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 2018  dicembre 13 Giovedì calendario

Sky dice addio al ciclismo

La prossima sarà l’ultima stagione nel ciclismo di Sky, lo sponsor più munifico che sia mai apparso nel mondo della bicicletta. Dopo dieci anni la Tour Racing Limited dovrà tornare sul mercato e trovarsi nuovi capitali e nuovi padroni per restare in sella. Un anno (meno un giorno) dopo l’esplosione del caso Froome- salbutamolo, Sky ha così annunciato la sua lunga fine. Non c’è correlazione tra le due cose, ma forse sì.
Il grande fatto a monte è, scrivono i giornali britannici, accaduto a ottobre, con l’acquisizione di Sky da parte degli americani di Comcast. Se a partire dal 2009 era stato James Murdoch, figlio di Rupert e appassionatissimo di ciclismo, a rovesciare sul tavolo circa 40 milioni a stagione per «vincere il Tour entro cinque anni» ( ce ne misero tre), la marginalizzazione dello stesso rampollo nella nuova società ha creato i presupposti per una decisione che va oltre e che coinvolge quello che è oggi lo sport della bicicletta, il modello economico che lo sorregge, basato su concetti astratti come “visibilità” o “reputazione”.
Messa in crisi da voci, accuse e fatti poco chiari, Sky aveva già vacillato nei giorni caldi del presunto doping di Chris Froome, poi benedetto da un’assoluzione arrivata grazie al lavoro di super-avvocati che aveva lasciato più dubbi che certezze. Ora, con i corridori in ritiro a Maiorca e alcuni contratti anche milionari chiusi nelle ultime settimane da una proprietà che sapeva di avere i giorni contati, Froome twitta che «questa storia non finisce qua, nel 2020 cercheremo di restare uniti». Brailsford, il team principal baronetto, è tuttavia apparso scosso: la caccia a un nuovo sponsor durerà mesi, ma pareggiare l’offerta complessiva di Sky ( il suo budget è grande il doppio delle più vicine inseguitrici), ossia tenere insieme Froome, Thomas, Bernal, Kwiatkowski, Moscon sarà forse impossibile. Probabile, allora, che nel 2020 in qualche modo potrà realizzarsi il piano accarezzato dall’Uci e condotto con altri, finora fallimentari mezzi: il ridimensionamento del potentato britannico e soprattutto lo spargimento dei troppi fenomeni di casa Sky in più formazioni. Per riuscirci, il capo della federciclismo mondiale David Lappartient stava lavorando al conio di un tetto salariale che limitasse la concentrazione di troppi campioni sotto gli stessi colori. Ora non è più strettamente necessario. «L’uscita di Sky» racconta Gianni Savio, decano dei team manager italiani, «è un fatto improvviso ma comprensibile, il ciclismo deve svegliarsi, non è economico starci dentro, e se non c’è una irresistibile passione a portati avanti, ne esci». All’incirca per Sky è andata così. A luglio, dopo la morte del mecenate Andy Rihs, anche la potentissima Bmc s’era vista costretta a imbarcare un nuovo sponsor polacco, CCC, per sopravvivere, ma assai più in piccolo.
Un nome accostato a Sky era quello di Vincenzo Nibali, in scadenza con la Bahrain- Merida a fine 2019. Dopo anni a combattere contro l’invincibile armata, il siciliano avrebbe potuto chiudere la carriera in nerazzurro, ma difficilmente il matrimonio si farà. Il futuro più a breve termine di Nibali è comunque ambiziossimo. Nel ritiro croato di Hvar ha annunciato che nel suo programma 2019 ci saranno Giro e Tour, «ma il Giro sarà al primo posto per importanza». Sulla manica della nuova maglia è apparso il marchio McLaren, il team di F1 al 75% di proprietà della Bahrain Mumtalakat Holding.