
Si intitola Ogni volta che è Natale, c’è un inedito di Daniele Magro, Chi l’ha detto, e nel video spunta una famiglia gay, perché io faccio gli auguri a tutti. Poi canto Lennon, ho azzardato Leonard Cohen con due giovani soprano, e i classici. Ma sono incavolata: c’è la mia versione di Feliz Navidad di Feliciano, ma la casa discografica mi ha imposto quella tradizionale con i pifferi dell’Ecuador. Non ha voluto la facessi in chiave reggaeton! Tutti hanno una canzone reggaeton, di questi tempi!.
Avrebbe potuto stregare i discografici. Lei è Maga Maghella…
L’avrei soppressa, Maga Maghella!
Ma come? Un’icona per i bambini…
Per me era un inferno cantare quella filastrocca. Non amavo vedermi così piccola, ridotta a una bamboletta. Mi piaceva solo il piedone di Corrado, su cui mi poggiavo. Ma Canzonissima era per tutti, grandi e piccini. Io mi identifico con Rumore, quella è la Carrà!
I balli sfrenati.
Sì, ma quando me li proponevano non ne azzeccavo uno. Bracardi mi propose A far l’amore comincia tu. Gli risposi: Franco, basta con queste “sambine”… E Com’è bello far l’amore da Trieste in giù? Chiedevo a Boncompagni: quelli di Bolzano non si deprimeranno? Lui: mi serviva ritmo. Quanto mi manca.
È vero che non voleva concedere i diritti di A far l’amore comincia tu per La Grande Bellezza?
Pensavo ai soliti 20 secondi in un film commerciale, non avevo capito si trattasse di Sorrentino. Quando ho visto la scena… Oggi dico a Paolo: un pezzettino dell’Oscar è mio e di Bob Sinclar. Ahahah.
Ha fatto sognare l’Italia per decenni senza spogliarsi mai, Raffaella.
Il Tuca Tuca. La Rai me lo censurò dopo una puntata, malgrado fosse in cima alle classifiche dei 45 giri. C’era Alberto Sordi che veniva da me e Gianni a giocare con il baracchino. Imitava se stesso, in incognito, e i radioamatori dicevano: “So’ mejo io a fa’ la voce de Sordi!”. Una sera a cena, e c’era pure la Zanicchi, lui mi fa: “Vengo da te a Canzonissima, ma solo se possiamo ballare quella cosa”. Non potevano dire di no a Sordi. Fu memorabile: mi sfiorava i seni con la punta delle dita. Gli sussurrai, dopo: “Albè, stavolta ce cacciano”.
Madonna ha omaggiato il Tuca Tuca nel tour 2012.
Vero! Ed era stata mia ospite anni prima a Carramba. Tra le star di oggi mi piacerebbe conoscere Lady Gaga. Non mi fraintenda: farei fatica a ballare e duettare in concerto. I calciatori si ritirano a 40 anni, io ne ho 75. Ma ancora oggi mi viene l’ansia da debuttante. Mentre registravo lo special di Natale con Carlo Conti avevo la tremarella.
Si è favoleggiato della rivalità con Mina a Milleluci.
Macché! Era colpa di Antonello Falqui, che se vedeva una lampadina fulminata in fondo allo studio ci faceva ripetere i numeri! Ore e ore così, e noi cantavamo tutto dal vivo. Mina alloggiava all’Hilton e la sera veniva da me a giocare a scopone scientifico. La mia governante le cucinava cavolo al forno. Poi andavo a trovarla a Lugano, lei mi preparava la colazione. C’era feeling. E io non sono buona sul lavoro. Se trovo un collega che non mi piace mi ritiro subito, ma con i grandi non si litiga.
Con Mastroianni cinema e teatro.
Eravamo sul set de I compagni di Monicelli. Dovevo schiaffeggiarlo, ma non volevo fargli male. Ripetemmo la scena cento volte finché Marcello sbottò: “A Raffae’, così me stacchi la barba! Damme ‘sta sberla e non se ne parli più”. Facemmo Ciao Rudy e alla vigilia di Natale, al Sistina, lui era incazzato perché la moglie non gli aveva preparato gli spaghetti col tonno. Sosteneva gli portassero fortuna. Così, quando sono a Roma il 24, mangio sempre quel piatto. In suo onore.
Si parla di un suo rientro in tv. Rai3, a primavera. Interviste ai Vip.
È prematuro parlarne.
Perché non si fanno più grandi show come una volta?
Volontà politica? O tempi diversi? Di certo, in questi anni ho lavorato con i giovani, e ce ne sono di talentuosi. Ma dove possono mostrare di saper cantare, ballare, affrontare scene brillanti? Forse nei teatri. La tv non valorizza più una soubrette, una che duri. Ai tempi d’oro il segreto era togliersi di mezzo, ogni tanto. Non inflazionare lo schermo. Non puoi rischiare che la gente, vedendoti tutti i giorni, pensi: ancora la Carrà? Devono desiderarti.