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 2018  dicembre 13 Giovedì calendario

L’Olanda, paradiso fiscale che vale 4.500 miliardi

La rotta più breve per trasferire i ricchi utili delle multinazionali dall’Europa agli Stati Uniti passa obbligatoriamente per lo scalo di Amsterdam. Nel 2016 (ultimo dato disponibile) dall’Olanda sono transitati per pure ragioni fiscali 4.500 miliardi di euro.
Sono il frutto delle attività delle multinazionali di tutto il mondo nei singoli paesi europei dove solo una parte degli utili viene tassata. La gran parte dei flussi viene dirottata in Olanda dove molte multinazionali hanno sede fiscale, grazie a tutte le agevolazioni tributarie che il paese è in grado di offrire.
Per dare l’idea dell’imponenza della cifra che passa attraverso il cielo olandese, basti pensare che il Pil italiano sommato a quello francese sfiora 4.300 miliardi di euro. Per offirre un altro paragone, i 4.500 miliardi sono pari a 5,4 volte il Prodotto interno lordo dei Paesi Bassi.
A descrivere per la prima volta questo scenario è lo stesso governo olandese in un documento inviato il 6 novembre di quest’anno al Parlamento dell’Aja. Ma le sorprese non finiscono qui. Per la prima volta il governo olandese rende anche noto che nel paese ci sono circa 15mila società “bucalettere”, vale a dire cassette postali dietro le quali la maggior parte delle volte non esiste una vera e propria struttura organizzata né tantomeno unità produttive.
In sostanza, dividendi, royalties e diritti intellettuali – grazie ad un fisco amico dellle società e delle multinazionali – vengono “blindati” in Olanda invece che nei singoli paesi europei.
Il governo olandese stima che di questi 4.500 miliardi l’imponibile per il fisco dei Paesi Bassi è stato nel 2016 di soli 199 miliardi.
Il documento – che porta la firma del ministero delle Finanze dell’Aja – è stato paradossalmente preparato per «monitorare gli effetti dell’evasione fiscale e le misure di pianificazione che si avvicinano all’elusione fiscale» proprio nel paese che fa dell’aggressività tributaria una delle sue armi di attrazione di massa, come sottolineato a marzo 2018 dalla Commissione europea. L’Olanda è monitorata dalla Ue insieme ad altri sei paesi: Lussemburgo, Belgio, Irlanda, Cipro, Malta e Ungheria.
Non è dunque un caso se, camminando per i canali di Amsterdam, è facile imbattersi in palazzi sedi di multinazionali o in grosse insegne che richiamano i brand più famosi al mondo, dal tempo libero, a internet, ai generi di largo consumo.
Per esempio, a Prins Bernhardplein 200, circa quattro chilometri dal centro di Amsterdam, si staglia un palazzo moderno in vetro e cemento dove sono ospitate ben 2.812 società di tutto il mondo, Italia compresa. 
Anche fuori Amsterdam è un brulicare di grandi gruppi internazionali. A pochi passi dalla stazione di Leiden, quasi nascosta, c’è la sede centrale di Ikea, la multinazionale che fa della sua radice e dell’orgoglio svedese i suoi punti di forza. I soldi degli acquirenti di mobili in tutta Europa finiscono qui perché è proprio qui – e non in Svezia – che Ikea ha deciso di spostare la sede fiscale, cedendo al fascino del fisco amico dei Paesi Bassi. 
Un caso isolato? No. Basta fare ancora pochi chilometri e a Rotterdam – questa volta in un palazzo molto appariscente – c’è una delle due sedi centrali di Unilever, la multinazionale anglo-olandese che ha l’altro centro di gravità a Londra. 
Unilever avrebbe voluto fare di Rotterdam l’unico quartier generale ma ha fatto un passo indietro per le proteste degli azionisti inglesi e anche perché il governo olandese – dopo averlo promesso – ha ritirato il disegno di legge che avrebbe cancellato l’imposta sui dividendi.
Sul passo indietro di Unilever ha influito molto anche la reazione degli olandesi, che si sarebbero visti tagliati servizi essenziali come sanità, istruzione e sicurezza per circa due miliardi di euro.