La Stampa, 8 dicembre 2018
Il veto sull’astronauta italiano perché addestrato dai russi
Walter Villadei non è una celebrità come Samantha Cristoforetti, Paolo Nespoli e Luca Parmitano, ma il suo nome si è trasformato in un meteorite che graffia i cieli degli astronauti. In altre parole, ha suscitato un caso diplomatico. Imbarazzante, perché l’Italia sta terremotando gli equilibri del Grande Gioco dello spazio, dove le regole sono cristalline e i suoi potenti protagonisti, dall’Europa agli Usa e alla Russia, tendono a scongiurare le polemiche che sulla Terra, invece, sono un’abitudine.
L’astronauta della discordia è, tecnicamente, un cosmonauta italiano e di fatto assume uno status diverso a seconda dell’istituzione che lo passa sotto i propri riflettori. Qui sta il problema. Invisibile per l’Esa, l’agenzia spaziale europea, visibilissimo per l’Aeronautica militare italiana, e ibrido per l’Asi, l’Agenzia spaziale italiana, Villadei è pronto per volare nello spazio, dopo sei anni di training nella Star City di Mosca. Ma non ha messo piede nella base di Colonia, in Germania, e la sola «patente» made in Russia, rilasciata dell’agenzia Roscosmos, non è sufficiente. Ecco perché la notizia che il governo italiano lo voglia comunque inviare sulla Stazione Spaziale Internazionale, sfidando con stile arrembante il codice, giuridico e operativo, che riserva agli europei addestrati dall’Esa il diritto di galleggiare in microgravità nel gigante in orbita a 400 chilometri d’altezza, provoca malumori e allarmi.
All’Esa è impossibile strappare dichiarazioni e dall’Asi, sotto choc per il siluramento del presidente Roberto Battiston, non trapela nulla. «No comment» e indicano come interlocutore l’«uomo forte» delle politiche che riguardano razzi, satelliti e astronavi: è il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, alla guida del neonato Comitato interministeriale per lo spazio. L’idea di scegliere Villadei come futuro «testimonial» di una missione tricolore - si ripete - è sua. E lui, smorzando i toni, conferma: «Sì, potrebbe essere il prossimo astronauta. La possibilità è stata esplorata durante la visita del premier Conte in Russia, valutando l’opzione insieme con altre».
Giorgetti oppone il proprio stupore alle indiscrezioni sul fatto che Esa e Nasa non gradiscano l’idea di una missione al di fuori degli standard. «Mi descrivono come sovranista e amico dei russi, eppure sono lontano da tutto questo in modo siderale». Evocando le stelle, comunque, lassù sono previste solo due possibilità. L’Asi può inviare gli astronauti italiani sulla Stazione in base a un accordo con la Nasa, che paga a Mosca il biglietto sulla Sojuz. Oppure, come avverrà a luglio con Parmitano, si affida all’Esa, che regola i conti con Mosca. Ma Villadei non è un astronauta del corpo Esa e perciò l’Italia dovrebbe staccare l’assegno multimilionario, tra 75 e 80 milioni di dollari, alla Roscosmos. Esborso spropositato e che bypassa le transazioni di Esa e Nasa, suscitando i sospetti di una diplomazia parallela con un sorvegliato speciale come Vladimir Putin.
«L’opportunità con i russi è tutta da vedere», replica Giorgetti. E di fronte al maxi-biglietto ribatte: «Può essere subordinato a negoziazioni di tipo industriale. Ora ho in calendario un incontro con il direttore dell’Esa, Woerner». Si parlerà inevitabilmente di Villadei. «Abbiamo solo tre astronauti operativi, mentre ce ne spetterebbero quattro. Faremo in modo concertato. Non vogliamo conflitti».
Villadei, intanto, è tornato dagli Usa: «Ho partecipato con un team dell’Aeronautica a un corso di preparazione per il volo sullo SpaceShip2 di Virgin Galactic». E alle polemiche reagisce con il sangue freddo dell’astronauta-cosmonauta: «Ci sono già state situazioni che hanno richiesto flessibilità e che l’Esa ha saputo gestire. D’altra parte il settore si sta trasformando: pensiamo alla dottrina Usa dei voli commerciali o all’intenzione della Nasa di affidare ai privati segmenti della Stazione».