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 2018  dicembre 08 Sabato calendario

Dall’altra parte dell’Adriatico, dove il gasdotto Tap è già realtà

Dal confine con la Grecia fino alle onde dell’Adriatico, seguo chilometro per chilometro tutto il percorso in Albania del metanodotto Tap, un viaggio nello spazio ma anche nel tempo, ieri e oggi. 
Bilisht, al confine greco 
Ieri, 78 anni fa. Era l’inizio di dicembre 1940; sotto un’acqua che cadeva al rovescio i ragazzi della divisione Parma si infangavano fin sopra al ginocchio a Bilisht, sul confine tra l’Albania e la Grecia. I greci sparavano a mortaio addosso agli italiani. 
Oggi, inizio dicembre 2018. Nello stesso luogo, a Bilisht, passa il metanodotto Tap che unisce i greci con gli albanesi e gli albanesi con gli italiani. Quelli che si massacravano 78 anni fa nella pioggia lercia e gelata nella guerra perdente pretesa da Mussolini contro la Grecia (cui “spezzare le reni” e che invece fu una strage oscena) non avrebbero mai potuto pensare come sarebbe cambiato il mondo, non avrebbero mai immaginato che una tubatura fra le montagne del Pindo avrebbe unito popoli in pace.
Ecco l’altro lato del Tap, dall’altra parte dell’Adriatico, il lato B(alcanico) seguendo il percorso del metano nei 215 chilometri dal confine tra Grecia e Albania fino alle onde amarissime dell’Adriatico dove il metanodotto è quasi finito e dove non ci sono comitati nimby né movimenti no-tap.
Il Tap, sigla di Trans Adriatic Pipeline, è un metanodotto del Corridoio Sud in costruzione per collegare con i consumatori europei i giacimenti in Azerbaigian. L’intera opera chiede un investimento di 40 miliardi. Il tratto balcanico è quasi tutto costruito, quello italiano è in corso ma si scontra con i comitati nimby. Il caso più recente è il sequestro del cantiere di Melendugno (Lecce) imposto a fine ottobre dal sindaco “no-tap” Marco Potì: ieri il Tar Lazio ha stabilito che il cantiere può riaprire perché è scaduta l’ordinanza del sindaco. 
Attraversata Grecia e Albania, il tubo si immergerà nell’Adriatico, profondità massima 810 metri, e dopo 105 chilometri di percorso sottomarino passerà (senza uscire in superficie) sotto gli ombrelloni degli stabilimenti balneari Enso e Mamanera, contrada San Basilio, frazione San Foca, comune Melendugno, provincia di Lecce, Puglia. A un chilometro alle spalle della spiaggia, la conduttura uscirà dalla profondità della roccia e, sotterrata fra gli olivi, arriverà all’impianto di ricezione Masseria del Capitano, dove oggi si distendono un cardeto irtissimo e un seminativo abbandonato. Un’altra società, la Snam, dovrà posare 56 chilometri di tubazione attraverso il Salento per arrivare fino località Gonella, Brindisi, per allacciarsi al gasdotto della dorsale nazionale. La lunghezza totale dal confine turco fino a Brindisi sarà 934 chilometri.
I soci del Tap sono l’inglese Bp (20%), la compagnia petrolifera di Stato dell’Azerbaigian Socar (20%), l’italiana Snam (20%), la belga Fluxys (19%), la spagnola Enagás (16%) e la svizzera Axpo (5%). Costo del tratto Tap: 4,5 miliardi. 
Tra due anni il metano correrà a correre dal mar Caspio verso l’Europa.
Corizza, l’orso dispettoso 
L’altr’anno i tecnici con l’elmetto giallo e con il treppiede del teodolite prendevano le misure per disegnare tra vallate e monti albanesi il tracciato del gasdotto. A distanze regolari di qualche decina di metri, piantavano paletti di legno: qui, un paletto qui e poi uno qui. La mattina dopo tornavano sul monte, scendevano dal fuoristrada con il teodolite per continuare a dipingere il percorso fra i monti e – stupore – nella notte qualcuno aveva sfilato dal terreno e disperso tutti i paletti che erano stati infissi il giorno prima. Dopo qualche giorno di fare-e-disfare-è-tutto-un-lavorare, fu nascosta con cura fra gli alberi una telecamera con visore notturno. Ecco i vandali misteriosi: di notte alcuni orsi ribelli strappavano i paletti con le zampone unghiate. Plantigradi no-Tap.
Passo Martas, il sottotenente 
Al passo Martas, 1.900 metri di quota, si arriva dopo chilometri di salita in un carsaccio ispido e incoltivabile su cui ondeggia il tracciato del metanodotto Tap. Dice il pastore: in genere qui in novembre è tutto coperto di neve. Per fortuna è asciutto e c’è sole, perché quando piove o nevica l’argilla verde e la terra rossa diventano un cemento denso e profondo che ingloba i cingoli delle ruspe, le zampe dei muli, gli scarponi, le ruote dei fuoristrada.Era il 24 novembre 1940 quando su questo dosso a 1.900 metri di quota spinto dall’avanzata dei greci rimase a proteggere la ritirata delle compagnie della Guardia di Finanza una pattuglia comandata dal sottotenente Marzano con tre finanzieri e una mitragliatrice, e tennero testa ai greci finché ebbero pallottole da sparare, poi con le bombe a mano, poi con la baionetta. Il sottotenente Marzano lasciò la Guardia di Finanza nel 1978 con il grado di generale. I tratti di tubo sono allineati, pronti per essere calati nella trincea, saldati fra loro e ricoperti di terra su cui ricrescerà l’erba fitta dell’alta quota. Sole e vento gelato.
Fieri, nell’Amarissimo 
Tra la città di Fieri e la spiaggia sull’Adriatico, l’Amarissimo, la Tap Albania sta costruendo l’Albanian Compression Station numero 03. L’impianto aspirerà dalla tubazione il metano che arriverà da Oriente e lo comprimerà sotto l’Adriatico verso l’Italia. 
L’ingegnere pesarese Massimo Gallipoli descrive le linee di compressione, «quelli vicino ai cluster di raffreddamento sono 3 linee da 16 megawatt e comprimono verso l’Italia il metano alla pressione di 150 atmosfere». Mi faccia capire, Gallipoli. «Significa che quando sarà in funzione, in un metro di tubazione saranno compressi 100 metri cubi di gas e passeranno 1,37 milioni di metri cubi l’ora, che raddoppieranno con il potenziamento successivo». 
Una scavatrice sulla spiaggia prepara la massicciata di pietre da cui il tubo del Tap scivolerà nell’acqua dell’Adriatico, e comparirà in Puglia. L’ingegner Mauro Laverghetta, abruzzese di Vasto, coordina le squadre di tecnici. Di fronte, laggiù, dove il sole illumina il tramonto, nascosto dietro la curvatura della Terra c’è Melendugno e il Salento. Il gasdotto dall’Azerbaigian è stato posato fino a qui.
Sotto la tavola lucida di acqua illuminata dal tramonto, a 30 metri di profondità incrostato di attinie dorme il relitto del piroscafo Firenze silurato nel dicembre 1940, e gli alpini del battaglione Borgo San Dalmazzo e del Dronero e del Saluzzo divisione Cuneense imbarcati sul Firenze non sapevano nuotare, sarebbero dovuti arrivare in Albania per combattere nella strage inutile imposta dalla vanità del duce. Non riemersero mai.