il Giornale, 8 dicembre 2018
Di Maio prende rimborsi tripli
Spende per tre ma è sempre uno. In quattro mesi di governo, Luigi Di Maio si è fatto rimborsare dallo Stato le spese di viaggio e di pernottamento per i tre ruoli che ricopre e sovrappone: vicepremier, ministro dello Sviluppo Economico, ministro del Lavoro. Basta infatti consultare i siti ministeriali nella sezione «amministrazione trasparente» per accorgersi che Di Maio tende ormai alla trinità. I dati si riferiscono ai quattro mesi che finora sono stati rendicontati e che è dunque possibile visionare. Dal 1° giugno al 30 settembre, il ministro dello Sviluppo Economico ha presentato 9.879 euro di spese per «pasti, taxi e visti consolari». Sono stati mesi frenetici e i viaggi sono stati molteplici: da Il Cairo (1797.19 euro ad agosto) a Milano (564.57 euro a settembre) fino alla Cina (4161.07 euro a settembre). Chiunque si sarebbe fermato eccetto che lui. In qualità di ministro (anche) del Lavoro, Di Maio ha inoltrato ricevute per 365 euro a giugno, 986 euro a luglio, 119 euro ad agosto. Il totale è 1.470 euro. Ma a queste vanno aggiunte le spese da vicepresidente del Consiglio. Di Maio ha presentato solo una ricevuta e si riferisce al mese di settembre e ammonta a 9.221 euro. Anche in questo caso, come dice l’inarrivabile Totò, «è la somma che fa il totale» e il totale è di 20.570 euro e non ha eguali con gli altri componenti del governo.
Di Maio ha speso più del ministro dell’Economia, Giovanni Tria (19.326 euro) che ha però dovuto farsi ricevere da cancellerie, Fondo monetario internazionale, Commissione europea per convincere sulla stabilità del paese, ha sostenuto 3 voli intercontinentali e ben 6 in Europa. Ma il capo politico del M5s ha speso anche più di Enzo Moavero Milanesi (4.702 euro) che per statuto ha il nomadismo come missione essendo ministro degli Esteri. E però, il confronto più diretto sarebbe da fare con l’altro vicepremier, Matteo Salvini. Ebbene, sarà pure che Salvini sta più in campagna elettorale che al Viminale, ma è altrettanto certo che si guarda bene dal farsi rimborsare. Da vicepremier non ha sostenuto spese, mentre da ministro dell’Interno ha rendicontato solo 1.274 euro.
Tra i ministeri più rilevanti va annoverato quello di Alfonso Bonafede. Da ministro della Giustizia ha finora presentato note per 3.700 euro. È riuscito a spendere meno del suo collega di movimento, Mattia Fantinati, sottosegretario alla Funzione pubblica, già noto per i 46mila euro di vitto e alloggio della scorsa legislatura. In pochi mesi è già a 4.625 euro e supera il ministro della Democrazia Diretta, Riccardo Fraccaro (1.725 euro), la ministra per il Sud, Barbara Lezzi (1.442 euro), il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, che da giugno a luglio ha speso 932.35 euro.
Ed è un rammarico conoscere solamente le spese di giugno del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, un protagonista indiscusso del teatro comico, un virtuoso della gaffe. A giugno ha speso 224 euro. Vale la pena attendere i prossimi mesi.
Non hanno ancora presentato le loro spese il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, il ministro della Salute, Giulia Grillo, il sottosegretario e garante per l’infanzia Vincenzo Spadafora, ma a mancare sono soprattutto le spese del colonnello del M5s Vito Crimi che ha come compito la rieducazione della stampa. Vuole tagliare i fondi ai quotidiani, vuole sbianchettare le notizie e impaginare i dispacci sudamericani di Alessandro Di Battista, lamenta la scarsa obiettività e trasparenza dei giornalisti, ma finora si è guardato bene dal caricare gli scontrini. Trasparenti sono invece stati i ministri leghisti. Lorenzo Fontana, ministro della Famiglia, ha speso da agosto a ottobre 1.142 euro mentre il ministro delle Politiche Agricole, Gianmarco Centinaio, 3.569 euro. Paolo Savona, ministro per gli Affari Europei, che teorizza l’uscita dall’euro ma che ha paura della procedura d’infrazione, ha contabilizzato in questi mesi, e in «euro», 8.157.
A riprova che nessuno è avverso al M5s per partito preso e che se ne può anche riconoscere lo zelo, vale la pena evidenziare che uno dei ministri più puntuali è stato Sergio Costa all’Ambiente. Non ha pesato sulle casse dello Stato e sul suo sito tiene una vera e propria agenda in cui registra gli incontri, l’ora, perfino la modalità di richiesta. Una vera sorpresa si rivela il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti che in una lunga intervista sul Corriere della Sera ha dichiarato che alla scuola non servono fondi aggiuntivi: «Come diceva mia nonna: ci si scalda con la legna che si ha». Risiede a Gallarate a 41 km da Milano e da quando è ministro è proprio Milano la meta dei suoi viaggi. Nel «prospetto viaggi di servizio» di giugno vengono elencati 9 viaggi, sempre a Milano, per una spesa di 2.696 euro. A luglio 2.667 euro, ad agosto 4.747 euro, a settembre 4.550 euro. Attenzione, è vero che Marco Bussetti non è parlamentare e che quindi non usufruisce dei benefit dei deputati che possono viaggiare gratuitamente, ma è anche vero che da ministro percepisce 124mila euro per l’incarico di governo e che gli permettono ampiamente di provvedere al buono pasto che, per inciso, gli insegnanti non hanno.
Sia dato quindi merito a due esponenti di governo (leghisti) che in quattro mesi si sono bastati e fatti bastare le indennità. Si tratta del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che da giugno a ottobre ha speso solo 91 euro, e del ministro della Funzione Pubblica, Giulia Bongiorno. Risulta essere la «formica» di questo governo con «solo» 24 euro di spese di ottobre; spese che è giusto dire non sono un crimine ma una prerogativa della politica prima che questa, per opera del M5s, si mutasse in una foresta di scontrini, prima di una campagna violentissima e tossica contro indennità di cariche, vitalizi, diarie. Come si vede, quando erano all’opposizione volevano moralizzare la vecchia politica. Adesso che sono al governo hanno iniziato lo scialo di Stato.