La Stampa, 13 dicembre 2018
E Guido Accornero si compra le edizioni Clichy
Guido Accornero torna all’editoria, L’imprenditore che guidò la cordata per acquisire l’Einaudi dopo gli anni dell’amministrazione controllata e che sempre nello stesso periodo, era l’87, inventò con Angelo Pezzana il Salone del Libro - la prima edizione a Torino Esposizioni si celebrò nel maggio ’88 - adesso, ottantasettenne, ha acquistato una quota importante della Clichy di Firenze, marchio elegante e raffinato che versava in cattive acque. Ora, in tandem col direttore editoriale e partner imprenditoriale Tommaso Gurrieri, si dà il via al rilancio. «I quattro mesi della nuova gestione», ci dice, «stanno andando benissimo». L’obiettivo è di pubblicare una settantina di titoli l’anno.
Clichy è una casa editrice per amanti della lettura, e proprio sotto Natale offre qualcosa di inaudito, uno smisurato ma ragionato catalogo dal titolo forse ironico di Guida tascabile per maniaci dei libri dove, anche con l’auto dei librai di tutta Italia, si raccoglie un repertorio di titoli ritenuti fondamentali, tutto quello che bisognerebbe davvero leggere - e per cui non basta probabilmente una vita. Se ne parlerà a Torino in un nuovo spazio aperto dall’instancabile neo-editore nella cappella sconsacrata del collegio femminile Giovanna D’Arco (via Pomba 21), storica struttura gestita da religiose che ora Accornero ha rilevato con due soci. «Per Keynes, l’economista che tutti citano», spiega, «fare un libro era un dovere sociale» - e questa è a dire il vero è una citazione, fra tante, piuttosto rara. Allo stesso tempo, continua, «è una salutare follia, esattamente come lo fu il Salone».
Una follia fortunata, se si pensa che già allora nacque una polemica con Milano, perché il sindaco Pillitteri voleva portarlo immediatamente nella capitale lombarda. Ora è ufficiale la notizia, peraltro scontata, che Tempo di libri non si farà, almeno per il 2019. «Ma non mi tranquillizza. Non vorrei che adesso, qui a Torino, ci si adagiasse perché non sembra esserci più concorrenza. Il che non è vero, basti pensare a “Più libri più liberi”, la fiera romana della piccola e media editoria, che funziona benissimo». Non sarà troppo pessimista sulla Fiera del Lingotto? «La mia impressione è che qui non si prendano decisioni; aver liquidato la Fondazione è stato un errore anche sociale, oltre che la dimostrazione di poca capacità nell’adempiere ai propri obblighi. Se la situazione non è disperata, ci siamo comunque vicini».