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 2018  dicembre 13 Giovedì calendario

Amanda Lear mette il gilet giallo

La rivolta dei gilet gialli (Amanda Lear dice di essere «completamente d’accordo con loro») e ora anche un terribile attentato a Strasburgo. «Viviamo in un periodo abominevole – ammette l’attrice -. Credo che il ruolo di una persona come me sia far dimenticare agli altri i loro problemi: farli ridere». E così ovunque, nelle librerie di Parigi, si ritrova in bella vista Délires, il suo libro, appena uscito.
Un’autobiografia?
«Per carità. Che presuntuosa la gente dello spettacolo che scrive della sua vita: mica siamo Madre Teresa o Angela Merkel. Certo, ho voluto raccontare come una persona come me, che di suo non aveva tante doti (nonostante i miei successi - diciamolo - non sono una grande cantante), può fare una carriera così. Ma per il resto racconto solo storie e faccio battute».
Avrebbe potuto raccontarle pure in italiano?
«No, non ho una conoscenza sufficiente della lingua per fare i giochi di parole che mi permetto in francese. Proviamoci: dico sempre che il mio segreto di bellezza è mettermi accanto a una brutta. E riguardo alle polemiche sulla mia età, che non voglio rivelare, sono sicura che alla mia morte utilizzeranno il metodo del carbonio 14 come per i fossili. Sì, come la Sacra Sindone».
Nel libro, comunque, c’è anche tanta Italia…
«Con la Francia è il Paese che amo di più. Ma l’italiano, come diceva Jean Cocteau, è un francese di buonumore. L’Italia attraversa un periodo difficile e non lo vive come la Francia, dove si scende in piazza e si taglia la testa al re, basta vedere i gilet gialli. Agli italiani piace divertirsi, mangiare bene. Sulla crisi ci fanno sopra una canzone, guardano Barbara D’Urso illuminata alla tv come una Madonna. E la festa è finita. Soprattutto, gli italiani sono molto più generosi dei francesi».
Quando arrivò la prima volta in Italia?
«Negli Anni 70, era il periodo della disco music. Luciano, un impresario, mi propose una tournée tra le discoteche della Romagna. Prese una piccola orchestra e due ballerine e si partì. Ovunque facevo il pienone: io cantavo Tomorrow e gli altri miei successi. Venivo dalla Germania, dove mi esibivo solo in tv, fu un’esperienza nuova: si creò un’amicizia, viaggiavamo insieme, la sera a notte fonda si giocava a carte in pizzeria. Certo, le discoteche non erano sempre meravigliose. Mi ritrovai con il pubblico a un metro, spesso ubriaco, che mi lanciava battute. Così però imparai a stare su un palcoscenico».
Poi, sempre in Italia, arrivò «Stryx», nel 1978, programma irriverente sulla Rai…
«Con Grace Jones e Patty Pravo stavamo con le tette di fuori, come la D’Urso, giovanissima, che faceva la comparsa. Che nostalgia di quell’Italia Anni 70, così libera. Oggi non si potrebbe fare. In tutta l’Europa siamo in un regresso totale, non si può più fare nulla. Troppo scandaloso...».
Beh, Asia Argento è ancora trasgressiva.
«Assolutamente no. Perché è andata a letto con un minorenne, che fra l’altro aveva quasi 18 anni? Emmanuel Macron a 15 anni ha fatto l’amore con la sua professoressa di quindici più grande di lui. Altro che Asia Argento».
Una decina d’anni fa si reinventò qui in Francia una carriera da attrice con una serie di commedie in teatro che ebbero grande successo. Cosa ha significato per lei quest’esperienza?
«Da giovane ho frequentato David Bowie e Salvador Dalì, non mi sentivo mai all’altezza. Con il teatro ho conquistato la fiducia in me stessa. Ogni sera devi stare lì, anche se hai male ai denti o alla pancia, e non dimenticare la parte. Sono fiera di esserci riuscita».
Da un anno e mezzo, però, non sale più su un palcoscenico. È andata in pensione?
«Neanche per sogno: non volevo stancare. Ci ritorno l’anno prossimo qui a Parigi con una pièce che riprende la storia del film Lo scopone scientifico di Luigi Comencini. Farò il ruolo di Bette Davis, la miliardaria odiosa, sulla sedia a rotelle, che a carte fregava quei due poveracci interpretati da Alberto Sordi e Silvana Mangano».
E in Italia?
«In teatro mi propongono sempre tanti progetti, soprattutto musical, ma poi alla fine non ci sono i soldi. Invece da voi, sempre nel 2019, reciterò in un film d’autore. Non posso dire il nome del regista. È un giovane, forse il Bernardo Bertolucci di domani. So già che ci saranno pochi soldi e mi aspetto che le luci non saranno perfette. Ma lui ha tante idee. E per me è la cosa più importante».